da: Il Fatto Quotidiano
Per incassare il via libera dei creditori
il governo di Alexis Tsipras inverte la rotta rispetto alle promesse
elettorali. Poco spazio per le misure sociali. La lista di riforme comprende
però una stangata da 2,5 miliardi sulle grandi ricchezze e misure di contrasto
all'infedeltà fiscale e al contrabbando che dovrebbero fruttarne quasi 5.
Non è una “battaglia vinta”, come
Alexis Tsipras aveva cercato di far passare venerdì sera l’accordo politico
raggiunto con i Paesi europei creditori della Grecia. Le anticipazioni sui
contenuti della lettera di impegni nei confronti di Ue, Bce e Fondo
monetario internazionale che il governo ellenico sta stilando e che sarà
consegnato martedì mattina contro le attese iniziali per lunedì
sera, confermano quello che l’ala radicale di Syriza e molta stampa locale
stanno già contestando al neo premier: il prezzo da pagare in cambio della
permanenza del Paese nell’euro e per evitare una nuova bancarotta è che la
“fine dell’austerità“, pilastro del suo programma, dovrà attendere. In compenso
però il neo premier potrà rivendicare un attacco su tutti i fronti all’infedeltà
fiscale e alle grandi ricchezze. Il piatto forte del piano di riforme che troika,
comunque la si chiami, dovrà approvare pena il blocco della proroga di
quattro mesi del programma di assistenza finanziaria in scadenza il 28
febbraio, è
costituito da una patrimoniale da 2,5 miliardi di euro che
colpirà soprattutto armatori e oligarchi. I primi, a cui fa capo quella che
l’anno scorso è tornata a essere la prima flotta commerciale del mondo con 164
milioni di tonnellate di stazza lorda, fino al 2013 hanno goduto di
una sostanziale immunità fiscale sui profitti derivanti dalle navi
battenti bandiera straniera. Mentre da allora versano anche una piccola – e
temporanea – “tassa di solidarietà”.
A questa mossa, che piacerà di sicuro
all’elettorato di Tsipras, sempre secondo le indiscrezioni, si affiancherà poi
un inasprimento della lotta alla corruzione, all’evasione fiscale e
al contrabbando di sigarette e benzina. Stando a quanto anticipato dal
quotidiano tedesco Bild, l’esecutivo conta di ricavare dal combinato disposto
un totale di 7,3 miliardi. Via libera poi a controlli a tutto campo
dell’ispettorato del lavoro per far emergere il nero e l’evasione contributiva.
Ma nella lista, che sarà discussa con
l’Eurogruppo via teleconferenza nel pomeriggio di martedì, compaiono anche la
riforma della pubblica amministrazione e l’impegno a non bloccare le privatizzazioni.
Smentito, dunque, l’impegno a bloccare la vendita del porto del Pireo e di
altri pezzi pregiati del patrimonio pubblico. Via libera, poi, a liberalizzazioni
e deregulation in molti settori. Così appare difficile che il governo
possa garantire l’elettricità gratis alle famiglie più povere. Non sarà il
memorandum sottoscritto da Antonis Samaras, ma ci va molto vicino. D’altro
canto i Parlamenti di Estonia, Finlandia, Germania e Olanda, che dovranno
votare l’estensione del sostegno finanziario ad Atene fino a giugno sbloccando
il versamento dell’ultima tranche che vale oltre 7 miliardi, non sono disposti
ad accettare nulla di meno. Già ora, scrive la Bild, i conservatori tedeschi
minacciano un voto contrario se il governo greco non darà garanzie concrete. “Non
lasceremo passare i trucchetti di Atene nel Bundestag”, ha
detto Christian von Stetten della Cdu di Angela Merkel.
Tsipras sostiene comunque che sarà escluso
un nuovo aumento dell’Iva (presente invece nei piani di Samaras) e che non
verranno più toccate le pensioni. Ma non è ancora chiaro se sarà possibile, per
esempio, ripristinare la tredicesima per quelle minime, come prevedeva il
programma elettorale. Ed è tutta da negoziare la possibilità di bloccare il
pignoramento della prima casa a chi non è più in grado di pagare il mutuo.
Quanto all’aumento del salario minimo a 750 euro, secondo il ministro di
Stato Nikos Pappas sarà “graduale” ma resterà in campo, anche perché il
ministro del Lavoro Panos Skurletis lo ritiene indispensabile per rilanciare i
consumi e quindi l’intera economia. Sì anche, creditori permettendo, alla rateizzazione
delle imposte per chi ha smesso di pagarle, già a partire da questa
settimana. E Skurletis, in un’intervista, ha ribadito l’intenzione di
ripristinare i contratti di lavoro collettivi e la protezione contro i
licenziamenti.
Il ministro delle Finanze Yanis Varoufakis punta
poi a mantenere un po’ di spazio di manovra, per esempio sul fronte dell’avanzo
primario, che i precedenti accordi prevedevano dovesse attestarsi al 3%
quest’anno e al 4,5% nel 2016. Un’ipotesi che il testo dell’accordo di venerdì
non esclude del tutto, visto che dà alle “istituzioni” la facoltà di “tener
conto delle circostanze economiche” nel valutare il raggiungimento
dell’obiettivo. Resta il fatto che l’esecutivo di Atene si è impegnato a
evitare “qualsiasi misura o cambiamento unilaterale che abbia impatto negativo
sulla stabilità finanziaria”. Un’inversione di marcia radicale rispetto ai
propositi di meno di un mese fa, quando Tsipras invocava la “riduzione del debito“
e Varoufakis proponeva la conversione di due terzi del dovuto in bond
“perpetui” o legati al tasso di crescita del Pil.
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