giovedì 20 dicembre 2012

Marco Travaglio: "La Costituzione, che ridere"


sottoscrivo quanto scritto da Marco Travaglio e anche questa "prassi" Napolitano-Monti rientrerà tra i miei ricordi al momento di decidere se votare e per chi. 


da: Il Fatto Quotidiano 

La Costituzione, che ridere
di Marco Travaglio

Bei tempi quando i governi cadevano in Parlamento, con un voto di sfiducia chiaro e limpido, così ciascun parlamentare ci metteva la faccia e i cittadini sapevano chi aveva votato come. Bei tempi quando chi voleva fare il presidente del Consiglio lo diceva apertamente, metteva insieme una coalizione di partiti che lo volevano al governo, e andava a cercarsi i voti (in Italia, non a Bruxelles) per verificare se i cittadini preferivano lui o magari un altro. Bei tempi insomma quando c’era ancora la Costituzione e l’Italia era una Repubblica parlamentare. Oggi, come scrive Marcello Pera su Libero (a questo siamo: a dar ragione a Pera), “la Costituzione è diventata un canovaccio per spettacoli comici”. Spettacoli eccellenti, come quello di Benigni.
Dove però la battuta più riuscita non era una delle solite su Berlusconi, ma un’altra: “Quando la Costituzione entrerà in vigore, sarà bellissimo”. Sarebbe bastato insistere sul punto e ci sarebbe stato da scompisciarsi. Se uno legge ciò che scrivono i costituenti sui poteri del capo dello Stato, del presidente del Consiglio e del Parlamento, e lo confronta con quel che fanno Napolitano e Monti, deve concludere che delle due l’una: o sbagliano Napolitano e Monti, o sbaglia la Costituzione. 

È vero che già un anno fa B. se ne andò senza che il Parlamento l’avesse sfiduciato (il rendiconto dello Stato, pochi giorni prima, era passato solo grazie all’astensione delle opposizioni: la sua maggioranza alla Camera s’era ridotta a 308 deputati su un quorum di 316) e che anche nel ’94 si era dimesso un attimo prima che le Camere votassero le mozioni di sfiducia di Lega, Ppi e Sinistra. Ma, in entrambi i casi, c’era almeno la prova provata che i suoi governi non avevano più la maggioranza. Invece, che Monti non abbia più la maggioranza, è tutto da vedere. Non solo il Parlamento non l’ha mai sfiduciato, ma gli ha votato la fiducia per ben 50 volte in un anno con una maggioranza bulgara, mai vista nella storia repubblicana. E allora perché andremo a votare col cappotto, negli stessi giorni (metà febbraio) in cui lo scorso anno l’Italia sprofondava nella neve? Perché un tizio, tal Angelino Alfano, sedicente leader Pdl, il 7 dicembre ha detto alla Camera: “Consideriamo conclusa l’esperienza di questo governo”, garantendo il Sì solo alla legge di Stabilità. L’indomani Monti è salito al Colle e, senz’avvertire il Parlamento né i suoi ministri, ha comunicato che secondo lui quello di Alfano è un atto di sfiducia, dunque si dimetterà un minuto dopo l’approvazione della legge di Stabilità. Il presidente di una Repubblica parlamentare gli avrebbe risposto: “Bene, torna qui quando le Camere ti avranno sfiduciato”. O almeno: “Queste cose vai a dirle alle Camere, vedi mai che il Pdl cambi idea” (anche perché nel frattempo il padrone di Alfano ha fatto sapere che stima molto Monti, tant’è che lo vorrebbe premier del centrodestra anche nella prossima legislatura). Invece Napolitano ha preso per buona la personalissima interpretazione del premier e ha avviato consultazioni informali (ma solo fra i leader della maggioranza) per fissare le elezioni anticipate prim’ancora che venga approvata la legge di Stabilità e il governo si sia dimesso. Intanto il governo, che doveva limitarsi alla legge di Stabilità, vara in fretta e furia un decreto per dimezzare le firme necessarie alle nuove liste per presentarsi alle elezioni, compresa quella che forse, chissà, magari, lui ci sta riflettendo, Monti presenterà alle elezioni: un decreto (anche)ad personam, un autodecreto. Di tutto questo il Parlamento, e dunque i cittadini che esso dovrebbe rappresentare, sono all’oscuro di tutto. Devono andarsi a leggere i giornali, o guardarsi Unomattina. Perché Monti con i direttori delCorriere e di Repubblica e con Franco Di Mare ci parla: mica sono il Parlamento.

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