da: Il
Fatto Quotidiano
L’Agcom, varerà domani 12 dicembre, a meno di eventi che a questo punto sembrano
oggettivamente impossibili, il
regolamento sul diritto d’autore, che le consentirà di cancellare i siti
sospettati di violare il diritto d’autore.
Dopo avere suscitato
le proteste di mezzo mondo, sino ad arrivare
alle critiche esplicite da parte di commentatori esteri e studiosi di
Università statunitensi l’Agcom varerà il contestatissimo regolamento, in
perfetta solitudine (a parte i lobbisti in festa).
Ma, prima di questo,
accadrà qualcosa in Agcom (o, meglio, non accadrà) per chiudere in bellezza la
genesi “democratica” di questo atto amministrativo, sempre al netto di colpi di
scena, che probabilmente non avverranno.
A dispetto di quella
povera vedova che, a tutt’oggi, si chiama democrazia. Del resto il Presidente
Cardani già aveva mostrato fastidio per le critiche dei “pochi” che si
opponevano ai metodi dell’Agcom.
I pochi peraltro sono
quasi centomila cittadini, decine di Docenti Universitari, Associazioni di
consumatori, Associazioni di piccole e medie imprese, e cosi via. Vediamo di
cosa si tratta.
Il Consiglio
dell’Agcom è, sino ad oggi incompleto, a seguito delle dimissioni a settembre
del Prof Maurizio Decina.
Il prof. Antonio
Nicita infatti, suo sostituto, e già nominato dal Parlamento, non è stato
ancora insediato in Agcom. Stranissimo, dal momento che Nicita è stato nominato
membro dell’Agcom un mese fa. Forse si tratta di questioni burocratiche, che
però sembra si risolveranno addirittura il giorno dopo l’approvazione del
regolamento.
Perché non attendere
che il Consiglio sia al completo per consentire al nuovo insediato di
esercitare legittimamente e democraticamente
il proprio diritto di voto? Ed invece Nicita sarà insediato il giorno
dopo (o qualche giorno dopo), senza avere la possibilità di votare contro, ma
nemmeno di conoscere quale sia il Regolamento che poi come Commissario dovrà
gestire. E’ legittimo e democratico approvare un regolamento con queste
caratteristiche, senza attendere nemmeno il giorno successivo, per avere un
Consiglio al completo?
Diversamente dalla
volta precedente, Cardani non si recherà nemmeno in Parlamento prima
dell’approvazione del regolamento, come aveva invece fatto lo stesso Presidente
Calabrò nella precedente legislatura, e come aveva fatto lo stesso Cardani
prima dell’approvazione dello schema di regolamento a luglio, senza mostrarlo
peraltro ai parlamentari.
Una sua audizione alle
Camere non è in programma né oggi né domani. Avrebbe dovuto farlo
volontariamente, senza nemmeno attendere una
richiesta di audizione da parte delle Commissioni competenti.
Evidentemente Agcom
non ritiene che l’organo parlamentare, il centro della nostra vita pubblica, debba essere informato prima
dell’approvazione del regolamento il 12
dicembre. Il presidente Cardani evidentemente non è interessato alle domande
che intende rivolgergli il Paese attraverso le istituzioni: sarà forse perché
qualcuno potrebbe chiedergli conto dei disegni di legge presenti in Parlamento,
come ad esempio il vicepresidente del
Commissione Poste Ivan Catalano del Movimento 5 Stelle, insieme alla Parlamentare del medesimo movimento Mirella Liuzzi, che sono i primi firmatari di un disegno di legge
di riordino del diritto d’autore?
O forse delle domande
che potrebbero porgli in Senato, ove sempre
i parlamentari del Movimento 5 Stelle,
e cosi quelli delle Autonomie, tra i quali Francesco Palermo, docenti di
diritto costituzionale, hanno firmato diversi disegni di legge, al pari di
diversi parlamentari del Partito democratico.
In particolare, il
vicepresidente della commissione giustizia Felice Casson, insieme ad altri nove
senatori, al più tardi la scorsa settimana aveva richiesto all’Agcom di
fermarsi.
Anche i giornalisti
più attenti cominciano a porsi delle domande di fronte ad un comportamento
incomprensibile da parte di Agcom.
Non era ancora accaduto in nessun altro momento della nostra
non più giovane Repubblica, che un organismo dello Stato, che non fosse la
magistratura, si fosse attribuita il
compito di giudicare di fatti che siano già regolati dal diritto penale dal
diritto civile, e di farlo oltretutto, in via amministrativa.
E, men che meno, ciò
non è mai avvenuto attuando motu proprio una legge di dieci anni prima che mai
aveva previsto alcunché di simile, come se le competenze di un organismo
anziché da leggi dello Stato derivassero dal famoso detto del Marchese del
Grillo “io so io e voi nun siete……” etc etc.
La Repubblica italiana
del resto nell’attuare il principio di separazione dei poteri, memore di quello
che erano stati i tribunali speciali amministrativi nel ventennio, aveva
espressamente escluso che a giudicare dei diritti dei cittadini potessero
essere giudici speciali, in quanto espressione di tribunali che non fossero
composti da Magistrati assunti in seguito ad un regolare concorso pubblico.
L’odissea di uomini come Sandro Pertini e Antonio Gramsci indusse i nostri
padri costituenti ad escludere espressamente che potessero essere cumulati in
capo ad uno stesso individuo poteri di indagine, poteri amministrativi e poteri
dispositivi nei confronti dei cittadini.
Ed per questo che la
nostra costituzione prevede all’ Art.
102 che la funzione giurisdizionale è esercitata da magistrati ordinari
istituiti e regolati dalle norme sull’ordinamento giudiziario, e che non
possono essere istituiti giudici straordinari o giudici speciali.
Questo sino ad oggi,
o, meglio, domani giovedi 12 dicembre 2013.
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