Travaglio parte da un
presupposto: che Grillo voglia alcune riforme da qui alle prossime elezioni.
Ma Grillo non ha
nessuna intenzione di firmare alcunchè insieme al Pd, fossero anche provvedimenti
che rientrano nel cosiddetto programma elettorale del M5S. Quindi, inutile
prospettargli i pro e contro rispetto alla “sfida” di Renzi. Perché Giuseppe
Piero Grillo non vuole che il M5S sia accomunato neanche per un attimo, per un
nessun tipo di provvedimento, con il Pd. Perché non si fida di questo partito?
Comprensibile. Ma fosse così, non gli resterebbe che smascherare il bluff di
Renzi e Letta.
Oppure Grillo non si
accomuna a nulla e per nulla perché è sfascista?. Non credo che questo sia il
suo dna. E’ che tutto ciò che fa e dice segue la logica, la tattica, tipica dei
navigati della politica. E così ha deciso, insieme a Otelma Casaleggio, guru
del marketing (specie non meno pericolosa dei politici) che per non perdere
voti deve continuare a urlare e a mostrarsi ante-sistema. In questa logica, che
il Pd o altri facciano anche solo una cosuccia decente (saremmo in prossimità
del miracolo), non fa differenza. Perché se firma con loro, anche qualora
ripetesse in ogni piazza e in ogni post sul blog: se non ci fossimo noi non sarebbe cambiato niente, non è detto che il
merito vada al M5S. Grillo pensa che
andrebbe beneficio del Pd. Ergo: by by. Io vado per la mia strada, voi per la
vostra.
E il ritornello di alcuni
parlamentari del M5S, che si dicono disposti ad esaminare e approvare provvedimenti
se coerenti con i loro venti punti programmatici, fa ridere. Il ritornello cesserà
non appena Grillo e Casaleggio diranno loro che fare e che dire.
da: Il
Fatto Quotidiano
Dire no a Renzi è un
errore. Domenica Napolitano, Letta, Berlusconi, Alfano e le altre frattaglie
erano terrorizzati da un Sì o anche da un Ni di Grillo. E quando è arrivato il
No hanno stappato lo champagne.
Tutto si può dire di Beppe Grillo, ma non che sia un fesso. Anzi, sempre più spesso la sua naïveté di neofita della politica sembra aver assorbito le furbizie dei politici politicanti. Dunque è impossibile che l’altroieri non abbia colto il senso e le possibili conseguenze dell’apertura di Renzi. Il neosegretario del Pd,
Tutto si può dire di Beppe Grillo, ma non che sia un fesso. Anzi, sempre più spesso la sua naïveté di neofita della politica sembra aver assorbito le furbizie dei politici politicanti. Dunque è impossibile che l’altroieri non abbia colto il senso e le possibili conseguenze dell’apertura di Renzi. Il neosegretario del Pd,
anche se
non può dirlo fuori dai denti, ha gli stessi nemici che hanno Grillo e il
popolo italiano: Napolitano (vedi l’incredibile monito di ieri, che aveva Renzi
e Grillo come bersagli unici), Letta Nipote e tutto il cucuzzaro delle Strette
Intese, cioè Alfano e quel che resta di Monti&Casini. In poche parole: gli
eterni gattopardi che lavorano all’imbalsamazione dell’Ancien Régime e vogliono
rinviare le elezioni a chissà quando, possibilmente a mai.
Domenica, mentre Renzi
lanciava la sfida all’assemblea milanese del Pd, Napolitano e Letta
incrociavano le dita nella speranza che Grillo la respingesse. E devono aver
tirato un bel sospiro di sollievo quando, dal blog dell’ex comico, è arrivato
il niet alla “scoreggina” renziana. Intendiamoci. L’aut-aut di Renzi era carico
di propaganda (“o firmi qui o sei un pagliaccio”), la tassa da pagare a un
partito che considera i 5Stelle un branco di usurpatori e di brubru. Il suo
messaggio di “novità” era viziato dalla presenza nella “nuova” Direzione di
impresentabili come De Luca. E conteneva uno scambio assurdo tra la rinuncia
del Pd alla prossima rata di finanziamento pubblico e l’appoggio grillino alle
sue proposte anti-casta: se, come dice, Renzi ritiene immorali i soldi dello
Stato ai partiti, già peraltro abrogati dal 90% degl’italiani nel ’93, dovrebbe
rifiutarli subito, spontaneamente, senza condizioni, per sempre.
