NordLb,
per il salvataggio della banca tedesca interverrà lo Stato. L'Italia ancora una
volta umiliata dalle "regole comuni"
Salvataggi
bancari. Berlino può, gli altri muoiano…
di Claudio
Conti - Contropiano
Quelli che l’Unione Europea ci insegnerà a
rispettare le regole comuni, oh yeah…
Qualche tempo fa, qui in Italia, un bel
gruppo di banche è andato ad un pelo dal fallimento e il salvataggio – essendo
vietato l’intervento dello Stato, secondo le regole europee – è costato un
patrimonio soprattutto a chi aveva depositanto i propri risparmi presso quelle
banche. Particolarmente rilevante il caso di Banca Etruria – casualmente
vicediretta dal padre di Maria Elena Boschi, fedele “fiancheggiatrice” di tal
Matteo Renzi – che aveva convinto-costretto-turlupinato parecchi correntisti
facendo loro sottoscrivere obbligazioni emesse dalla stessa banca e non
vendibili sul mercato.
Si disse: per casi come questi le “regole
europee” sono chiarissime: in sostanza, cavoli loro… Il meccanismo è diventato
famoso come bail in, e Crozza – da buon genovese – ci ha costruito su diversi
sketch.
Si dirà: beh, una regola dura, ma è una
regola uguale per tutti, italiani e non…
Manco per niente. I tedeschi sono tedeschi,
mica italiani. E quindi, se debbono salvare la NordLb – una della più grandi
landesbanken del paese – possono fare come vogliono, con l’approvazione della
Commissaria alla concorrenza, la presunta “dura” Margrete Vestager.
Già il sistema delle landesbanken, a dirla
tutta, sembra piuttosto poco consono con le “leggi del libero mercato”, visto
che si tratta di istituti “legati al territorio”, che anche in Germania
significa interconnessi con l’imprenditoria locale e la classe politica
regionale. Ma in ogni caso, ci si aspetterebbe che un fallimento fosse trattato
come tutti gli altri fallimenti.
E invece no. Lo Stato interverrà a
salvarla, ovviamente con soldi pubblici.
La storia dei “due pesi e due misure” adottati
dalla Commissione Europea nell’affrontare casi simili verificatisi in paesi
diversi (Italia o Grecia e Germania o Olanda) comincia a preoccupare – e
indignare – seriamente anche europeisti convinti. In questi giorni sia Marco
Onado (su IlSole24Ore) che Angelo De Mattia (su Milano Finanza) hanno
cominciato a dire che così proprio non si può fare e a richiamare il governo
perché si faccia sentire ai tavoli intergovernativi di Bruxelles.
Pochi mesi fa, per il caso Tercas (la banca
di Teramo), la Vestager aveva addirittura bocciato l’intervento del fondo
interbancario – costituito rigorosamente con capitali privati, ossia delle
altre banche italiane – “sospettando” che il governo e la Banca d’Italia (altro
istituto ormai di proprietà privata, ancorché di “interesse pubblico”) avessero
fatto qualche “pressione” affinché ci fosse il salvataggio con fondi privati.
E’ assolutamente evidente che questo
“doppiopesismo” europeo non è un incidente di percorso, una “disattenzione” o
anche un favoritismo extra-regole fatto da un singolo commissario “amico” della
Germania (e degli altri paesi del Grande Nord).
Ma è in qualche modo inscritto nei trattati
e nella governance europea.
Scrive il moderatissimo Onado: “i
meccanismi di risoluzione delle situazioni critiche messi a punto dall’Unione
bancaria hanno generato una casistica in cui appare difficile individuare un
criterio uniforme”, anche se – per salvare la faccia alla Ue – dà la colpa alla
“frammentazione tra ben tre autorità” diverse (Ue, Bce e Mes).
Più direttamente, De Mattia (ex Direttore
generale di Banca d’Italia, ex braccio desto di Antonio Fazio, ex collaboratore
sotto pseudonimo e di diversi giornali di sinistra) ricorda altre
pericolosissime revisioni delle regole europee avanzate dai tedeschi e su cui
anche il nostro giornale ha lanciato un allarme: “attribuzione di un
coefficiente di rischio ai titoli pubblici” e “riforma del meccanismo europeo
di stabilità”.
L’obiettivo non detto di tutte queste
“tendenze” appare addirittura trasparente: appropriarsi di risorse e quote di
mercato finanziario “europei” (ma di altri paesi) per puntellare il sistema
bancario e finanziario tedesco.
Che non versa affatto in buone condizioni.
Fossimo soltanto noi a dirlo, potrebbe sembrare un’illazione “invidiosa” della
ricchezza altrui. Ma sentite cosa scrive il moderato Onado: “le banche tedesche
hanno problemi strutturali e sistemici che il governo di Berlino continua a
negare, preferendo soluzioni caso per caso il cui obbiettivo fondamentale
sembra quello di non mettere in
discussione la natura pubblica delle istituzioni”.
Ma la realtà ha la testa dura, e quindi
“prima o poi i tedeschi dovranno ammettere che non solo il loro sistema
finanziario è estremamente fragile, ma può condizionare, come sta
condizionando, il risanamento di questo settore nevralgico dell’economia
europea”.
Nel frattempo, come rinoceronti in
cristalleria, devastano l’economia altrui perché la loro – diventata egemone
per tutto il continente – non funziona più. Nel corso di una presentazione agli
investitori a Londra, la Mercedes (Mercedes!) ha annunciato “un piano di
efficientamento dei costi, che impone anche un sacrificio in termini di
personale, per recuperare margini e redditività, dato che scommettere sull’auto
elettrica impone consistenti investimenti nell’immediato e ritorni ancora
troppo lontani nel futuro”
L’austerità colpisce anche chi ne ha
beneficiato finora. Pensate un po’ gli altri…
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