I
conti neri della Svizzera. Ecco chi c'è nella lista Falciani
Rivelati
i documenti di Hervé Falciani con i titolari di depositi nella banca Hsbc per
100 miliardi. Ci sono politici, imprenditori, star dello sport e dello
spettacolo di tutto il mondo, da Phil Collins a Fernando Alonso. Ma anche
trafficanti, cassieri delle dittature ed evasori. Tra gli italiani lo stilista
Valentino, Briatore e Valentino Rossi. Che replicano: nessun problema di tasse
di Gianluca
Di Feo e Leo Sisti
È il più grande atto d'accusa contro i
metodi delle banche svizzere, che hanno permesso di riciclare i tesori di
politici, sovrani, evasori, mediatori di tangenti, trafficanti di armi e di
diamanti di tutto il mondo. Dopo anni di voci confuse, superficiali,
frammentarie, mai accertate, ecco la “lista Falciani”, l'elenco completo dei
centomila clienti che hanno depositato cento miliardi di dollari nei forzieri
della Hsbc, uno degli istituti più grandi del pianeta.
Tra una marea di imprenditori e uomini d'affari spuntano nomi notissimi: dalla top model australiana Elle MacPherson agli attori Christian Slater e Joan Collins; dal re di Giordania Abdullah II al monarca del Marocco Mohammed VI; dal
nobile arabo Bandar Bin Sultan al principe del Bahrain Salman bin Hamad al
Khalifa; dai piloti di Formula Uno Fernando Alonso e Heikki Kovalainen al
calciatore Diego Forlan, attaccante dell’Inter nel 2011-12; dalla designer Diane
Halfin von Furstenberg al cantante Phil Collins.Tra una marea di imprenditori e uomini d'affari spuntano nomi notissimi: dalla top model australiana Elle MacPherson agli attori Christian Slater e Joan Collins; dal re di Giordania Abdullah II al monarca del Marocco Mohammed VI; dal
I file comprendono anche più di 7 mila
cittadini italiani, che nel 2007 custodivano circa sei miliardi e mezzo di euro
nelle casse della Hsbc Private Bank: fondi in parte leciti, in parte sottratti
al Fisco. Spiccano tra loro lo stilista-imprenditore Valentino Garavani, il
finanziere Flavio Briatore e l'asso delle moto Valentino Rossi.
L'Espresso” nel numero in edicola venerdì 13 febbraio pubblicherà un'inchiesta su tutti i nostri connazionali presenti negli elenchi.
L'Espresso” nel numero in edicola venerdì 13 febbraio pubblicherà un'inchiesta su tutti i nostri connazionali presenti negli elenchi.
LA DENUNCIA
L'operazione “Swissleaks” porta la firma
del network di Washington International Consortium of Investigative
Journalists (ICIJ). È lo stesso team di giornalismo
investigativo che due mesi fa ha diffuso i
dati sulle multinazionali di stanza in Lussemburgo per ottenere un fisco
leggero, uno scoop che ha aperto il dibattito sulle leggi tributarie europee e
messo alla berlina il presidente della Commissione Ue Jean-Claude Juncker, ex
premier del principato.
Questa volta si tratta invece dei documenti raccolti da Hervé Falciani, un funzionario italo-francese di Hsbc. Nel 2008 la banca svizzera lo ha denunciato per avere sottratto le informazioni, ma il suo arresto in Costa Azzurra su richiesta delle autorità svizzere si è trasformato in un clamoroso autogol: Falciani ha collaborato con i magistrati francesi e consegnato gli elenchi dei correntisti. Che adesso Le Monde ha fornito al network investigativo. Materiale esplosivo, analizzato a fondo per otto mesi dai reporter di ICIJ, guidati dal direttore Gerald Ryle e dalla sua vice Marina Walker Guevara, con l'aiuto di una squadra di esperti in “data journalism”, Mar Cabra e Rigoberto Carvajal.
