da: Lettera 43
Il
ritorno della Gialappa's Band
Ai
ferri corti con Mediaset, da tempo lontani dalla tivù, due di loro fanno radio.
Ma a marzo il trio (salvo imprevisti) si prepara al rientro su La7 con Geppi
Cucciari.
di Michele
Anselmi
Aria di mobilitazione attorno alla
Gialappa’s Band. Pare impossibile che il formidabile trio specializzato in
sfottò & affini non trovi un’adeguata collocazione sul piccolo schermo.
Sarebbe stata La7 guidata da Paolo Ruffini la prima a farsi sotto. A Lettera43.it
risulta che Geppi Cucciari e i tre gialappi, ovvero Carlo Taranto, Marco Santin
e Giorgio Gherarducci, stiano lavorando a un programma di seconda serata che
dovrebbe debuttare a marzo.
«L’obbiettivo è di costruire un format su misura per Geppi. Ancora non c’è il titolo, ma con la Gialappa’s Band il discorso è aperto» confermano a La7, ricordando che il programma preserale pilotato da Cucciari, G Day, era comunque destinato a concludersi questo dicembre, non solo a causa dei bassi ascolti.
«L’obbiettivo è di costruire un format su misura per Geppi. Ancora non c’è il titolo, ma con la Gialappa’s Band il discorso è aperto» confermano a La7, ricordando che il programma preserale pilotato da Cucciari, G Day, era comunque destinato a concludersi questo dicembre, non solo a causa dei bassi ascolti.
SANTIN: «CON GEPPI NULLA DI SICURO». Frena,
però, Marco Santin, uno del trio. Con Gherarducci e Flavia Cercato - ma senza
Taranto - conduce ogni giorno sull’emittente R101, dalle 13 alle 15, la
trasmissione radiofonica Stile libero. «Non ho il problema di come passare il
tempo. Lavoro e mi diverto a fare la radio», ammette. Quanto alla tivù? «Non ne
sappiamo molto. Più volte abbiamo parlato con Geppi Cucciari, la conosciamo
bene e ci piace. Ma non c’è nulla di sicuro, a meno che Ruffini non ci chiami
oggi. Con la Rai, invece, ci sono trattative aperte per una
roba che potrebbe accadere da gennaio in poi. Non dico la rete, escludo solo RaiUno». Resta Mediaset. «Siamo sotto contratto fino a luglio. Li abbiamo visti venti giorni fa, ma in Italia ai primi di dicembre si blocca sempre tutto. Le saprò dire a gennaio. Del resto Mediaset non sta producendo nulla».
roba che potrebbe accadere da gennaio in poi. Non dico la rete, escludo solo RaiUno». Resta Mediaset. «Siamo sotto contratto fino a luglio. Li abbiamo visti venti giorni fa, ma in Italia ai primi di dicembre si blocca sempre tutto. Le saprò dire a gennaio. Del resto Mediaset non sta producendo nulla».
La
difesa di Aldo Grasso al trio
Il 5 ottobre fece discutere, nell’ambiente
televisivo, un corsivo di Aldo Grasso sul Corriere della Sera. «Dov’è finita la
Gialappa’s Band? Mi chiedo se a Mediaset ci sia qualcuno che provi rammarico
per la sua sparizione. Forse rammarico non è la parola giusta, servirebbe un termine
più tecnico perché qui stiamo parlando di impresa, di linee editoriali, di
scelte strategiche, di soldi». E ancora: «Ci sarà pure un dirigente che un
giorno ha detto: basta con i gialappi! È vero che i tre ragazzi non godono, dal
punto di vista caratteriale, di buona fama, ma non credo che una grande azienda
possa lasciarsi condizionare da psicologie spicciole».
UN TRAMPOLINO MIGLIORE DI ZELIG. Il cardine del ragionamento era semplice: Zelig, per quanto riveduto e corretto alla luce delle defezioni di Claudio Bisio e Paola Cortellesi, non sarà mai un laboratorio di personaggi e di comici all’altezza di Mai dire gol, che rimane un esperimento unico, forse insuperabile. In fondo Teo Teocoli, Gene Gnocchi, Daniele Luttazzi, Antonio Albanese, Aldo, Giovanni e Giacomo, Fabio De Luigi, anche Maurizio Crozza vengono in buona misura da lì. Insomma l’italiano Mai dire gol come il Saturday’s night live americano.
