da: Il Fatto Quotidiano
Mai avremmo immaginato di arrivare a
invidiare la Grecia, che fino all’altroieri sembrava esistere in Europa solo
per evitare all’Italia l’ultimo posto nelle classifiche e nelle statistiche.
Ora anche quel momento è arrivato. È vero che quello che Tsipras gabella per un
trionfo sulla Troika e per la fine dell’austerità è, in realtà, una discreta
capitolazione sulle promesse agli elettori per vincere le elezioni. Ma sentirlo
parlare di un piano straordinario di lotta all’evasione e alla corruzione e di
una patrimoniale sui grandi capitali per rientrare nei parametri comunitari e
anche per aumentare i salari pubblici ci provoca attacchi incontrollabili di
ellenofilia.
Dunque il mantra, molto in voga da noi, secondo cui le “riforme” che ci “chiede l’Europa” devono obbligatoriamente passare per
le larghe intese, il massacro dei
pensionati, l’abolizione dei diritti
dei lavoratori, la cieca obbedienza
a Confindustria e alle altre lobby padrone, lo smantellamento delle garanzie costituzionali,
lo strapotere dei governi e delle
maggioranze, la mordacchia alle
opposizioni e la compressione del diritto di voto, è una balla sesquipedale. Il patto sottoscritto da tutti gli Stati
europei va garantito da regole
uguali per tutti e da
sanzioni severe per chi sgarra. Ma le modalità per recuperare le risorse necessarie a rimettersi in
carreggiata appartengono alla
discrezionalità politica dei governi dei singoli Stati, che decidono
liberamente in base ai loro programmi e al patto stipulato con i rispettivi
elettori.
In Spagna
ha vinto la destra di Rajoy che
dunque governa con politiche di destra. In Grecia
ha vinto la sinistra di Tsipras che dunque governa con politiche di
sinistra. Poi c’è l’Italia, dove governa Renzi che non ha vinto le
elezioni (a parte le comunali a Firenze e le europee), con una maggioranza in parte illegittima
(drogata dal premio del Porcellum incostituzionale) e in parte raccogliticcia (il Nuovo Centro Destra ha preso voti
insieme a B. contro e in alternativa al Pd; Scelta civica ha preso voti contro
e in alternativa al Pd e a B.; e gli ex-M5S han preso voti contro e in
alternativa a Pd, a B. e a Scelta civica). Infatti, dal Jobs Act alla giustizia,
dall’evasione alla riforma elettorale
e costituzionale, Renzi realizza politiche che nemmeno B. e Monti s’erano azzardati ad
attuare e neppure Confindustria
aveva osato sperare.
Tsipras,
fra le “riforme” che portano gettito, mette in prima fila la lotta all’evasione
e alla corruzione. E fa benissimo perché, nei paesi a
malaffare diffuso come Grecia e Italia, la manovra finanziaria si fa così:
attingendo le risorse negli enormi serbatoi del nero e facendo pagare la crisi
ai delinquenti. Che ad Atene sono tanti e pingui. Ma mai come in Italia, dove
ai reati dei colletti bianchi va aggiunta la voce “criminalità organizzata”.
Eppure da noi, su questi tre freni a mano tirati sullo sviluppo, si continua a
cincischiare con ddl annunciati e mai varati, e che anche se fossero varati
vedrebbero la luce dopo anni luce. E le
coperture dell’ultima manovra sono garantite dai soliti noti: tagli lineari
agli enti locali (con aumenti di tariffe e tasse locali) e clausole di salvaguardia (che faranno aumentare le tasse dal 2016 di
una ventina di miliardi l’anno).
Niente
patrimoniale, niente lotta straordinaria a corruzione, evasione e mafie. Anzi,
un sacco di favori a corrotti e corruttori (la prescrizione non si tocca),
evasori (soglie di impunità) e mafiosi (tutto come prima). Finché regnavano le
larghe intese con B., dichiarate (governi Monti e Letta) o meno (Patto del
Nazareno), Renzi aveva l’alibi dell’alleato riottoso. Ora che il Patto è
sciolto (così almeno ci dicono i due ex soci), le chiacchiere stanno a zero. Se
le priorità del governo sono le ferie (tagliate per decreto) e la
responsabilità civile dei magistrati (a tappe forzate con la scusa dell’Europa,
che in realtà chiede tutt’altro), non è colpa di nemici esterni o interni. È
che anche sotto Renzi l’Italia rimane una Repubblica fondata sulle mafie,
sull’evasione e sulla corruzione. Noi, naturalmente, speriamo sempre di essere
smentiti. Altrimenti, che aspetta l’Europa a commissariarci per davvero?
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