da: Corriere della Sera
Il
piano del Pd per il lavoro: neoassunti senza articolo 18
Un
nuovo contratto per rilanciare l’occupazione. In caso di licenziamento
indennizzo ma niente reintegro
«Abbandoniamo gli slogan e facciamo un
piano del lavoro a 360 gradi, inserendolo nel patto di coalizione». Matteo
Renzi lancia la sfida sulla riforma del mercato del lavoro e non coglie
l’offerta che gli arriva dalla Cgil, sia pure indiretta (la fa su Twitter
Massimo Gibelli, portavoce di Susanna Camusso): «Partiamo dal nostro piano del
lavoro nazionale?». Il neosegretario pd risponde con un no secco: «La Cgil fa
un altro mestiere. Ci confrontiamo con tutti ma noi siamo il Pd, non un
sindacato. Partiamo dalle nostre idee».
E di idee ce ne sono molte, non tutte
concordanti, su come riformare il mercato del lavoro. Renzi ha già annunciato
che entro un mese sarà pronto il «job
act», il testo che dovrebbe rivoluzionare le regole. A lavorarci sono in
tanti: Yoram Gutgeld, deputato e
spin doctor economico di Renzi; ma anche la responsabile Lavoro Marianna Madia; il responsabile
Economia Filippo Taddei; il
responsabile Welfare Davide Faraone;
e, come supervisione politica, Maria
Elena Boschi.
Idee chiave, abbattere i vecchi tabù,
combattere il precariato, ridurre la burocrazia, semplificare le norme e
riformare gli ammortizzatori sociali. Spiega Faraone: «La stella polare è il modello scandinavo, la flexsecurity,
che avevamo già lanciato 4 anni fa alla Leopolda. Bisogna riformare
drasticamente, agendo su due binari paralleli: il lavoro e lo Stato sociale».
Il piano, a quanto si sa, è quello di
introdurre un contratto a tempo indeterminato
per i neoassunti, che non prevede la tutela dell’articolo 18 (reintegro
o indennizzo in caso di licenziamento illegittimo): in questo caso sarebbe eliminato il reintegro e resterebbe
solo l’indennizzo. L’articolo 18 sarebbe ancora valido per i contratti in essere, ma anche per i nuovi contratti, in alternativa a quelli «flessibili» che si
vogliono introdurre.
Gutgeld previene le possibili obiezioni
(che portarono la Cgil sul piede di guerra e tre milioni a manifestare contro
Berlusconi, nel 2001): «Resta tutto, non vogliamo togliere nulla, vogliamo solo
aggiungere. Non aboliamo l’articolo
18, non aboliamo i contratti a progetto e non aboliamo i contratti a tempo
indeterminato. Anzi. Quello che si vuole è guardare la realtà: spesso c’è un
uso improprio dei contratti a progetto. E il contratto a tempo indeterminato è
diventato un’araba fenice. Vogliamo aiutare i giovani e dare un’alternativa al
deserto della precarietà».
La soluzione, dunque (vicina alla vecchia
proposta Ichino), è quella di un contratto
indeterminato di inserimento, «alternativo non al tradizionale contratto a
tempo indeterminato, che rimane, ma al precariato». Gutgeld spiega che «potrà
esserci anche una dinamica negoziale positiva con i datori di lavoro: per
esempio, io potrei accettare un contratto con meno protezione, in cambio di una
retribuzione più alta».
Che il tema sia delicato nel Pd, Gutgeld lo
sa (a partire da Stefano Fassina): «Spero che l’opposizione a queste idee non
sia miope». Faraone è ottimista: «Temi come l’articolo 18 non devono essere più
tabù. È chiaro che possono esserci meno
garanzie che in passato, ma come contrappeso
ci sarà una rete di protezione più
ampia. È intollerabile per la sinistra che non ci sia un sussidio universale e
che la cassa integrazione e la mobilità riguardino solo alcuni. Comunque ce la
faremo: quattro anni fa proponemmo l’abolizione del finanziamento pubblico e ci
trattavano da pazzi; ora fanno tutti la gara a scavalcarci».
Ma i temi sono molti e i pareri anche.
L’ombra della (non amatissima) riforma
Fornero è dietro l’angolo: «Ma quella è una legge lontana dalla nostra
proposta», dice Taddei. Che alla domanda su una possibile abolizione della
Cassa integrazione, risponde così: «Con un approccio complessivo si può fare
tutto. Ma il nostro obiettivo è garantire chi non ha tutele». Si può fare
tutto, anche intervenire sulle «pensioni d’oro», come è pronto a fare Faraone.
Monica Gregori, pd in commissione Lavoro, avverte: «Bene, ma attenti a non
togliere le tutele e a non rifare gli errori disastrosi della Fornero. E poi
dobbiamo avere il coraggio di andare oltre le proposte di Ichino». Tra le altre
misure allo studio, la semplificazione del codice del lavoro, il rilancio dei
centri per l’impiego e l’utilizzo dei fondi europei per i giovani.
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