venerdì 20 febbraio 2015

Alexander MacCall Smith: Le lacrime della giraffa /1



La casa del signor JLB Matekoni

Il signor JLB Matekoni, proprietario dell'officina meccanica Speedy Motors di Tlokweng Road, trovava difficile convincersi che la signora Ramotswe, la distinta fondatrice della Ladies' Detective Agency n. 1, avesse accettato di sposarlo. Ciò era avvenuto alla seconda proposta; la prima volta che si era fatto avanti, gesto che aveva richiesto da parte sua un immenso coraggio, era incorso in un rifiuto - cortese e colmo di rammarico -, ma cionondimeno un rifiuto. Di conseguenza, ne aveva dedotto che la signora Ramotswe non si sarebbe mai risposata; che la breve e disastrosa esperienza coniugale con Note Mokoti, trombettista e appassionato di jazz, l'avesse indotta a ritenere il matrimonio null'altro che una ricetta del dolore e della sofferenza. Dopotutto, era una donna dal carattere indipendente, con un lavoro e una bella casa tutta sua in Zebra Drive. Perché mai, si era chiesto, una donna del genere dovrebbe prendersi un uomo, dato che un uomo può rivelarsi assai difficile da gestire una volta che i voti siano stati scambiati e lui le sia entrato in casa? No, se fosse stato nei panni della signora Ramotswe, anche lui avrebbe
probabilmente rifiutato una proposta di matrimonio, sia pure da un soggetto altamente ragionevole e rispettabile quale lui era.

[…] Sentì un rumore alle spalle e sobbalzò. Il capanno della pompa era un posto tranquillo, e fino a quel momento l'unico suono era stato quello degli uccellini fra i rami delle acacie. Questo era un suono umano. Si guardò attorno ma non vide niente. Poi lo sentì di nuovo, attraverso i cespugli, un rumore stridulo come di una ruota che avesse bisogno di essere oliata. Forse uno degli orfani stava spingendo una carriola o uno di quei carretti giocattolo che i bambini si costruiscono con pezzi di cassette e lattine.
Il signor JLB Matekoni si pulì le mani su uno straccio che si rificcò in tasca. Il rumore si avvicinava, e poi la vide emergere dalla macchia di cespugli che nascondeva le curve del sentiero: una sedia a rotelle su cui era seduta una bambina che spingeva da sola la sedia stessa. Quando alzò lo sguardo dal sentiero e vide il signor JLB Matekoni si fermò, con le mani strette al bordo delle ruote. Si fissarono per un attimo, poi lei sorrise e percorse gli ultimi metri del sentiero.
Lo salutò nel modo giusto, da ragazzina beneducata.
«Spero che tu stia bene, Rra» disse, porgendogli la mano destra e posando la sinistra sull'avambraccio, in segno di rispetto.
Si strinsero la mano.
«Spero di non avere le mani troppo unte» disse il signor JLB Matekoni. «Sto lavorando alla pompa.»
La ragazzina annuì: «Ti ho portato un po' d'acqua, Rra. La signora Potokwane ha detto che sei venuto qui senza niente da bere e che forse avevi sete».
Cercò nella borsa che era appesa alla sedia e tirò fuori una bottiglia.
Il signor JLB Matekoni la prese con gratitudine. Poco prima si era accorto di avere sete e aveva rimpianto di non essersi portato un po' d'acqua. Bevve una sorsata dalla bottiglia e intanto guardò la ragazzina. Era ancora piccola, undici o dodici anni, e aveva un bel viso aperto. Aveva i capelli pettinati a treccioline e ornati di perline. Portava un vestitino azzurro, stinto, quasi sbiancato dai ripetuti lavaggi, e ai piedi un paio di vecchie scarpe da ginnastica tutte scalcagnate.
«Abiti qui?» le chiese. «Alla fattoria?»
Lei annuì. «Sono qui da quasi un anno» rispose. «C'è anche il mio fratellino. Lui ha cinque anni.»
«Da dove venite?»
Lei abbassò lo sguardo. «Dalla zona di Francistown. La mia mamma è morta anni fa. Prima abitavamo con una donna, nel suo cortile. Poi ci ha detto che ce ne dovevamo andare.»
Il signor JLB Matekoni non disse niente. La signora Potokwane gli aveva raccontato la storia di qualcuno degli orfani, e ogni volta si era sentito straziare il cuore. Nella società tradizionale non esistevano bambini abbandonati; c'era sempre qualcuno che si occupava di loro. Ma le cose stavano cambiando, e adesso esistevano gli orfani. Soprattutto da quando c'era quella malattia che si stava diffondendo in tutta l'Africa. Adesso c'erano molti più bambini che non avevano i genitori e per alcuni di loro non c'era altro posto dove andare all'infuori dell'orfanotrofio. Era successo così a questa bambina? E come mai era sulla sedia a rotelle?
Il signor JLB Matekoni interruppe queste riflessioni. Era inutile speculare su cose per le quali non si poteva fare nulla. C'erano domande più immediate a cui trovare una risposta, per esempio perché quella sedia a rotelle faceva tanto rumore.
«La tua sedia cigola» disse. «L'ha sempre fatto?»
Lei scosse la testa. «Ha cominciato qualche settimana fa. Credo che abbia qualcosa che non va.»
Il signor JLB Matekoni si accovacciò per esaminare le ruote. Non aveva mai riparato una sedia a rotelle, ma capì subito qual era il problema. I cuscinetti erano secchi e impolverati - sarebbe bastato oliarli - e il freno faceva attrito. Ecco perché cigolava.
«Ti metto giù un attimo» disse. «Puoi stare seduta sotto l'albero mentre aggiusto la tua sedia.»
Sollevò la ragazzina e la depose dolcemente sotto l'albero. Poi rivoltò la sedia, liberò il blocco del freno e risistemò la leva che lo azionava. Mise un po' di olio nei cuscinetti e provò a far girare le ruote. Niente attrito e niente rumore. Raddrizzò la sedia e l'avvicinò al punto dov'era la ragazza.
«Sei stato gentilissimo, Rra» disse lei; «adesso devo tornare a casa se no la governante penserà che mi sono persa.» Se ne andò lungo il sentiero, lasciando il signor JLB Matekoni al suo lavoro. Procedette con le riparazioni e un'ora dopo aveva finito. Fu molto soddisfatto quando mise in moto la pompa e vide che funzionava con una certa scioltezza. Ma il suo intervento non avrebbe avuto effetti duraturi, e sapeva che sarebbe dovuto tornare a smontarla definitivamente. E allora come avrebbero fatto a innaffiare le verdure? Quello era il guaio, a vivere in un paese così arido. Tutto, dalla vita umana alle zucche, aveva un'autonomia molto limitata.

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