LA SAGA DEI MAI DIRE... D’accordo, nelle settimane scorse su Italia 2, al martedì, è andata in onda un’antologia della Gialappa, intitolata Mai dire Gallery; un “meglio di” per riempire il palinsesto digitale più che l’antipasto di un rilancio convinto. Cioè aziendale, produttivo, artistico. Si dirà che i tre, conosciutisi a Radio popolare nel lontano 1985, hanno firmato programmi in quantità, con innumerevoli filiazioni, tutte o quasi legate a quel Mai dire… (dal film di James Bond Mai dire mai con Sean Connery, 1984) in seguito diventato la matrice del titolo di ogni programma della Gialappa, nonché un trademark di Mediaset.
UN TRAMPOLINO MIGLIORE DI ZELIG. Il cardine del ragionamento era semplice: Zelig, per quanto riveduto e corretto alla luce delle defezioni di Claudio Bisio e Paola Cortellesi, non sarà mai un laboratorio di personaggi e di comici all’altezza di Mai dire gol, che rimane un esperimento unico, forse insuperabile. In fondo Teo Teocoli, Gene Gnocchi, Daniele Luttazzi, Antonio Albanese, Aldo, Giovanni e Giacomo, Fabio De Luigi, anche Maurizio Crozza vengono in buona misura da lì. Insomma l’italiano Mai dire gol come il Saturday’s night live americano.
LA SAGA DEI MAI DIRE... D’accordo, nelle settimane scorse su Italia 2, al martedì, è andata in onda un’antologia della Gialappa, intitolata Mai dire Gallery; un “meglio di” per riempire il palinsesto digitale più che l’antipasto di un rilancio convinto. Cioè aziendale, produttivo, artistico. Si dirà che i tre, conosciutisi a Radio popolare nel lontano 1985, hanno firmato programmi in quantità, con innumerevoli filiazioni, tutte o quasi legate a quel Mai dire… (dal film di James Bond Mai dire mai con Sean Connery, 1984) in seguito diventato la matrice del titolo di ogni programma della Gialappa, nonché un trademark di Mediaset.
Con
Mediaset un sodalizio finito con Mai dire Grande Fratello
Magari non tutti sanno, invece, che il nome
del gruppo deriva dalla gialappa (Ipomoea purga), una pianta floreale messicana
dal cui tubero si estrae un fortissimo lassativo per i cavalli. In occasione
del Mondiale di calcio messicano del 1986, il primo che il trio commentò alla
radio, erano infatti frequenti i casi di calciatori colpiti da problemi
intestinali a causa delle cattive condizioni ambientali.
Di fatto, archiviata l’edizione 2012 di Mai
dire Grande Fratello, i tre burloni, specializzati nel commentare con
graffianti voci fuori campo le castronerie dei concorrenti, sono stati
praticamente espulsi dalle reti del Biscione. Troppo costosi per lavorare su
Italia 1, difficilmente collocabili su Canale 5 dopo la fine del reality, ormai
spompato e privo di personaggi da grandi ascolti.
NIENTE PIÙ SFOTTÒ CALCISTICI. La difesa di
Grasso ha rimesso in moto le cose. Ospiti di Carlo Paris in una puntata di 5
minuti di recupero, su RaiUno, i tre non hanno escluso la possibilità di uno
sbarco alla Rai con uno show tutto loro, pur ribadendo che un format come Mai
dire gol (peraltro posseduto da Mediaset), «sarebbe improponibile al giorno
d’oggi». D’altra parte anche il calcio un po' è cambiato, gli allenatori
parlano in modo più forbito di un tempo. Sarebbe difficile, adesso, sfottere un
Pippo Marchioro perché dice «isola fenice» invece di felice, oppure un Osvaldo
Bagnoli che non sa decidersi tra «prestazione alternante e altalenante».
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