Quando nei primi giorni del 2018 - governo Gentiloni - fu introdotto il pagamento dei sacchetti biodegradabili a parecchi, me
compresa, girarono le palle.
Alcuni commentarono le reazioni nel web
come esagerate. C’era altro di cui indignarsi, per cui incazzarsi. Dopo tutto,
si trattava solo di un centesimo.
Il punto della questione non era però 1
centesimo o due o quattro. Il punto
della questione era che il costo di quei sacchetti lo pagavamo già. I
commercianti, le catene di supermercati, ribaltavano già quel costo su quello
dei prodotti. Il “solo un centesimo” significava pagare due volte il sacchetto
biodegradabile. Ergo: essere presi per il sedere.
Novembre 2019, manovra finanziaria del 2020. Stavolta tocca alla tassa sulla plastica. Che, ovviamente, aumenterà il prezzo dei prodotti.
Il governo
Conte 2 - con l’eccezione di Renzi, impegnato giornalmente a picconarlo in
attesa di staccargli la spina - sostiene che tale tassa è “virtuosa”. In questo modo si spingerebbero le aziende a
sostituire la plastica con materiale compostabile. I contrari all’applicazione
di questa tassa sostengono che bisognerebbe introdurre incentivi anziché
applicare tasse per indurre all’abbandono della plastica. Tra i detrattori
della tassa ci sono i produttori di plastica in Emilia Romagna. Poiché le elezioni regionali in questa regione
sono a fine gennaio, la tassa sarà “rimodulata”
o abolita.
Del resto, si tratta di una tassa idiota…
La plastica
- come i sacchetti - la paghiamo già. Non ci viene certo scontato il costo
della plastica. Se verrà introdotta una tassa, il prezzo del prodotto
aumenterà. Ma anche l’incentivo impatterà nelle nostre tasche.
Diversamente da Boccia e altri rappresentanti del mondo industriale, non credo
affatto che esistano così tante aziende, piccole o medie o grandi, che si
astengano dall’aumentare i propri profitti per intascarli, non per reinvestirli.
Quindi…
Qualora s’introducano incentivi per spingere verso una riconversione ecologica, le
aziende intascheranno tali incentivi e ritoccheranno i prezzi dei prodotti.
Sarà una buona occasione per aumentare i prezzi.
Certo, ci potrebbero essere dei motivi
oggettivi: il materiale compostabile può costare per le aziende più della
plastica. Peccato che noi consumatori
non potremo verificare questa circostanza.
Ma ci sarà anche la voglia di incrementare i profitti. Ergo: le aziende
aumenteranno i prezzi per coprire il
costo del nuovo materiale, aggiungendo quel tanto che serve per
incrementare profitti. Solo aziende che hanno una forte concorrenza e una
distribuzione capillare potrebbero rinunciare a certi aumenti per non mettere a
rischio fasce di mercato.
Insomma, con la tassa sulla plastica aumenterà il prezzo dei prodotti. Con la riconversione a materiale ecologico avremmo
comunque un incremento dei prezzi. Poiché noi consumatori saremo - come
sempre - cornuti e mazziati, bisognerebbe avere il buon gusto di evitare doppi esborsi:
se venisse approvata la tassa sulla plastica ci troveremo a pagare maggiormente
il prodotto e pagheremo (solo quelli che
pagano le tasse, ovviamente) l’incentivo statale per la riconversione
industriale che porterà alla fine ad avere materiale compostabile per la gioia
di Greta e di tutti noi che ci lamentiamo (giustamente) di come è stato
rovinato il pianeta.
La tassa
sulla plastica è stupida. Perché non raggiunge un obiettivo positivo per la
collettività. E’ solo un ulteriore esborso
per le nostre tasche e non disincentiva i produttori ad abbandonare la
plastica.
Insomma, ci saranno aziende che continueranno a utilizzare la plastica aumentando il costo
dei prodotti per scaricare la tassa sui consumatori. Solo aziende con una
visione realistica si riconvertiranno, posto che, la riconversione non si fa in
tempi brevi e richiederebbe, oltre a incentivi
statali che non si sa tra quanti anni incasseranno, ulteriore credito. Cioè
finanziamenti da banche.
Gli incentivi sono comunque opportuni considerando
il peso di questo settore industriale nell’economia del nostro paese e,
conseguentemente, la riconversione industriale va supportata. La pagheremo noi consumatori
ma, almeno, sarà una spesa che serve per il futuro.
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