da: Lettera 43
Lobby
e politica, la mappa degli interessi
Sanità.
Grandi opere. Armi. Taxi. I gruppi di pressione a Palazzo hanno i propri
referenti. E nessuno è riuscito a regolamentarli. M5s: «Quello nel video è
Tivelli». Salva-Roma: intesa sui giochi.
di Marco
Mastellino
Troppi lobbisti alla Camera durante il voto
sulla legge di Stabilità targata Letta. Troppe persone con la ventiquattrore
avvicinano i parlamentari o i loro portaborse passando fogli e foglietti con
emendamenti e modifiche al testo, per indirizzare le fonti di spesa della
manovra in una direzione invece che in un'altra.
A partire dal tanto discusso
sub-emendamento sulle slot machine. Presentato dal Nuovo centrodestra - i cui
esponenti, dalla firmataria Federica Chiavaroli al sottosegretario Alberto
Giorgetti, sono legati a doppio filo con le società dell'azzardo - ma
appoggiato in un primo momento pure dal Pd (che nel settore vanta una storia
decennale)
LA LETTERA A BOLDRINI. La denuncia di
questa invadente presenza è contenuta in una lettera che i deputati 5 stelle
hanno scritto alla presidente della Camera Laura Boldrini. Dove si parla tra
l'altro di «badge» per gli ospiti rilasciati con «disinvoltura», anche perché
permettono ai lobbisti una grande libertà di movimento fra sale e uffici di Montecitorio.
M5S CONTRO LUIGI TIVELLI. E non è tutto. I
pentastellati continuano la loro battaglia quotidiana contro questi «squali»
che hanno trasformato la Stabilità in una «legge marchetta».
Così il 21 dicembre hanno fatto nomi e
cognomi. Il lobbista intercettato - e filmato - dai grillini davanti a una
commissione di Montecitorio mentre si vantava di aver fatto bloccare il taglio
delle pensioni d'oro sarebbe Luigi Tivelli, ex funzionario della Camera. Lui «è
il vero mercante del tempio», ha detto il deputato-cittadino Giorgio Sorial.
Albo
dei lobbisti: una riforma insabbiata
C'è da dire che le truppe pentastellate -
ultime arrivate in parlamento - sono sempre state in prima linea nella
battaglia alle lobby.
A questo proposito è utile segnare una
data: 5 luglio 2013. Il Consiglio dei ministri discusse una legge ad hoc,
voluta proprio dai parlamentari grillini. Il testo prevedeva l'istituzione di
un albo dei lobbisti, affidava il loro controllo all'Antitrust, chiedeva regole
stringenti e limiti all'attività di pressione. E, soprattutto, l'obbligo dei
ministri a redigere una relazione che desse conto dei loro rapporti con questi
personaggi e le società che essi rappresentavano.
L'OPPOSIZIONE DI LUPI E MAURO. Ma tutto,
ovviamente, si bloccò. Contrari a molte di queste regole, ma non furono i soli,
i due ministri di Comunione e liberazione, Maurizio Lupi (Infrastrutture e
trasporti, cioè grandi appalti) e Mauro Mauro (Difesa, cioè appalti per
l'industria militare), entrambi vicini alle aziende della Compagnia delle
opere.
Così il governo affidò a Enzo Moavero
(ministro per l'Europa) il compito di preparare uno studio sulle norme analoghe
vigenti nei Paesi dell'Ue. Finito, come prevedibile, in un nulla di fatto.
VeDrò,
il governo e la sponsorizzazione dei grandi gruppi
In verità il governo aveva già risolto la
questione a modo suo, attraverso un'associazione che «permette» ai lobbisti di
prendere contatti direttamente con sei ministri. Si tratta della Fondazione
VeDrò, think tank di Enrico Letta, che - secondo un'inchiesta de L'Espresso -
ha un bilancio annuo di circa 1 milione di euro, frutto delle donazioni, tra
gli altri, di Eni, Autostrade, Lottomatica, Sisal, Farmindustria, Telecom
Italia, Vodafone, Edison, Nestlé, Sky.
CINQUE MINISTRI ASSOCIATI. Sono solo sponsorizzazioni dei convegni, si
sono sempre difese le aziende. Ma il rapporto resta. Anche perché di VeDrò
fanno o facevano parte tra gli altri i ministri Angelino Alfano, Beatrice
Lorenzin, Andrea Orlando, Maurizio Lupi, Nunzia De Girolamo. E gli ex ministri
Josefa Idem e Corrado Passera.
