da: https://www.linkiesta.it/it/
- di Riccardo Chiaberge
Ha
destato indignazione il caso di Francesca Saraceni, ex terrorista rossa che
percepisce il sussidio. Eppure la legge, votata da Salvini, parla chiaro e lo
può fare. Ma quanti sono invece i furbetti che lo prendono lo stesso, senza
averne diritto?
L’ultimo lo hanno beccato martedì i
carabinieri di Boscoreale, nel napoletano: uno spacciatore di cinquantotto
anni, ufficialmente disoccupato. In regolare possesso del reddito di
cittadinanza. E pochi giorni prima, sempre in Campania, la Guardia di Finanza
aveva arrestato cinque contrabbandieri di sigarette con in tasca la card gialla,
che usavano probabilmente per procacciarsi il contante con la complicità di
qualche farmacista o salumiere.
Che il sussidio caro a Luigi Di Maio
finisca spesso nelle mani sbagliate è risaputo, anche perché mancano i
controlli che erano stati promessi. Ai primi di ottobre aveva infiammato i
social il caso di Federica Saraceni, una brigatista rossa condannata a ventuno
anni di carcere per l’omicidio D’Antona, ora agli arresti domiciliari, per la
cui sussistenza l’Inps erogava un assegno di 623 euro mensili. E il solito
Salvini, tra una Nutella e l’altra, a sbraitare su Facebook: «Vi pare di dare
il reddito di cittadinanza a uno che è stato in galera per omicidio? Oggi torno
in Senato: sono cose incredibili, ho detto ai miei di sospendere la
partecipazione ai lavori fino a che non ci sarà chiarezza su questa vicenda».
Come se quella legge non l’avesse votata
anche lui, con la Lega compatta dietro. Come se non avesse partecipato anche lui,
il 17 gennaio, alla sceneggiata a tre
con Conte e Di Maio, ognuno sventolando il suo trofeo (il Capitano aveva
preferito esibire soltanto il cartello di Quota 100).
E
gli sarebbe bastato rileggersi il testo per scoprire che anche un
terrorista può avere diritto al Reddito, purché la condanna definitiva risalga
a prima di dieci anni fa. Ma come la mettiamo con gli spacciatori e i
contrabbandieri? E con i finti poveri, i nullatenenti col Mercedes? Loro forse
non sono mai stati in galera, non hanno omicidi sulla coscienza. Sono solo “furbetti
del redditino”, come la creatività dei giornalai li ha già ribattezzati.
Innocue macchiette da film di Totò, non delinquenti e imbroglioni che rubano
denaro alla collettività e che meriterebbero la stessa «svolta epocale»
minacciata per gli evasori dall’inflessibile Bonafede.
Bisogna
capirli, dopotutto sono italiani. Fratelli che sbagliano. Ben diverso è il
discorso per gli stranieri. Loro, quelli che sono arrivati coi
barconi, «devono produrre una certificazione rilasciata dall’autorità
competente dello Stato estero», tradotta in italiano e «legalizzata» dal
consolato comprovante «la composizione del nucleo familiare e il possesso dei
requisiti reddituali e patrimoniali». In pratica, devono volare in Ghana, fare
la coda all’anagrafe o al catasto di Accra (ammesso che esista) e procurarsi un
pezzo di carta dal quale si evince che lì non posseggono nemmeno una capanna di
fango o una Vespa scassata. E poi altra coda al consolato per farsi
“legalizzare”. Hanno dimenticato il salto nel cerchio di fuoco e la camminata a
piedi nudi sui carboni ardenti.
Non
stupisce che delle 100mila famiglie a cui l’Inps ha sospeso il sussidio (quasi
una su dieci) per «mancata integrazione della domanda» più
della metà, 53mila, siano di origine extracomunitaria. E questo a dispetto del
fatto, accertato dall’Istat, che la quota di povertà assoluta sia ben più alta
tra gli stranieri (30% contro il 6% dei nativi).
Ha di che esultare Susanna Ceccardi, ex sindaca di Cascina e ora europarlamentare della
Lega, pioniera dell’apartheid de noantri: dopo le case popolari nel suo
comune, anche per il reddito di cittadinanza la precedenza va agli italiani
purosangue.
Orgogliosamente
italiani come quel padovano che subaffittava il bilocale dell’Ater a tre
tunisini irregolari. Lui, catalogato
come indigente, si era trasferito in un’altra casa, e si intascava 600 euro al
mese. Un reddito di cittadinanza, pagato dai tunisini. Sarà stato un devoto
del Cuore immacolato di Maria, uno di quelli che urlano agli immigrati «la
pacchia è finita, dovete tornare a casa vostra». E intanto si faceva aiutare a
casa sua.
La pacchia è finita per lui, grazie ai
Carabinieri. Ma quanti casi come il suo,
nelle periferie delle nostre città? Quanti, a Torre Maura o a Casal
Bruciato, subaffittano l’alloggio del
Comune o hanno la villetta al mare intestata alla vecchia zia? Quanti hanno
fatto l’allaccio abusivo e non pagano la
bolletta della luce? Prima gli imbroglioni italiani.
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