mercoledì 25 febbraio 2015

Alexander MacCall Smith: Le lacrime della giraffa /2



La storia dei bambini

Tieni presente, disse la signora Potokwane, che anche se per noi è facile criticare i modi dei Basarwa, dovremmo invece pensarci bene, prima di farlo. Se si considera cos'è la loro vita, laggiù nel Kalahari, dove non hanno né bestiame né case in cui vivere; se si pensa a quello e a quanto resisteremmo a fare una vita del genere tu o io o un altro dei Batswana, allora si capisce che i boscimani sono gente davvero in gamba.
Un gruppo di questa gente viveva lungo il limitare del bacino salato, il Makadikadi, sulla strada che va all'Okavango. Non conosco bene quella parte del paese, ma ci sono stata un paio di volte. Ricordo la prima volta che l'ho vista: una vasta pianura bianca sotto un cielo bianco, con poche palme alte ed erba che spuntava dal nulla. Era un paesaggio così strano che ho creduto di essere uscita dal Botswana ed essere finita in una terra sconosciuta. Ma andando ancora un po' avanti ridiventa Botswana e ci si sente di nuovo a proprio agio.

C'era un gruppo di Basarwa che erano arrivati dal Kalahari per andare a caccia di struzzi. Dovevano avere trovato l'acqua nel bacino salato e proseguivano verso uno dei villaggi che si trovano lungo la strada per Maun. La gente che vive lì non si fida tanto dei Basarwa, perché dice che rubano le capre e di notte mungono le mucche degli altri, se non li tieni d'occhio.
Questo gruppo si era accampato a tre o quattro chilometri dal villaggio. Naturalmente non avevano costruito niente e dormivano sotto i cespugli, come fanno spesso. Disponevano di un sacco di carne, perché avevano appena ucciso parecchi struzzi ed erano ben felici di restare li finché non avessero sentito la necessità di muoversi.
C'erano parecchi bambini, e una delle donne aveva appena partorito un maschietto. Dormiva con il piccolo accanto a sé, un pochino discosta dagli altri. Aveva anche una figlia, che dormiva vicino a lei, dall'altra parte. La madre si svegliò, pensiamo, e mosse un po' le gambe per sistemarsi più comodamente. Purtroppo ai suoi piedi c'era un serpente, e lei gli appoggiò un tallone sulla testa. Il serpente la morse. Così succede di solito, con i serpenti. La gente dorme all'aperto su un materasso, e i serpenti si avvicinano in cerca di calore. Poi la persona muovendosi rotola sul serpente, e lui si difende.
Le diedero qualcuna delle loro erbe. Loro scavano le radici e strappano la corteccia dagli alberi, ma niente può servire contro il morso del lebolobolo, ovvero il serpente che aveva schiacciato. Secondo la ragazzina, la madre morì prima ancora che il bimbo si risvegliasse. Naturalmente loro non persero tempo e si prepararono a seppellire la donna quel mattino stesso. Ma, che tu lo sappia o no, signor JLB Matekoni, quando muore una donna Mosarwa che sta ancora allattando, seppelliscono anche il bambino. Non esiste cibo che possa nutrire un bambino senza madre. Per loro le cose stanno così.
La bambina si nascose fra i cespugli e li guardò portare via la madre e il fratellino. Era un terreno sabbioso, e riuscirono a scavare una fossa poco profonda, in cui deposero la madre, mentre le altre donne gemevano e gli uomini cantavano. La bambina li guardò mettere nella tomba anche il piccolino, avvolto in una pelle di animale. Poi li ricoprirono entrambi di sabbia e tornarono al campo.
Appena si furono allontanati, la bambina saltò fuori dal nascondiglio e scavò rapidamente nella sabbia. Non ci mise molto e ben presto ebbe il fratellino fra le braccia. Aveva le narici piene di sabbia, ma respirava ancora. La bambina fece dietrofront e attraversò di corsa la boscaglia diretta verso la strada, che non era molto lontana. 

 

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