da: la Repubblica
Frequenze
tv, rispunta lo sconto a Mediaset
Salta
l’emendamento al decreto Milleproroghe, che avrebbe sottratto all’AgCom la
competenza sul canone. Il gruppo che fa capo a Silvio Berlusconi verserà 13
milioni l’anno contro i 20 del 2012.
di Aldo
Fontanarosa
E’ caos sul canone frequenze. E Mediaset è
oggi più vicina all’obiettivo che persegue da quasi due anni. E cioè pagare
meno, molto meno come fitto allo Stato per le frequenze televisive che
utilizza. Nella peggiore delle ipotesi, il gruppo Berlusconi verserà all’erario
13 milioni di euro l’anno (contro gli oltre 20 che ha pagato nel 2012).
Da dicembre, il governo Renzi ha lavorato ventre a terra su questo dossier. Ma ieri, nel momento della verità, è saltato l’emendamento al decreto Milleproroghe, all’esame alla Camera, che avrebbe impresso una svolta alla vicenda. L’emendamento – scritto al ministero dello Sviluppo – avrebbe tolto la competenza a decidere sul canone al Garante per le Comunicazioni (AgCom) e la avrebbe restituita al governo, legittimato così a scrivere una legge in materia. E questa legge, almeno nelle dichiarazioni pubbliche, avrebbe
cancellato o quantomeno attenuato ogni sconto a Mediaset e alla stessa Rai. Ma il percorso, caduto l’emendamento di ieri, sembra interrotto.
Da dicembre, il governo Renzi ha lavorato ventre a terra su questo dossier. Ma ieri, nel momento della verità, è saltato l’emendamento al decreto Milleproroghe, all’esame alla Camera, che avrebbe impresso una svolta alla vicenda. L’emendamento – scritto al ministero dello Sviluppo – avrebbe tolto la competenza a decidere sul canone al Garante per le Comunicazioni (AgCom) e la avrebbe restituita al governo, legittimato così a scrivere una legge in materia. E questa legge, almeno nelle dichiarazioni pubbliche, avrebbe
cancellato o quantomeno attenuato ogni sconto a Mediaset e alla stessa Rai. Ma il percorso, caduto l’emendamento di ieri, sembra interrotto.
In queste ore ha pesato la volontà del
ministero della Economia che ha fermato l’emendamento. Per capire le ragioni di
via Venti Settembre, bisogna fare un passo indietro a settembre dell’anno
scorso quando il nostro Garante delle Comunicazioni (dove la destra è in
maggioranza) riforma le modalità di pagamento del canone (come è in suo
potere). La delibera del Garante cancella la norma della Finanziaria del 2000
che aveva imposto agli editori di versare allo Stato l’1% del loro fatturato
come canone per antenne, ripetitori e frequenze. Il meccanismo aveva portato
Mediaset e Rai a sganciare fino a 20 milioni l’anno, in ragione del maggiore
fatturato.
A settembre 2014, dunque, il Garante
stabilisce che il canone dovrà essere calcolato sulla base delle frequenze che
si detengono, e non più in base al fatturato. Per gli editori storici si
profila uno sconto; per quelli emergenti una stangata. Sul piano operativo, il
Garante rimette l’ultima decisione al governo che potrà scegliere tra due
soluzioni. La prima strada prevede che lo Stato incameri meno soldi che in
passato dal tributo. Il minor gettito servirà ad alleviare il peso sugli
editori emergenti, che arriveranno a versare cifre importanti poco alla volta e
non prima di 8 anni. La seconda strada è più brusca. Gli editori emergenti avrebbero
pagato subito il massimo – 13 milioni l’anno proprio come Rai e Mediaset – in
modo da garantire un gettito complessivo di 44 milioni.
Chiamato a scendere in campo, il governo fa
una prima mossa a Natale 2014. Un decreto ministeriale (dello Sviluppo Economico)
neutralizza la delibera del Garante (di settembre). Questo decreto ministeriale
chiede a tutti gli editori di versare un anticipo del canone, in attesa che
l’esecutivo vari una legge definitiva. E il 5 febbraio il governo fa la sua
seconda mossa: propone un emendamento al decreto Milleprioroghe, in commissione
Affari Costituzionali della Camera. Ma subito deflagra la polemica politica,
con Forza Italia che accusa Renzi di intervenire solo perché è appena saltato
il Patto del Nazareno sulle riforme. L’esecutivo prende fiato e lavora a un
secondo emendamento. Ieri sera, però, tutto si ferma per volontà del ministero
della Economia. Il ministero ritiene che la delibera del Garante, per quanto
imperfetta, assicuri un gettito sicuro all’erario fino a 44 milioni.
L’emendamento si limita a trasferire il potere in materia dal Garante al
governo, senza certezze sulle entrate. Di qui lo stop. E il caos è servito.
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