da: la Repubblica
Mika:
"Il pop sono io, non Lady Gaga"
Incontriamo
l'artista anglo-libanese vera rivelazione di questa edizione di "X
Factor" che si concluderà la prossima settimana. Ha imparato l'italiano in
tempi record e ha colpito tutti per competenza e signorilità
di Giuseppe Videtti
Sarà impacciato, non parla l'italiano, non
sarà mai in sintonia con gli altri giudici. Oltretutto è digiuno di
televisione, un pesce fuor d'acqua. Quelli che lo dicevano, all'inizio di
questa settima edizione di X Factor (la terza su Sky), avevano sottovalutato le
risorse di Mika (30 anni, nato a Beirut da madre libanese e padre americano,
naturalizzato inglese) trasformista e iperattivo fin da bambino. Vistosa e in
technicolor era Grace Kelly, la canzone che nel 2007 l'ha lanciato nel
firmamento del pop. Firmando per X Factor (il 12 dicembre la finale su SkyUno)
Mika ha rischiato grosso e ha vinto su tutti i fronti.
Fotoracconto: La semifinale,
Morgan perde Andrea
L'italiano lo ha appreso alla velocità
della luce, ma questo è un dettaglio rispetto alle molte altre qualità di
neodivo della tv. Hanno conquistato la franchezza, la tenera gaiezza,
l'eleganza, la misura nel comportamento e nei giudizi. E soprattutto la
competenza, che in un talent dove si canta per il novanta per cento in inglese
non è poco (scegliendo per la sua protégée un brano di un cantautore cult come
Bon Iver, Mika ha messo in difficoltà anche l'enciclopedico Morgan, più ferrato
sul rock classico che sulle tendenze).
Tre
album di successo (il quarto, la raccolta Songbook Vol. 1in cui canta anche in
italiano è uscito solo per il nostro mercato ed è in testa alle classifiche) e
una popolarità internazionale: perché la tentazione di allenare esordienti in
un talent in quest'appendice d'Europa che, a differenza di tutto il Made in
Italy, il pop lo fa ma non lo esporta?
"Ma l'X Factor italiano è molto più
effervescente di quello inglese", esordisce l'artista nel suo camerino,
perfetto nel suo completo carta da zucchero. "E non è vero che la musica
angloamericana ha sempre detenuto il primato. La Francia e l'Italia hanno avuto
i loro decenni di gloria negli anni 50 e 60: Paolo Conte è un grande, Barbara
un mito. E io sono un romantico. Badi bene, un romantico non un
nostalgico".
Com'è
stato l'approccio col mezzo televisivo?
"La tv non mi ha mai appassionato, ma
non dimentico che sono un artista pop, dunque per me le cose intellettuali,
alienanti e trash hanno lo stesso livello di interesse. Il pop è un'arte
spontanea, il suo valore si verifica con il tempo. Quanti Salieri ci sono stati
nella storia per ogni Mozart? Lady GaGa ha fatto un errore: strombazzare ai
quattro venti di aver inciso un disco di art pop con la copertina realizzata da
un artista di pop art. Banale e superficiale".
Che
succede quando una star del suo calibro prende un impegno del genere, mette la
carriera in stand by?
"Ho sempre accettato le sfide, anche
le più ardue e strane. Mi piace fare tutto in fretta, e dunque ho imparato
l'italiano con la stessa velocità di sempre, con un'insegnante che mi ha
seguito in tour a Tokyo, New York, Los Angeles e Jakarta. Riesco a fare molte
cose insieme. Se non scrivo canzoni a getto continuo, divento una statua di
cera, una bambola assassina. In queste settimane ho composto una buona parte
del nuovo album".
Pensa
davvero che un'arte spontanea come la pop music possa essere "insegnata"
in un scuola di musica in cui il giudizio viene brutalmente espresso dal
televoto?
"X Factor non ti darà mai quel che
solo la vita e l'esperienza possono darti. Dovrebbero essere le scuole a
insegnare musica, ma per le arti non ci sono mai abbastanza fondi".
Ai
tempi di Grace Kelly ci raccontò che a 14 anni eseguì cinque canzoni per un
talent scout accompagnandosi al pianoforte. "Sei bravissimo, ma non saprei
che farmene di uno come te", fu il commento. Oggi, nell'era in cui la Rete
è l'arbitro di ogni cosa, la gavetta si fa in modo diverso?
"Non credo, alla fine le reazioni
degli uomini sono sempre le stesse, la tecnologia cambia le abitudini non le
persone".
Lei
ha preso casa a Milano e ha intenzione di tenerla. Com'è vivere nell'Italia
della grande crisi?
"Il mondo è in crisi, solo i tedeschi
e gli inglesi riescono a dissimularla mantenendo super-decoroso l'aspetto delle
loro capitali - ma basta fare un giro nelle periferie per
capire che anche loro non se la passano bene. Adoro l'architettura di Milano,
anche quella più austera e fascista. È una città che si nasconde; le cose più
belle sono sempre dietro una porticina, non le troverei se non avessi degli
amici".
Dicono
che siamo il paese più omofobico d'Europa. È sembrato anche a lei?
"Non me ne rendo conto perché sono un
privilegiato. Posso fare un'intervista e dire senza problemi che sono gay e ho
un compagno. Ma penso a chi ha sacrificato la vita per i principi della libertà
e della tolleranza senza nessun clamore e senza gloria".
Un
difetto nell'Italia e negli italiani l'avrà pur trovato...
"Per me è il miglior paese del mondo,
perché riesce a conservare una sua identità. Prenda il Libano: un paese
sospeso; la Francia: tanti soldi e una grave crisi d'identità. L'Italia coltiva
i suoi miti, l'eredità culturale e popolare, e questo è già un buon antidoto
alla crisi".
La
televisione crea una affettuosa complicità con il pubblico. La rivedremo l'anno
prossimo?
"Non ho cambiato X Factor e X Factor
non mi ha cambiato. Continuerò a fare le mie scelte pazze. Ho anche delle altre
offerte in Francia e in Inghilterra, dove ho intenzione di proporre dei
documentari sulla musica che nessuno vorrà finanziare. Ma certo, se la prossima
edizione di X Factor non si sovrapporrà ai miei impegni discografici ci
sarò".
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