Ma il fatto stesso che per la prima volta abbia evocato con un impegno concreto, e non con le solite parole a vanvera, un cavallo di battaglia dei 5Stelle è un loro innegabile successo politico. Così come il fatto che il leader Pd tenti di uscire dalla prigione della maggioranza di governo per cercare una sponda nel M5S. E allora perché non raccogliere la sfida e rilanciarla, magari con la richiesta al Pd di restituire la rata di “rimborsi elettorali” appena incassata e di scrivere insieme le riforme anti-casta nell’unico luogo deputato a queste cose, cioè il Parlamento?
Sia che Renzi faccia sul serio, sia che bluffi, Grillo e i suoi hanno tutto da guadagnare e nulla da perdere ad “andare a vedere”. Se Renzi bluffa, scredita se stesso e la sua leadership finisce prim’ancora di cominciare, mentre Grillo e i suoi si prendono il merito di averlo smascherato e incamerano quegli elettori “di confine” che si sono lasciati incantare dalle sirene della rottamazione. Se Renzi fa sul serio, il Pd sarà comunque il secondo partito a rinunciare ai fondi pubblici, a rimorchio dei 5Stelle, i quali potranno dire di avervelo costretto; la macchina elefantiaca di quel partito carico di palazzi, soldi, tesori e tesorieri, ma pure di tessere fasulle, di debiti e cambiali da pagare a questo e quel potentato economico, è costretto alla fame ed entra in crisi con i suoi capibastone e le sue rendite di posizione e, se non si dà una nuova struttura più snella e adeguata ai tempi, si estingue.
Intanto i 5Stelle concordano in Parlamento una legge elettorale che non condanni l’Italia all’eterno inciucio, per esempio il Mattarellum rilanciato ieri da Grillo, e votano il taglio delle indennità e l’abolizione dei “rimborsi” ai consiglieri regionali, e magari altri risparmi più sostanziosi e coraggiosi, intestandosene a buon diritto gran parte del merito; ma soprattutto rompono il fronte Pd-Ncd-Monti-Casini, mandando a gambe all’aria la maggioranza e il governo Napo-Letta, trasformando Alfano, Monti, Casini & C. in quel che del resto sono: peli superflui della politica; condannano B. all’irrilevanza proprio mentre tenta di ritagliarsi un nuovo ruolo decisivo sul tavolo delle famose “riforme”; e, destabilizzando la maggioranza, avvicinano le elezioni e neutralizzano gli intrighi del Quirinale.
Per questo domenica Napolitano, Letta, Berlusconi, Alfano e le altre frattaglie erano terrorizzati da un Sì o anche da un Ni di Grillo. E quando è arrivato il No hanno stappato lo champagne. Il No al buio, senza prima “andare a vedere”, consente loro di continuare a dipingerlo come uno sfascista (anche senza la s) che tiene in freezer i suoi voti e i suoi parlamentari, che non vuole cambiare niente per lucrare sul disastro dei Paese; ma soprattutto di riprendere a inciuciare tutti insieme appassionatamente con la scusa delle “riforme”. A partire da quella elettorale, che incredibilmente Napolitano vuole appaltare in esclusiva alla maggioranza perché trovi il sistema migliore di fregare l’opposizione (come già fecero Pdl, Udc e Lega col Porcellum). Dire – come fa Grillo – “non c’è più tempo, meglio votare col Mattarellum”, è assurdo: senza una nuova legge, si voterà col proporzionale puro del 1992 riesumato dalla Consulta e i 5Stelle resteranno irrilevanti anche con il 30 o il 40 o anche il 49,9 per cento dei voti.
Naturalmente la partita è appena iniziata, come dimostrano i commenti possibilisti dei “cittadini” Di Maio, Giarrusso e Lezzi per un confronto in Parlamento. Ma siccome il tono del match lo dà Grillo, è a lui che tocca riflettere, magari contando fino a 10, prima di parlare. Ed evitando di sottovalutare troppo i risultati fin qui ottenuti dai 5Stelle (a cominciare dallo stop alla controriforma dell’articolo 138 della Costituzione, che è sostanzialmente merito loro, oltreché della nostra petizione con 450 mila firme e di movimenti come Libertà e Giustizia). Altrimenti ripeterà l’errore di marzo, quando spedì sul Colle i capigruppo senza un candidato premier e consentì ai gattopardi di accollargli tutta la responsabilità dell’inciucio. A furia di vedere trappole dappertutto, anche dove non ci sono, rischia di non notare quelle che si tende da solo.