Il risultato è un dossier su oltre 100 mila clienti di più di 200 paesi con 81mila conti censiti dall'Iban tra il 1998 e il 2007. Per portare avanti le verifiche sui nomi, la rete americana ha coinvolto più di 140 giornalisti di 45 paesi, in totale 45 testate: tra queste, oltre a Le Monde, anche Guardian, Bbc, Suddeutsche Zeitung e, per l'Italia, “l’Espresso”.
L'ORO
DEI DITTATORI
L'esame dei conti mostra come all'ombra
dell'anonimato garantito per decenni da Hsbc, politici inglesi, russi, ucraini,
indiani, tunisini o egiziani hanno curato affari d'ogni genere. Ci sono
numerosi conti di Rami Makhlouf, cugino del presidente siriano Bashar al Assad
considerato la mente finanziaria del regime di Damasco: un uomo accusato di
gestire più della metà dell'economia del paese e ora incriminato dagli Stati
Uniti. Rachid Mohamed Rachid, ministro egiziano del Commercio con l'estero,
scappato dal Cairo durante la rivolta contro Mubarak, aveva una procura su un
conto del valore 31 milioni di dollari: non a caso è stato condannato in
contumacia per aver dilapidato fondi pubblici. Ad Haiti operava Frantz Merceron,
ora deceduto, ritenuto l'uomo delle tangenti per conto dell'ex presidente Jean
Claude “Baby Doc” Duvalier: Merceron fino alla morte poteva accedere a un conto
intestato alla moglie con un milione e 300 mila dollari.
Frequentavano quella filiale di Ginevra anche personaggi colpiti dalle sanzioni americane per i rapporti con le dittature. Come ad esempio, Selim Alguadis, uomo d'affari turco, sospettato di aver fornito alla Libia di Gheddafi componenti dual use suscettibili di essere impiegate per un progetto di armi nucleari. O come Gennady Timchenko, miliardario e amico intimo dal presidente russo Vladimir Putin, finito nel mirino degli Stati Uniti dopo la crisi ucraina. E c'è un deposito perfino riconducibile a Li Xiaolin, figlia dell'ex primo ministro cinese Li Peng, protagonista della repressione di piazza Tienammen. Ma ci sono anche i conti di numerosi imprenditori che hanno finanziato la fondazione di Bill Clinton, l'ex candidato repubblicano alla presidenza statunitense Mitt Romney e le conferenze dell'ex sindaco di New York Rudolf Giuliani.
CACCIA ALL'EVASIONE
Nel 2010 il governo francese ha distribuito
la lista Falciani ad altri paesi, perché verificassero le posizioni dei loro
cittadini. Le autorità inglesi hanno scoperto che 3.600 nomi, su 5 mila, non
erano in regola, riuscendo così a recuperare 135 milioni di euro di imposte
arretrate. In Spagna si è raccolto ben di più, 220 milioni, un record rispetto
anche ai 188 milioni recuperati da Parigi. In Italia molti personaggi sono
stati indagati per frode fiscale da diverse procure ma sulla possibilità di
usare i dati nelle dispute fiscali sono stati aperti numerosi ricorsi. In
Grecia invece si è arrivati al paradosso: la documentazione è rimasta nei
cassetti fino a quando nel 2012, nel pieno della crisi, la rivista Hot.Doc ha
pubblicato i nomi di duemila evasori fiscali. Ma in carcere, invece dei
fuorilegge, c’è andato il suo direttore Kostas Vaxevanis.
IL CASO VALENTINO
Valentino Garavani In sé non è un crimine
detenere denaro o holding in Svizzera: bisogna però rendere tutto noto alle
autorità fiscali nazionali. Molti dei vip inclusi negli elenchi sostengono di
essere a posto con i regolamenti. Come la rockstar Tina Turner, l'attore John
Malkovich o il campione di Formula Uno Michael Schumacher. Lo stilista e
imprenditore Valentino Garavani nel 2000 diventa cliente della HSBC Private
Bank.
