da: La Stampa
Il
Silvio show che sequestra la politica
I Maya avranno anche previsto la fine
del mondo, ma nemmeno il messicano più visionario si sarebbe spinto a
immaginare un 21.12.12 così svuotato di politica e così straripante di
berluscaggini e giochetti di potere. Mentre gli italiani risparmiano sui regali
e dirottano la tredicesima per pagare debiti e tasse, lo schermo irradia le
immagini del Cavalier Ganassa concionante da tutti gli strapuntini di sua e
nostra proprietà, intervallate da quelle di politici di destra e sinistra che
escono a testa bassa da riunioni frenetiche, in cui l’unico argomento
all’ordine del giorno è la loro sopravvivenza.
I partiti si scompongono e si ricompongono,
frantumandosi in decine di sottomarche dai nomi fantasiosi per garantire a
decine di sottopancia un posto da condottiero. Il solo assillo è il posto in
lista. La sola vergognosa certezza è che, nonostante le promesse di cambiamento
e un anno di governo tecnico per mantenerle, si voterà ancora con il Porcellum
per eleggere lo sproposito di mille parlamentari che continueranno a godere di
privilegi incompatibili con le condizioni di vita delle persone comuni.
Pur con tutti i loro limiti, l’azione
di Monti e le primarie del Pd avevano avuto il merito di rimettere al centro
del dibattito politico la realtà: il lavoro, la riforma dello Stato Sociale e
il ricambio generazionale. Persino i litigi da talk show vertevano su temi
terribilmente concreti, ancorché immateriali come lo spread. Ma è bastato che
tornasse in scena Tu Sai Chi perché la situazione precipitasse di nuovo nel buco
nero in cui da noi periodicamente scompaiono le cose serie. Berlusconi è un
maestro di comunicazione primordiale e sa parlare alle budella infiammate come
nessun altro. D’incanto il dramma delle famiglie che non arrivano a fine mese è
passato in secondo piano e sulla scena c’è stato soltanto lui, con i suoi
patemi da miliardario incompreso, i suoi guai giudiziari, le sue fidanzate
belle fuori ma anche dentro, il suo prontuario di ricette facili e di capri
espiatori fin troppo comodi.
Lui, e quelli cresciuti con o contro di
lui: è tutto un rifiorire di Fioroni e di Sacconi, di La Torre e di La Russa,
notabili senza tempo che si interrompono a vicenda in una sinfonia dodecafonica
che ha come spartito il vuoto. Non si ode il fremito di un’idea complessa, di
un progetto coerente, di un pensiero che non sia la riproposizione stracca di
slogan superficiali. Quando non si occupano di Berlusconi, i progressisti
parlano di lotta agli evasori, i tecnocrati di tagli agli sprechi e i populisti
di tagli ai privilegi. Tutti alimentano l’illusione che per salvare l’Italia
bastino le forbici, mentre urge una flebo di ricostituenti. Spendere di meno
non serve a nulla, se non si riesce a guadagnare di più. O se si pensa di
abbassare il costo del lavoro riducendo gli stipendi, anziché le tasse sugli
stipendi. Tanto più che le parole della propaganda nascondono trappole e i
tagli agli sprechi si tradurranno come sempre in tagli ai servizi sociali e la
lotta agli evasori in aumento delle tasse per chi già le paga.
L’altra sera, a Ballarò, per sentire il
respiro della politica ho dovuto attendere notte fonda, quando un giovanotto di
ottantacinque anni ha preso la parola per dire che l’Italia potrà fare tutti i
sacrifici che vuole, ma si risolleverà soltanto quando sarà capace di attirare
gli investimenti esteri con una giustizia civile più affidabile e uno
snellimento della burocrazia. Quel giovanotto non era un politico, ma un
esperto di dinosauri d’altro genere, Piero Angela. Che alla vigilia del
21.12.12 mi sarei ritrovato a desiderare Piero Angela premier, nessun Maya lo
avrebbe potuto prevedere. Nemmeno io.
Nessun commento:
Posta un commento