Ma il fatto stesso che per la prima volta abbia evocato con un impegno concreto, e non con le solite parole a vanvera, un cavallo di battaglia dei 5Stelle è un loro innegabile successo politico. Così come il fatto che il leader Pd tenti di uscire dalla prigione della maggioranza di governo per cercare una sponda nel M5S. E allora perché non raccogliere la sfida e rilanciarla, magari con la richiesta al Pd di restituire la rata di “rimborsi elettorali” appena incassata e di scrivere insieme le riforme anti-casta nell’unico luogo deputato a queste cose, cioè il Parlamento?
Sia che Renzi faccia sul serio, sia che bluffi, Grillo e i suoi hanno tutto da guadagnare e nulla da perdere ad “andare a vedere”. Se Renzi bluffa, scredita se stesso e la sua leadership finisce prim’ancora di cominciare, mentre Grillo e i suoi si prendono il merito di averlo smascherato e incamerano quegli elettori “di confine” che si sono lasciati incantare dalle sirene della rottamazione. Se Renzi fa sul serio, il Pd sarà comunque il secondo partito a rinunciare ai fondi pubblici, a rimorchio dei 5Stelle, i quali potranno dire di avervelo costretto; la macchina elefantiaca di quel partito carico di palazzi, soldi, tesori e tesorieri, ma pure di tessere fasulle, di debiti e cambiali da pagare a questo e quel potentato economico, è costretto alla fame ed entra in crisi con i suoi capibastone e le sue rendite di posizione e, se non si dà una nuova struttura più snella e adeguata ai tempi, si estingue.
Intanto i 5Stelle concordano in Parlamento una legge elettorale che non condanni l’Italia all’eterno inciucio, per esempio il Mattarellum rilanciato ieri da Grillo, e votano il taglio delle indennità e l’abolizione dei “rimborsi” ai consiglieri regionali, e magari altri risparmi più sostanziosi e coraggiosi, intestandosene a buon diritto gran parte del merito; ma soprattutto rompono il fronte Pd-Ncd-Monti-Casini, mandando a gambe all’aria la maggioranza e il governo Napo-Letta, trasformando Alfano, Monti, Casini & C. in quel che del resto sono: peli superflui della politica; condannano B. all’irrilevanza proprio mentre tenta di ritagliarsi un nuovo ruolo decisivo sul tavolo delle famose “riforme”; e, destabilizzando la maggioranza, avvicinano le elezioni e neutralizzano gli intrighi del Quirinale.
Per questo domenica Napolitano, Letta, Berlusconi, Alfano e le altre frattaglie erano terrorizzati da un Sì o anche da un Ni di Grillo. E quando è arrivato il No hanno stappato lo champagne. Il No al buio, senza prima “andare a vedere”, consente loro di continuare a dipingerlo come uno sfascista (anche senza la s) che tiene in freezer i suoi voti e i suoi parlamentari, che non vuole cambiare niente per lucrare sul disastro dei Paese; ma soprattutto di riprendere a inciuciare tutti insieme appassionatamente con la scusa delle “riforme”. A partire da quella elettorale, che incredibilmente Napolitano vuole appaltare in esclusiva alla maggioranza perché trovi il sistema migliore di fregare l’opposizione (come già fecero Pdl, Udc e Lega col Porcellum). Dire – come fa Grillo – “non c’è più tempo, meglio votare col Mattarellum”, è assurdo: senza una nuova legge, si voterà col proporzionale puro del 1992 riesumato dalla Consulta e i 5Stelle resteranno irrilevanti anche con il 30 o il 40 o anche il 49,9 per cento dei voti.
Naturalmente la partita è appena iniziata, come dimostrano i commenti possibilisti dei “cittadini” Di Maio, Giarrusso e Lezzi per un confronto in Parlamento. Ma siccome il tono del match lo dà Grillo, è a lui che tocca riflettere, magari contando fino a 10, prima di parlare. Ed evitando di sottovalutare troppo i risultati fin qui ottenuti dai 5Stelle (a cominciare dallo stop alla controriforma dell’articolo 138 della Costituzione, che è sostanzialmente merito loro, oltreché della nostra petizione con 450 mila firme e di movimenti come Libertà e Giustizia). Altrimenti ripeterà l’errore di marzo, quando spedì sul Colle i capigruppo senza un candidato premier e consentì ai gattopardi di accollargli tutta la responsabilità dell’inciucio. A furia di vedere trappole dappertutto, anche dove non ci sono, rischia di non notare quelle che si tende da solo.
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