sottoscrivo quanto scritto da Marco Travaglio e anche questa "prassi" Napolitano-Monti rientrerà tra i miei ricordi al momento di decidere se votare e per chi.
da: Il Fatto Quotidiano
La
Costituzione, che ridere
di Marco
Travaglio
Bei tempi quando i governi cadevano in
Parlamento, con un voto di sfiducia chiaro e limpido, così ciascun parlamentare
ci metteva la faccia e i cittadini sapevano chi aveva votato come. Bei tempi
quando chi voleva fare il presidente del Consiglio lo diceva apertamente,
metteva insieme una coalizione di partiti che lo volevano al governo, e andava
a cercarsi i voti (in Italia, non a Bruxelles) per verificare se i cittadini
preferivano lui o magari un altro. Bei tempi insomma quando c’era ancora la
Costituzione e l’Italia era una Repubblica parlamentare. Oggi, come scrive
Marcello Pera su Libero (a questo siamo: a dar ragione a Pera), “la
Costituzione è diventata un canovaccio per spettacoli comici”. Spettacoli
eccellenti, come quello di Benigni.
Dove però la battuta più riuscita non era una delle solite su Berlusconi, ma un’altra: “Quando la Costituzione entrerà in vigore, sarà bellissimo”. Sarebbe bastato insistere sul punto e ci sarebbe stato da scompisciarsi. Se uno legge ciò che scrivono i costituenti sui poteri del capo dello Stato, del presidente del Consiglio e del Parlamento, e lo confronta con quel che fanno Napolitano e Monti, deve concludere che delle due l’una: o sbagliano Napolitano e Monti, o sbaglia la Costituzione.
Dove però la battuta più riuscita non era una delle solite su Berlusconi, ma un’altra: “Quando la Costituzione entrerà in vigore, sarà bellissimo”. Sarebbe bastato insistere sul punto e ci sarebbe stato da scompisciarsi. Se uno legge ciò che scrivono i costituenti sui poteri del capo dello Stato, del presidente del Consiglio e del Parlamento, e lo confronta con quel che fanno Napolitano e Monti, deve concludere che delle due l’una: o sbagliano Napolitano e Monti, o sbaglia la Costituzione.
È vero che già un anno fa B. se ne
andò senza che il Parlamento l’avesse sfiduciato (il rendiconto dello Stato,
pochi giorni prima, era passato solo grazie all’astensione delle opposizioni:
la sua maggioranza alla Camera s’era ridotta a 308 deputati su un quorum di
316) e che anche nel ’94 si era dimesso un attimo prima che le Camere votassero
le mozioni di sfiducia di Lega, Ppi e Sinistra. Ma, in entrambi i casi, c’era
almeno la prova provata che i suoi governi non avevano più la maggioranza.
Invece, che Monti non abbia più la maggioranza, è tutto da vedere. Non solo il
Parlamento non l’ha mai sfiduciato, ma gli ha votato la fiducia per ben 50
volte in un anno con una maggioranza bulgara, mai vista nella storia
repubblicana. E allora perché andremo a votare col cappotto, negli stessi giorni
(metà febbraio) in cui lo scorso anno l’Italia sprofondava nella neve? Perché
un tizio, tal Angelino Alfano, sedicente leader Pdl, il 7 dicembre ha detto
alla Camera: “Consideriamo conclusa l’esperienza di questo governo”, garantendo
il Sì solo alla legge di Stabilità. L’indomani Monti è salito al Colle e,
senz’avvertire il Parlamento né i suoi ministri, ha comunicato che secondo lui
quello di Alfano è un atto di sfiducia, dunque si dimetterà un minuto dopo
l’approvazione della legge di Stabilità. Il presidente di una Repubblica
parlamentare gli avrebbe risposto: “Bene, torna qui quando le Camere ti avranno
sfiduciato”. O almeno: “Queste cose vai a dirle alle Camere, vedi mai che il
Pdl cambi idea” (anche perché nel frattempo il padrone di Alfano ha fatto
sapere che stima molto Monti, tant’è che lo vorrebbe premier del centrodestra
anche nella prossima legislatura). Invece Napolitano ha preso per buona la
personalissima interpretazione del premier e ha avviato consultazioni informali
(ma solo fra i leader della maggioranza) per fissare le elezioni anticipate
prim’ancora che venga approvata la legge di Stabilità e il governo si sia
dimesso. Intanto il governo, che doveva limitarsi alla legge di Stabilità, vara
in fretta e furia un decreto per dimezzare le firme necessarie alle nuove liste
per presentarsi alle elezioni, compresa quella che forse, chissà, magari, lui
ci sta riflettendo, Monti presenterà alle elezioni: un decreto (anche)ad
personam, un autodecreto. Di tutto questo il Parlamento, e dunque i cittadini
che esso dovrebbe rappresentare, sono all’oscuro di tutto. Devono andarsi a
leggere i giornali, o guardarsi Unomattina. Perché Monti con i direttori
delCorriere e di Repubblica e con Franco Di Mare ci parla: mica
sono il Parlamento.
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