Le
immense ricchezze di Lakshmi Mittal, l’uomo che vuole abbandonare l’Ilva di
Taranto al suo destino, rimandano a un piccolo paradiso nel Canale della
Manica, l’isola di Jersey.
di Angelo
Mincuzzi
Platino, argento, titano, cromo, osmio,
americio. Metalli o elementi del metallo. Chi vuole capire dove sono custodite
le immense ricchezze di Lakshmi Mittal, l’uomo che vuole restituire l’Ilva di
Taranto, deve partire da questi sei nomi e da un piccolo paradiso nel Canale
della Manica, l’isola di Jersey. Qui ci sono i sei trust della famiglia indiana
che controlla il più grande gruppo siderurgico del mondo: ArcelorMittal.
Le
casseforti dei Mittal e dei Riva
E qui a Jersey si mescolano anche gli
ingredienti di una storia che non ha ancora una fine ma che fa emergere
coincidenze dal passato. Perché - per capriccio o ironia della sorte - le
casseforti dei Mittal distano solo una manciata di metri dagli otto trust di
Jersey attraverso i quali le famiglie di Emilio e Adriano Riva controllavano,
guarda caso, la stessa Ilva. O almeno così è stato fino a quando, a causa di
un’inchiesta giudiziaria, i Riva sono stati espropriati dallo Stato e lo Stato
ha poi ceduto l’Ilva - ancora un caso - alla ArcelorMittal della famiglia
indiana.
Mittal e Riva. Riva e Mittal. Su binari
diversi ma paralleli, le storie delle due famiglie si intrecciano in precisi
punti geografici della vecchia Europa e si sovrappongono negli schemi
utilizzati per mettere al sicuro il patrimonio di famiglia. Sullo sfondo, ma
neppure tanto, c'è il dramma dell'Ilva e dei suoi 15mila lavoratori, la
tragedia di Taranto e di quell'aria colorata di ruggine che penetra nei
polmoni. L'incertezza del futuro.
L'uomo
da 12,5 miliardi
Mittal è un uomo seduto su una montagna di
soldi. Tanti soldi. Almeno 12,5 miliardi di dollari
secondo Bloomberg, 11,9
miliardi secondo Forbes, che lo colloca al 129° posto tra i più ricchi della
terra. È lui l'imprenditore che il 6 novembre ha incontrato per tre ore il
presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, e che si appresta a sostenere una
battaglia legale contro il governo italiano in caso di mancato accordo sul
futuro dell'Ilva.
Sessantanove anni, una moglie, due figli,
dal 2008 nel board di Goldman Sachs, Lakshmi Mittal abita in una villa di 5.109
metri quadrati a Kensington Palace, nel centro di Londra, acquistata per 57
milioni di sterline da Bernie Ecclestone. L'abitazione è chiamata “Taj Mittal”
per la sfarzosità dei suoi marmi e del suo arredamento.
Il Sole 24 Ore ha ricostruito i passaggi
attraverso i quali la famiglia del miliardario indiano controlla il 37,39% di
ArcelorMittal, di cui Lakshmi Mittal è presidente e chief executive officer e
il figlio Aditya è responsabile finanziario. La chiave per accedere alle stanze
segrete del patrimonio di Lakshmi Mittal si trova a 2.200 chilometri a Nord di
Taranto. Ma per comprenderlo meglio, bisogna riavvolgere il nastro della storia
e tornare a un'estate di nove anni fa. A Jersey.
I
sei trust di St. Helier
Lakshmi Mittal e sua moglie Usha danno un
ultimo sguardo ai fogli di carta prima di firmare. Quello che hanno davanti è
un documento di 25 pagine zeppo di clausole e di cavilli, scritto con il
linguaggio burocratico che hanno tutti i contratti. Si intitola “The platinum
settlement” ed è l'atto di nascita di un trust: il più importante dei sei che
quel giorno blindano a doppia mandata il controllo di ArcelorMittal, il gruppo
siderurgico che sette anni dopo si aggiudicherà l'Ilva di Taranto.
È venerdì 18 giugno 2010 e come tutti i
venerdì, a St. Helier, ordinata e noiosa cittadina dell'isola di Jersey, nel
Canale della Manica, i pub sono pieni di avventori per un boccale di birra
prima del week end. Il pomeriggio è fresco e il vento ha concesso una tregua nell'isola
di proprietà della Corona britannica. I colori sono l'azzurro del mare e il
verde acceso dei prati su cui pascolano vitelli dalla carne pregiata. Di
impianti siderurgici neppure l'ombra.
Si brinda nei pub del centro. E si
festeggia anche negli uffici della Hsbc Trustee. La società è stata nominata
amministratrice fiduciaria dei trust dell'uomo più ricco della Gran Bretagna,
quell'indiano arrivato dal Rajasthan che con l'acciaio ha ribaltato la storia
dell'Impero britannico colonizzando Londra e l'Europa.
Lakshmi Mittal e sua moglie, insieme ai due
figli Aditya e Vanisha, sono i beneficiari di quei trust i cui nomi
testimoniano un attaccamento all'elemento che ha fatto la loro fortuna: si
chiamano Platinum, Silver, Titanium, Americium, Osmium e Chromium Trust. Nessun
dubbio che appartengano alla più importante dinastia dell'acciao.