I
rappresentanti della Compagnia delle opere
La Compagnia delle opere, enorme rete di
aziende legata a Cl, conta oggi su due ministri: sono Lupi e Mauro. Quest'ultimo
si è distinto per il suo impegno nel proteggere gli appalti per gli armamenti,
come gli F35 che difende a spada tratta, un affare al cui interno c'è pure
Finmeccanica.
Nell'ultimo esecutivo Berlusconi, era
Giancarlo Galan a fare da tramite con l'associazione fondata da don Giussani.
All'epoca in cui era presidente del Veneto, gli appalti affidati alle aziende
di Cl hanno vissuto una stagione assai felice, con aumento degli affidamenti e
degli incassi.
La
sanità fa pressing sulle Regioni
Le lobby della sanità da qualche anno, pur
non trascurando certo i Palazzi romani, si muovo soprattutto nelle Regioni,
dove sono ormai localizzati i centri di spesa.
Lo dimostra, su tutti, il caso della
clinica Maugeri di Milano e delle presunte tangenti pagate all'allora
governatore Roberto Formigoni. Il Celeste, lasciando Berlusconi al momento
giusto e spostandosi su Alfano, ha saputo conservare il suo ruolo influente nei
rapporti tra Compagnia delle opere, politica ed esecutivo.
Alfano,
gli avvocati e la riforma
Non sono solo le aziende a fare opera di
lobbying, ma anche le categorie. Sarà un caso, ma l'avvocato Angelino Alfano,
quando indossa la giacca da vicepremier preme per una riforma della giustizia
che limiti i poteri di giudici e pm. Riforma invisa ai magistrati ma auspicata
dai colleghi in toga del leader del Ncd, già titolare del dicastero di via
Arenula con il governo del Cavaliere.
Il
petrolio di Zanonato
Il ministro per lo Sviluppo Flavio Zanonato
è stato di recente accusato da Greenpeace di essere particolarmente sensibile
alle richieste della lobby del petrolio, tanto da aver messo in cantiere un
piano a vantaggio dei combustibili fossili e a danno delle energie rinnovabili.
Per questo ha fatto discutere la posizione
pro-petrolio presa da Zanonato a metà ottobre 2013 quando, insieme con altri
otto ministri di altrettanti Paesi europei, ha firmato una dichiarazione dove
si indicava l'impegno a ridurre le emissioni inquinanti come una delle cause
della crisi economica che attanaglia l'Ue.
La
crociata di De Girolamo
Tra i più duri oppositori della
regolamentazione delle lobby c'è il ministro dell'Agricoltura, Nunzia De
Girolamo. «No a una legge sovietica», ha tuonato la determinata esponente
alfaniana, ottenendo il plauso delle organizzazioni di categoria di ogni parte
e colore politico.
ARIA D CONFLITTO DI INTERESSE. A far
imbufalire il ministro - il cui padre Nicola è da anni il direttore del
Consorzio agrario di Benevento - soprattutto l'obbligo, previsto dalla legge
ormai insabbiata, di redigere una lista nominativa dei lobbisti ricevuti e
incontrati: il passaggio di carte e consigli, insomma, meglio che rimanga
segreto.
Taxisti,
appoggi bipartisan e nei Comuni
Un'altra lobby potentissima in Italia è
quella dei taxisti. Quando nel dicembre 2011 il governo Monti nel Salva Italia
paventò l'idea della liberalizzazione delle licenze, la mobilitazione fu
totale. Sette dirigenti delle più importanti organizzazioni di categoria
marciarono su Roma per incontrare i componenti della commissione Bilancio.
Insieme scrissero un testo. E le liberalizzazioni rimasero un ricordo.
L'allora segretario generale di Palazzo
Chigi, Manlio Strano, li ricevette ufficializzando la marcia indietro
dell'esecutivo.
BIPARTISAN E VINCENTI. La lobby premette
anche sul pacchetto di liberalizzazioni Tremonti. Ottenendo più o meno gli
stessi effetti. E non fece sconti a Pier Luigi Bersani, svuotando di fatto la
sua riforma del 2006.
La forza delle auto bianche sta nel loro
essere bipartisan, trasversali.
Ma è a livello locale che la pressione è
più forte. A Roma il punto di riferimento, per esempio, era l'ex sindaco Gianni
Alemanno.
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