Stando ai dati messi insieme dai reporter di Icij nel 2006/2007 dispone di ben 108,3 milioni di dollari, nascosti nel conto numerato “3326 CR”. Ma chi ne è il proprietario? Ufficialmente Valentino risulterebbe solo “attorney A”, cioè procuratore, insieme a un altro “attorney B”, Marc Bonnant, di Ginevra, famoso legale, tra i tanti, di Licio Gelli e del finanziere Florio Fiorini. Invece, come emerge da un'altra scheda, è proprio il fashion designer il “beneficial owner” di quel “3326 CR”, intestatario di nove conti IBAN. Il deposito, collegato alla “Piles Finance Ltd”, con sede a Tortola nelle British Virgin Islands, ha un “supervisore”, Ronald Feijen, avvocato olandese conosciuto da Valentino durante il negoziato con la Hdp, e da allora diventato suo professionista di fiducia a Londra. Sempre dai file della HSBC si apprende che esistono altre due società, sorte nel 2001 e chiuse nel 2004: Dibag Fashion Development NV-Rub GG e Dibag Fashion Development NV-Rub VG. Di tutte due sono titolari sia Valentino sia Giancarlo Giammetti, amico e socio di una vita. Ma nel 2006/2007 tutto quello che c'è dentro è stato distribuito a loro due.
Stando ai dati messi insieme dai reporter di Icij nel 2006/2007 dispone di ben 108,3 milioni di dollari, nascosti nel conto numerato “3326 CR”. Ma chi ne è il proprietario? Ufficialmente Valentino risulterebbe solo “attorney A”, cioè procuratore, insieme a un altro “attorney B”, Marc Bonnant, di Ginevra, famoso legale, tra i tanti, di Licio Gelli e del finanziere Florio Fiorini. Invece, come emerge da un'altra scheda, è proprio il fashion designer il “beneficial owner” di quel “3326 CR”, intestatario di nove conti IBAN. Il deposito, collegato alla “Piles Finance Ltd”, con sede a Tortola nelle British Virgin Islands, ha un “supervisore”, Ronald Feijen, avvocato olandese conosciuto da Valentino durante il negoziato con la Hdp, e da allora diventato suo professionista di fiducia a Londra. Sempre dai file della HSBC si apprende che esistono altre due società, sorte nel 2001 e chiuse nel 2004: Dibag Fashion Development NV-Rub GG e Dibag Fashion Development NV-Rub VG. Di tutte due sono titolari sia Valentino sia Giancarlo Giammetti, amico e socio di una vita. Ma nel 2006/2007 tutto quello che c'è dentro è stato distribuito a loro due.
Proprio nello stesso periodo, la posizione fiscale dello stilista è stata al centro di una disputa con l'Agenzia delle Entrate. Oggetto della contesa la residenza e quindi il regime di tassazione. Valentino ha sostenuto di essere residente a Londra dal 1998 anno in cui vende le sue società alla Hdp di Maurizio Romiti (che nel 2002 cederà tutto alla Marzotto). Gli ispettori fiscali invece sulla base delle indagini ribattono che si trovava a Roma. Infatti, in Gran Bretagna il grande sarto avrebbe solo lo status di “resident not domiciled”, la formula di chi, pur avendo acquisito la residenza sul Tamigi, non manifesta la volontà di restare lì per sempre. Conseguenza: gli sono state contestate, ai fini dell’imposizione fiscale, le annualità dal 2000 al 2006. Ne è nata una trattativa, poi risolta con un atto di pacificazione. Valentino ha versato una somma, mai dichiarata ufficialmente ma nell'ordine di qualche milione di euro, per il periodo 2000-2004. E così ha chiuso ogni pendenza con le nostre autorità tributarie.
FUGA IN MOTO
Valentino Rossi Anche Valentino Rossi ha
avuto i suoi guai con l'erario, che si intrecciano con le vicende della banca
elvetica. I sospetti sulla sua residenza londinese hanno provocato un
procedimento per evasione, aperto nel 2008 e concluso con un accordo. Alla Hsbc
il “Dottore” ha accantonato le sue risorse nel 2003 dietro il conto numerato
“Kikiki 62”: 23,9 milioni di dollari. Intervistato da ICIJ, l'avvocato Claudio
Sanchioni ha precisato che, sborsando 30 milioni di euro il suo assistito ha
definito ogni controversia su conti esteri. Nelle note compilate dai funzionari
di Ginevra su Valentino si viene a conoscenza delle sue tendenze finanziarie.
