da: Il Fatto Quotidiano - 11
novembre 2019
Presidente
Conte, partiamo dalla strettissima attualità: l’attentato ai nostri militari in
Iraq. Non pensa che, dopo 16 anni di missione militare, sia arrivato il momento
di ritirare le truppe italiane?
Anzitutto mi faccia esprimere la vicinanza
ai cinque militari feriti e alle loro famiglie, oltre agli auguri di pronta guarigione.
Quanto alla missione, rientra nei nostri impegni nel quadro della coalizione anti-Daesh,
a fine di contrastare il terrorismo. I nostri uomini sono impegnati in azioni di
addestramento delle forze di sicurezza irachene. Ultimamente ne sono rientrati 100
in seguito al ritiro della Task force Praesidium impegnata ad assicurare i
lavori presso la diga di Mosul e sul campo ne rimangono circa 500.
La
sua visita a Taranto, iniziata con una contestazione, è finita con un lungo
ascolto. Operai e cittadini le hanno accordato una fiducia a tempo: si rende
conto che quel tempo è poco, poi anche lei passerà per uno che promette e non
mantiene?
Sì, infatti non ho promesso nulla. Ho
soprattutto ascoltato. Quella visita mi ha toccato nel profondo. Ed è servita
specialmente a me per conoscere la realtà e i problemi di Taranto, il ciclo
produttivo dell’ex Ilva, ascoltando tutte le componenti di quella comunità:
quelli che esprimevano rabbia e disperazione, quelli che manifestavano
preoccupazione e malcontento. Questo non allevia, ma aggrava la responsabilità
mia e di tutto il governo per le scelte che dovremo compiere nei prossimi
giorni e nelle prossime settimane.
É
vero che proporrà a Mittal un piano fatto di scudo penale, sconto sul prezzo
d’acquisto e cassa integrazione per migliaia di “esuberi”?
Niente affatto. Stiamo acquisendo col
ministro Patuanelli tutti gli elementi in vista di eventuali soggetti
alternativi, nel caso in cui Arcelor Mittal confermasse la dismissione dell’ex
Ilva. Prepariamo la battaglia legale, convinti di avere ottime probabilità di
successo al Tribunale di Milano. E intanto lavoriamo per una soluzione globale,
che chiameremo “Cantiere Taranto”, per affrontare i vari problemi di quella
comunità ferita da decenni di ambiente avvelenato e vite perdute, che non sono
soltanto l’ex Ilva. Sto invitando tutti i ministri secondo le loro competenze,
le autorità e i comitati locali e tutte le forze produttive del Paese a
proporre progetti da inserire in un piano articolato per il rilancio economico,
sociale, ambientale e culturale di Taranto. Per essere molto chiaro: i
tarantini non saranno mai più soli, né affidati a un solo ministro.
Ma
lo sa quante volte, da quanti governi, se lo sono sentito dire senza vedere poi
nulla di concreto?
Lo so, ma io lo sto dicendo per la prima
volta e chiedo fiducia. Non prometto e non annuncio. Ho detto che la soluzione
in tasca non ce l’ho, la dovremo trovare tutti insieme. Il governo fa la sua
parte. Stiamo predisponendo misure a sostegno dell’occupazione, della
riconversione ambientale, del rilancio dell’Arsenale. E progettando un centro
d’eccellenza di ricerca universitario a Taranto specializzato nella prevenzione
di infortuni sul lavoro e malattie professionali, nella difesa della sicurezza
e dell’ambiente. Chiunque voglia contribuire è il benvenuto.
E
con Arcelor Mittal, quale sarà il primo passo?
Un nuovo incontro a breve con i titolari,
risolutivo per capire che intenzioni hanno per davvero. Hanno avviato
un’iniziativa giudiziaria con tempi lunghi e noi li anticipiamo con un
procedimento cautelare ex articolo 700 del Codice di procedura civile per
ottenere dal Tribunale di Milano una verifica giudiziaria sulle loro e le
nostre ragioni entro 7-10 giorni: non possiamo attendere i tempi lunghi di un
accertamento ordinario.
Pd,
Iv e sindacati confederali vogliono reintrodurre lo scudo penale per “levare un
alibi a Mittal”. E lei?
Per stanare il signor Mittal sulle sue
reali intenzioni, gliel’ho offerto subito: mi ha risposto che se ne sarebbe
andato comunque, perchè il problema è industriale, non giudiziario. Quindi chi vuole reintrodurre lo scudo per levare
un alibi a Mittal trascura il fatto che Mittal non lo usa, quell’alibi. Anche solo continuare a parlarne ci
indebolisce nella battaglia legale, alimenta inutili polemiche e ributta la
palla dal campo di Mittal a quella del governo. Soltanto se Mittal cambiasse idea e venisse a dirci che rispetterà gli
impegni previsti dal contratto – cioè produzione nei termini previsti,
piena occupazione e acquisto dell’ex Ilva nel 2021 – potremmo valutare una nuova forma di scudo.
Che
peraltro sarebbe sempre a rischio di una bocciatura della Consulta.
Quello non si può escludere. E comunque lo scudo non è affatto dovuto ad Arcelor
Mittal: il contratto che hanno siglato nel 2018 non ne parla e l’addendum che
vi accenna non lo contempla, in caso di revoca, come causa valida di
rescissione per mutamento del quadro normativo; la clausola ragiona sì di
modifiche legislative, ma tali da alterare il piano ambientale e rendere
impossibile realizzare, tecnicamente o economicamente, il piano industriale. Ma
ripeto: parlarne oggi, senza impegni da Mittal, è una disquisizione puramente
teorica, inutile e anche dannosa.
