da: Il Fatto Quotidiano
Lunedì sera, gli svariati milioni di italiani che davanti alle tv cercavano di saperne qualcosa di più
sull’imbroglio ex Ilva, hanno capito che il governo è formato da una manica di
imbecilli (e forse pure di venduti allo straniero, a sentire i sovranisti
un tanto al chilo). Dementi che rischiano di mandare in malora il più grande
impianto siderurgico d’Europa, con l’annunciata fuga di ArcelorMittal, e dunque
di mettere sul lastrico 20mila
lavoratori tra operai e occupati nell’indotto. Una catastrofe sociale senza
precedenti per Taranto e la Puglia che potrebbe
costare all’Italia qualcosa come l’1,4 per cento del Pil. Un suicidio perfetto che d’ora in
avanti convincerà qualsiasi investitore
estero a starsene prudentemente alla larga da un Paese guidato da un ex bibitaro dello stadio San Paolo nonché da
incompetenti patentati felici di mandare in galera gli imprenditori di
buona volontà, e che teorizzano la “decrescita felice”, ovvero il ritorno
all’età della carrozza a cavalli e dei mulini a vento. Questa è una breve
sintesi (testuale) di ciò che abbiamo ascoltato saltando da un canale
all’altro, dibattiti tutti indistintamente dominati dallo sgomento e da una
mesta considerazione: in che mani siamo finiti.
Ma
le cose stanno davvero così? E chi lo sa? Infatti l’altra sera mentre il governo veniva ridotto a
brandelli, la voce del governo semplicemente non c’era. O se c’era non si
sentiva proprio. Chiariamo subito: per
ragioni di ascolto non esiste talk, perfino il più faziosamente avverso al
Conte bis che non farebbe carte false per avere in studio un ministro, un
viceministro o anche un semplice sottosegretario in grado di controbattere alle
accuse di incapacità, sottomissione al nemico ecc. con gli argomenti che
sicuramente al Conte bis non mancano. Un problema sicuramente avvertito a
Palazzo Chigi,
tanto è vero che per ore è stato annunciato un video del
premier, mai apparso. Con il risultato
che ieri mattina, nei discorsi da bar
(che poi diventano schede sonanti nell’urna) la percezione di un maggioranza
allo sbando era quella appena descritta. Con un sottotesto anch’esso percepibile: quando arriva Salvini?
Questo diario non ha le pretese, e neppure
le necessarie competenze per addentrarsi nel roveto ardente dell’ex Ilva anche
se un’opinione se l’è fatta: che cioè ArcelorMittal
aspettasse soltanto la scusa buona per ricattare lo Stato
italiano, l’alibi per sganciarsi
da un investimento considerato non più
produttivo. Visto che ciò era noto
anche ai sassi, a seguito dell’emendamento
soppressivo dello scudo penale – a firma
M5S, votato da Pd, Italia Viva e LeU –, ci si chiede perché mai il governo non abbia giocato d’anticipo ponendo subito
un perentorio chi va là! alla multinazionale francoindiana? In modo da non
farsi trovare del tutto impreparato, come invece è avvenuto.
Possibile, come abbiamo letto da qualche
parte, che il ministro dello Sviluppo
economico, Stefano Patuanelli (che conosciamo come persona seria) avesse
pochi giorni fa tranquillizzato i
colleghi dell’esecutivo assicurando che la proprietà della fabbrica non
aveva intenzioni ostili? Ne capiremo di più nei prossimi giorni, anche se il
problema centrale resta quello dell’evidente squilibrio tra la sempre più invasiva
comunicazione dell’opposizione di destra e la sempre più flebile e balbettante comunicazione giallorossa.
Può darsi che il governo parli poco (e male) perché non sa cosa dire. Più
credibile l’idea di un risiko dei
Malavoglia, con il quale ogni pezzo
della maggioranza cerca di mangiarsi un altro pezzo, possibilmente quello
elettoralmente più contiguo, per ragioni di pura propaganda. Un giochino al
massacro che è sotto gli occhi di tutti quando nei vari salotti televisivi
assistiamo alla polemica di Carlo
Calenda contro Matteo Renzi, di Matteo
Renzi contro Nicola Zingaretti, di Calenda
e Renzi contro Conte, dei Cinquestelle
contro chi capita.
Mentre sull’altro versante, dimenticati i nefasti del Papeete e
rinvigorito dal plebiscito umbro, il salvinismo ha ben compreso che non c’è
bisogno di agitarsi più di tanto, e ciò nella fiduciosa attesa che il Conte bis
imploda per conto suo.
Domanda
a Conte, Zingaretti e Di Maio (a Renzi è inutile):
prima che l’alleanza Pd-M5S finisca definitivamente in frantumi (oggi, stando
ai sondaggi, i due partiti insieme valgono la Lega da sola), per salvare il
salvabile non sarebbe meglio
piantarla con queste insopportabili guerricciole? E farsi sentire con una voce sola, forte e chiara? Altrimenti non
sarebbe meglio andare quanto prima al voto?
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