I poteri di Mr. Mittal
Jersey è il regno dei trust, un istituto
giuridico nato nel mondo anglosassone all'epoca delle Crociate, quando tra il
1300 e il 1400 i Cavalieri che partivano dalla Gran Bretagna per la Terra Santa
affidavano i loro beni a persone di fiducia che li amministravano durante la
loro assenza: i trustee. Gli averi venivano poi restituiti al legittimo
proprietario al suo ritorno, oppure alla sua famiglia in caso di morte.
I sei trust erigono un muro di riservatezza
intorno agli averi della famiglia Mittal. In teoria il trust crea una
separazione tra i beni e i suoi proprietari, che non ne possono più disporre
avendoli affidati a un trustee: in questo caso Hsbc. Ma la legge di Jersey è
una legge particolare. E tra le clausole dell'atto di nascita dei sei trust ce
n'è una che dice che ogni decisione importante deve essere assunta con il
consenso scritto di Lakshmi Mittal, che è contemporaneamente settlor (cioé il
disponente), il protector e il beneficiario dei trust.
IN
SEI FIDUCIARIE LE CHIAVI DELL'IMPERO ARCELORMITTAL
Le società che permettono alla famiglia di
Lakshmi Mittal di controllare la società siderurgica
Sulla
rocca di Gibilterra
Il possesso e i dividendi delle azioni
ArcelorMittal finiscono ai beneficiari dei sei trust. Ma non direttamente.
Prima i soldi devono percorrere migliaia di chilometri in mezza Europa, in gran
parte all'interno di paradisi fiscali.
I trust controllano il 100% di una società
che è a 1.939 chilometri di distanza da Jersey. È la Grandel Limited,
domiciliata nel paradiso fiscale di Gibilterra. Il Platinum e il Silver Trust
posseggono rispettivamente il 70% e il 30% delle azioni di tipo A della
Grandel. Si tratta di titoli che posseggono il diritto di voto ma non il diritto
a percepire un dividendo. Gli altri quattro trust si dividono il 100% delle
azioni di tipo B, che percepiscono una remunerazione ma non hanno la
possibilità di votare.
Con 35mila abitanti e 60mila società
registrate, a Gibilterra le imprese pagano solo il 10% di imposte sugli utili e
se non svolgono alcuna attività nel territorio britannico d'oltremare possono
esserne addirittura esentate. Qui si concentrano i dividendi che la famiglia
Mittal riceve dalla sua partecipazione azionaria nel gruppo ArcelorMittal e
nelle altre società che controlla. Dividendi che vengono poi incassati dai
trust di Jersey.
L'approdo
nel Granducato
Per arrivare ad ArcelorMittal la strada è
però ancora lunga. Bisogna percorrere altri 2.314 chilometri per varcare i
confini del Lussemburgo, dove i Mittal posseggono il 100% della Value Holdings,
società che nel 2018 ha registrato un utile netto di 346 milioni di dollari,
dopo aver ripianato perdite precedenti per 915 milioni di dollari.
Value Holdings è l'entità che controlla le
due società che hanno direttamente in pancia le azioni di ArcelorMittal: la
Nuavam Investments (che possiede il 6,24% di ArcelorMittal) e la Lumen
Investments (che controlla invece il 31,15% del gruppo siderurgico). I
dividendi che queste due società hanno pagato a Value Holdings sono ammontati
nel 2018 a 37 milioni di dollari. È questo il guadagno che la famiglia Mittal
ha ricavato dal possesso delle azioni di ArcelorMittal. E qui il passato torna
a sovrapporsi al presente. Nel Granducato c’erano (e ci sono ancora) anche i
Riva, che controllavano Ilva attraverso le holding Utia e Stahlbeteiligungen.
Lo schema, insomma, si ripete.
Dai trust di Jersey alla ArcelorMittal, ci
sono dunque tre livelli intermedi che si interpongono tra la proprietà e la
holding quotata del gruppo siderurgico. E scendendo ancora più in basso c'è un
altro livello prima di arrivare all'ex Ilva: la Am Investco Italy.
Gli
interessi in Italia
Ma la più grande acciaieria europea non è
l'unico interesse della famiglia Mittal in Italia, dove opera tra l'altro anche
la ArcelorMittal Italy Holding. A Massalengo, in provincia di Lodi, e a
Podenzano (Piacenza) ci sono gli stabilimenti della Aperam Stainless Services
& Solution, 180 dipendenti, 262 milioni di fatturato nel 2018 e un utile di
1,7 milioni. La società fa capo alla lussemburghese Aperam SA, controllata
dalla Value Holdings II, a sua volta posseduta dalla Grandel II Limited,di
Gibilterra. Dove abbiamo sentito questi nomi? Lo schema è esattamente lo
specchio di quello di ArcelorMittal, ma in questo caso raggruppa le società
siderurgiche della famiglia indiana che non fanno parte di ArcelorMittal.
Lakshmi Mittal, dunque, lascerà pure la ex Ilva ma non abbandonerà l'Italia. E
i dividendi, mercato permettendo, continueranno ad affluire verso i verdi prati
dell'isola di Jersey.
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