La
legge di Bilancio inizia il cammino parlamentare e si annunciano raffiche di
emendamenti dei partiti in barba agli impegni presi in Consiglio dei ministri
“salvo intese”. O malintese?
Il Parlamento è sovrano e, se emergeranno
suggerimenti utili per migliorarla, il governo li valuterà con la massima apertura.
Ma l’impianto e i contenuti essenziali non possono essere rimessi in
discussione: significherebbe stravolgerla. Questa settimana incontrerò i capi
delegazione delle quattro forze politiche di maggioranza e i loro capigruppo nelle
commissioni parlamentari interessate per accompagnare il percorso di approvazione
all’insegna dell’omogeneità.
Renzi
annuncia battaglia sulla plastic taxe sull’imposta per le auto aziendali, che non
piace neppure al M5S.
Il governo, in particolare il Mef, sta
lavorando di suo per anticipare queste obiezioni e rendere ancor più
sostenibili quei due interventi.
Con
quali coperture?
Non posso sbilanciarmi, ma stiamo valutando
con la Ragioneria dello Stato risparmi da altre voci sovrastimate.
Anche
per lei ci sono troppe micro- tasse?
Al contrario, abbiamo cancellato un bel po’
di maxi-tasse: anzitutto l’aumento di 23 miliardi di Iva. E chi prevedeva che
ci saremmo limitati a questo è stato poi smentito: abbiamo trovato altri
miliardi per ridurre le imposte ai
lavoratori, aiutare le famiglie e gli asili nido, abolire il superticket sanitario e, sul lato imprenditori, abbiamo confermato la flat tax al 15% per le partite
Iva sotto i 65mila euro e gli stanziamenti
di Impresa 4.0. Non solo, ma tutti gli strumenti di Welfare dei precedenti governi
sono confermati: Reddito di cittadinanza, Quota 100, 80 euro. Aggiungo gli 11
miliardi per il fondo del Green New Deal, il credito di imposta per gli
investimenti al Sud e gli incentivi del progetto di imprenditoria giovanile “Resto
al Sud”. A fine anno vareremo altre misure per un piano più organico di
rilancio del Mezzogiorno.
Molti
dicono che il suo governo è senz’anima né identità. Come risponde?
Che in meno di due mesi abbiamo gettato le
prime basi per fare dell’Italia un Paese più verde, più digitalizzato,
meno burocratico, con infrastrutture più
efficienti e tasse meno pesanti. E abbiamo varato il pacchetto più organico e
incisivo mai visto finora per la lotta all’evasione e l’emersione dell’economia
sommersa: da un lato inasprendo le pene, anche detentive, e allargando la
possibilità di confisca; dall’altro stanziando 3 miliardi per incentivare la moneta elettronica, senza penalizzare consumatori
ed esercenti che continueranno a usare i contanti. Sono scelte identitarie del governo, non solo
dal punto di vista economico-finanziario, ma anche da quello culturale e
morale: in questa congiuntura così sfavorevole, col Pil che stenta a
crescere, il modo migliore
per recuperare risorse e redistribuire ricchezza
è contrastare duramente l’evasione: da queste misure ci attendiamo molto, per
tagliare finalmente le tasse a chi le paga sempre e tutte.
Sicuro
che la refurtiva recuperata andrà tutta ad abbassare le tasse e non si perderà nei
soliti mille rivoli della
spesa
e dello spreco?
Mi impegno
a destinare pressochè integralmente le
somme recuperate dall’evasione in un fondo per ridurre la
pressione fiscale, insopportabile soprattutto
per alcune categorie. “Pagare tutti per pagare meno” non è il solito
slogan: dall’anno prossimo avremo le
risorse per riformare integralmente il sistema Irpef. Una svolta storica.
Messaggio
encomiabile, peccato che venga oscurato ogni giorno dalla cacofonia dei partiti
giallorosa: se non ci credono loro, alla “svolta storica ”, perché dovrebbero crederci
gli elettori?
Ci sono già abbastanza polemiche perchè ci
aggiunga le mie. Ma una cosa dev’essere chiara: sul fisco ho lanciato un patto con gli italiani e tutta la maggioranza
si impegni in questa svolta storica.
Il
suo governo ricorda Penelope: lei e i ministri tessete la tela fino a notte,
poi l’indomani il solito “alleato” provvede sempre a disfarla.
Alcuni distinguo e accenti diversi sono
fisiologici, fra quattro forze politiche che non avevano mai collaborato tutte
insieme, anzi si erano spesso combattuti. Ora però bisogna rinunciare a
dichiarazioni estemporanee, smarcamenti tattici, rivendicazioni di bandiera
marginali. Marciare compatti per questo disegno riformatore è doveroso, perchè
è su questi impegni concreti che alla
fine saremo giudicati dai cittadini. Non su questa o quell’intervista ai
media, dichiarazione, tweet o
diretta Facebook.
I
quattro leader della maggioranza non si sono mai incontrati tutti insieme. Non
è il caso di riunirli perchè si dicano tutto in faccia, perfezionino il
programma, finora troppo vago, e poi le facciano sapere che intendono fare?
Sì, è il caso. Dopo il varo della manovra,
ho già programmato di invitarli a un week-end di lavoro: tutti parleranno fuori
dai denti, poi raccoglieremo i rispettivi obiettivi, metteremo giù un cronoprogramma dettagliato perché tutti
si impegnino sul che fare e sul quando farlo nei prossimi tre anni e mezzo.
Si
parla di un manipolo di “responsabili ” in arrivo dal centrodestra per
sostenere il suo governo. Lei ne sa niente?
L’ho letto anch’io sui giornali. Ma per ora
nessuno mi ha contattato.
Difficile
crederle.
Le assicuro che è così. Se
qualcuno lo farà, lo dirò.
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