La
riforma che non piace a Salvini e Di Maio, senza che si capisca perché
Stanno
attaccando duramente la riforma di un trattato europeo – il MES – che loro
stessi avevano avviato e votato più di un anno fa
Il secondo
governo Conte sta ricevendo molte
critiche dall’opposizione ma anche da una parte importante della maggioranza a
causa delle nuove regole in discussione
in Europa per cambiare il Meccanismo Europeo di Stabilità (MES), il fondo
incaricato di aiutare i paesi in crisi che adottano l’euro, che da oltre un
anno sta subendo un complesso processo di riforma.
Il primo a criticare la riforma è stato il
capo della Lega Matteo Salvini, che
ne ha parlato ieri così: «Il “Sì” alla
modifica del MES sarebbe la rovina per milioni di italiani e la fine della
sovranità nazionale». Il Movimento 5
Stelle ha reagito quasi immediatamente all’attacco di Salvini. Prima un
gruppo di parlamentari ha criticato la riforma e chiesto al presidente del
Consiglio Giuseppe Conte di riferire sulla materia. Il capo politico Luigi Di
Maio si è subito schierato con i suoi deputati e oggi ha detto al Corriere
della Sera che «una riforma del MES che stritola l’Italia non è accettabile».
Gli attacchi
di Salvini e Di Maio sono arrivati in maniera abbastanza inaspettata, non
solo perché in questo momento non ci
sono novità particolari su questo fronte, ma anche poiché è la prima volta
che i due leader politici – prima avversari, poi alleati, oggi di nuovo
avversari – criticano una riforma con
cui hanno avuto a che fare sin dall’inizio del suo percorso, nel giugno del
2018. I principi su cui si basa il testo
in
discussione, per esempio, sono stati
approvati dai capi di governo europei, Conte compreso, nel dicembre 2018,
quando Salvini e Di Maio erano in maggioranza, mentre i dettagli sono stati
approvati a giugno 2019 dai ministri dell’Economia dell’eurozona (sempre con
Salvini e Di Maio alleati).
All’approvazione
definitiva del testo manca ancora una riunione dei capi di governo a dicembre e poi la ratifica del Parlamento italiano.
Non è chiaro quindi come mai la polemica sia nata proprio ora. Il percorso
della riforma del MES non ha visto particolari accelerazioni negli ultimi
giorni, né sembra che il nuovo governo abbia cercato di nascondere qualcosa al
Parlamento: sin dal 7 novembre, cioè quasi due settimane prima che Salvini
iniziasse la polemica, il ministro
dell’Economia Gualtieri, favorevole alla riforma, aveva chiesto di essere ascoltato dalle commissioni Finanza per
spiegare l’evoluzione delle trattative. Gualtieri ricorda anche che la
riforma dovrà essere ratificata da un
voto nel Parlamento italiano l’anno prossimo, quando tutti avranno la
possibilità di esprimere i loro eventuali dubbi.
Ma l’altro
elemento poco chiaro è proprio cosa,
esattamente, Salvini e Di Maio abbiano contro questa riforma. Nessuno dei due, infatti, ha mosso critiche
precise e non lo ha fatto nemmeno Giorgia Meloni, la leader di Fratelli
d’Italia che ha definito la riforma un modo di creare una “super Troika” che
comanderà gli stati europei. Altri esponenti dell’opposizione hanno detto che il nuovo MES metterà fine alla «sovranità»
del nostro paese, ma anche qui non è chiarissimo come potrebbe essere raggiunto
questo obiettivo.
Il problema principale è che la riforma del
MES è molto importante, ma allo stesso tempo estremamente complessa e non è
facile da comprendere e spiegare per i non addetti ai lavori. La prima cosa da
sapere è che il MES è lo strumento
principale di cui, durante la crisi, l’eurozona si è dotata per fronteggiare le
crisi dei debiti sovrani, cioè quando uno stato si trova nella situazione
di non riuscire più a ripagare i propri debiti, visto che nella nostra attuale
architettura economica non è possibile finanziare il debito tramite inflazione,
cioè stampando denaro.
In poche parole, il MES è quindi una struttura a cui gli stati conferiscono
denaro (centinaia e centinaia di miliardi di euro) e che può usare questo
denaro per fornire aiuti agli stati in difficoltà. Se la situazione è così
grave che le risorse del MES risultano insufficienti, il MES può coinvolgere la
Banca Centrale Europea, che in cambio di un programma di riforme concordato
proprio con il MES può mettere in atto i suoi strumenti di finanziamento del
debito senza limiti (le famose “OMT”).
Trattandosi di un accordo complesso fra
numerosi stati, è inevitabile che non tutto piaccia a tutti. Silvia Merler,
capo ricerca dell’Algebris Policy & Research Forumis, ha scritto su
Twitter che, per esempio, la riforma del MES backstop è positiva per
l’Italia (in sostanza, il MES potrebbe fornire liquidità al fondo europeo
incaricato di aiutare le banche in difficoltà), mentre il PCCL/ECCL rischia di
essere inefficace (si tratta di una modifica al funzionamento del MES che
permette agli stati in difficoltà di chiedere aiuto senza bisogno di impegnarsi
in draconiani piani di riforma, ma limitandosi a fornire una lettera di
intenti).
Sarebbe invece più preoccupante, come ha detto per esempio il governatore di Banca d’Italia Ignazio Visco e come ha
scritto tra gli altri LaVoce.info,
la decisione di introdurre la “single limb CACs” in tutti i titoli di stato
emessi a partire dal 2022 (significa che sarà più facile imporre una perdita a coloro che hanno acquistato
titoli di stato, come furono obbligati a fare gli acquirenti di titoli di stato
greci nel 2011, il che potrebbe tradursi in una richiesta di maggiori
rendimenti per acquistare titoli pubblici di paesi percepiti a rischio, come
l’Italia). Per chi fosse interessato, il centro studi Bruegel ha pubblicato un’esaustiva
guida a questi nuovi strumenti.
Non sono in ogni caso strumenti che
porteranno a “perdite” significative della sovranità italiana, bensì numerose modifiche tecniche molto
specifiche, frutto di un lungo negoziato, e che inevitabilmente avranno
diversi impatti su diversi paesi. La polemica
di questi giorni sembra quindi
opportunistica e tutta interna al
nostro sistema politico, così come furono le polemiche contro il famigerato
“bail-in” bancario, criticato da
tutte le forze politiche che pochi mesi
prima ne avevano votato l’introduzione.
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