Graziano Rossi, il padre, che è anche procuratore di “Kikiki 62”, attesta che
il figlio ha una “preferenza per investimenti conservativi”. Tanto spericolato
in pista, quanto prudente sulla gestione dei propri soldi.
L'ELVETICO FLAVIO
Per la Hsbc Flavio Briatore, da anni
residente all'estero, è un cliente dominato da un grande attivismo. A lui fanno
capo nove conti ed è “beneficial owner” di sei di questi, dove nel 2006/2007
"alloggiano" 73 milioni di dollari: Benton Investments Inc.,
Pinehurst Properties, “27361” (liquidato nel 2005), Adderley Trading Ltd
(chiuso nel 2004), Formula FB Business Ltd e GP2 Ltd. Anche l'avvocato di
Briatore, Pilippe Ouakra, è stato sentito da ICIJ e commenta: «Il signor
Briatore è in grado di confermare che lui e alcune compagnie del suo gruppo -
alcune di queste erano operative dalla Svizzera - hanno avuto conti bancari in
Svizzera, in un modo perfettamente legale, in conformità con qualunque legge
fiscale applicabile».
CAPITALI INSANGUINATI
I documenti della HSBC raccontano anche
altre vicende. Tra i clienti dell'istituto di Ginevra ci sono almeno duemila
commercianti di diamanti. A volte li chiamano diamanti insanguinati perché
vengono usati per finanziare delle guerre, come è accaduto in Angola, Costa
d'Avorio, Sierra Leone. Michael Gibb, che si occupa di diritti internazionali
dell'uomo per Global Witness, ne è certo: «I diamanti sono legati a conflitti e
violenze. La facilità con cui possono essere convertiti in strumenti di guerra
è sorprendente».
I funzionari della banca svizzera, ad esempio, sapevano che un certo Emmanuel Shallop, successivamente condannato per questi traffici, era sotto indagine in Belgio. Nel file del deposito infatti annotano: «Abbiamo aperto un conto per lui basato a Dubai… Il cliente è molto cauto attualmente perché sente la pressione delle autorità belghe, che lo tengono d'occhio per le sue attività nelle frodi fiscali sui diamanti». Contattato per chiarire l'avvocato di Shallop è stato tranchant: «Noi non intendiamo spiegare nulla. Il mio assistito non vuole vedere il suo nome citato in qualunque articolo per una ragione di privacy». Ma tra i clienti ci sono pure personaggi che hanno maneggiato tangenti per favorire vendite di armi in Africa, rifornendo gli arsenali dei massacri in Liberia, e altri che si sono prodigati per piazzare ordigni sofisticati in diverse nazioni, dalla Tanzania a Taiwan. Ci sono addirittura i nomi degli esponenti di una ong saudita che è stata accusata di finanziare Al Qaeda.
LA POSIZIONE DELLA BANCA
I vertici di Hsbc hanno inizialmente
intimato al network giornalistico di distruggere tutti i dati. Poi, di fronte
agli elementi scoperti dai cronisti, hanno assunto una posizione diversa. Con
una dichiarazione scritta l'istituto ha riconosciuto che «la cultura e gli
standard dei controlli erano molto più bassi di quanto avviene oggi. La banca
ha intrapreso passi significativi per aumentare le verifiche e respingere i
clienti che non rispettano i nuovi parametri, inclusi coloro che davano elementi
di preoccupazione sul fronte fiscale. Come risultato di questa linea, la base
dei clienti dal 2007 si è ridotta di quasi il 70 per cento».
Resta però il problema della finanza oscura. «L'industria offshore è la maggiore minaccia per le nostre istituzioni democratiche e per le basi del nostro contratto sociale», ha dichiarato a Icij l'ecomista Thomas Piketty: «L'opacità finanziaria è uno degli elementi chiave delle diseguaglianze. Permette a una larga parte di quelli che guadagnano di più di pagare tasse insignificanti, mentre il resto di noi deve versare tributi pesanti per sostenere i servizi pubblici indispensabili per lo sviluppo».
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