domenica 24 novembre 2019

Paolo Natale: Il declino dei 5 stelle (?)



Cosa sta accadendo al Movimento 5 stelle e, più in generale, a quei movimenti che, nati circa un decennio fa, sembravano poter mutare in maniera sensibile il modo di far politica, e il rapporto che si instaura tra attori politici e cittadini?

Non solo in Italia, ma anche in alcuni altri paesi europei (prima di tutto in Germania, con i Piraten, e poi in Spagna, con Podemus e Ciudadanos) erano nate “dal basso” forze politiche che si ponevano in netta ed evidente contrapposizione con i tradizionali partiti, con l’idea che per rivalutare la politica occorresse rimettere al centro i cittadini, gli elettori, impostando una rinascita a partire da loro stessi: uno vale uno. Niente più caste, niente più professionisti della politica, niente più consumati attori che recitavano su un loro palcoscenico senza interessarsi realmente al paese e ai suoi veri bisogni.

Solo cittadini che si impegnavano a intervenire personalmente, senza (troppi) tornaconti economici, senza sporcarsi troppo le mani con gli antichi giochi di potere, tentando di legiferare con azioni portate avanti dalla base, dai militanti, dagli attivisti. La politica dal basso, sottosopra. E gli eletti dovevano essere persone qualsiasi, senza appartenenze, dotate di senso comune e capaci di agire politicamente per cambiare le cose realmente, senza finzioni né patti con il Palazzo, come avrebbe detto Pasolini.


Pareva così, inizialmente. Soprattutto in Italia e Spagna questi movimenti sembravano trovare un buon appoggio dalla popolazione elettorale, denunciando quel che di male c’era nella Politica ufficiale, proponendo un percorso affatto differente: meno soldi, meno caste, meno “mafia” parlamentare, desiderosa solamente di perpetuarsi nel tempo, indifferente alle condizioni e alle richieste della cittadinanza.

Venivano così ben giudicati, questi movimenti, che già alle prime consultazioni legislative, e poi alle amministrative, riuscivano a sfondare la quota di consensi del 15, del 20 per cento, ipotizzando una vera rivoluzione nel quadro politico tradizionale. Il nuovo che avanzava iniziava a far paura ai vecchi partiti, che cercavano di porre rimedio, a livello comunicativo, tacciandoli di qualunquismo, di impreparazione, di qualche pressapochismo.

Il governo locale e poi quello centrale erano le tappe successive di questa ondata di straordinaria novità. Ma poi, poi qualcosa si è inceppato. Una volta giunti essi stessi al potere, o nei suoi pressi, sono iniziate le difficoltà: l’arte del buon governo non si può improvvisare, e deve essere accompagnata da idee forti sul paese, sull’indirizzo delle politiche economiche e sociali, sulla capacità di gestire l’estrema complessità delle nostre democrazie. Non bastano le parole, sia pure “nuove”.

Così, si avvicina il declino, forse irreversibile stando su quel lato della barricata, nei ruoli di comando. Se questi movimenti non tornano a fare ciò in cui riescono meglio, l’antica opposizione dura e pura contro le malefatte degli “altri”, rischiano di scomparire, così repentinamente come sono nati. Il potere, se non si è ben preparati, logora chi ce l’ha.

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