venerdì 13 febbraio 2015

L’Amaca di Michele Serra



da: la Repubblica

Chissà se i tassisti milanesi avranno l’eccellente idea di denunciare, con nome e cognome, il loro collega che ha appeso un cartello di insulti sessuali contro la giovane manager di Uber (azienda loro concorrente) proprio davanti a casa della signora [leggi qui]. Chissà se le tassiste milanesi, soprattutto loro, sono in grado di far notare al farabutto che ha scritto quel cartello che se il manager di Uber fosse stato un maschio nessuno gli avrebbe dato della puttana. Chissà se i tassisti milanesi si rendono conto che un utente come me, da anni loro affezionato cliente, dopo un episodio come questo, e dopo i casi di vero e proprio bullismo corporativo del quale i tassisti non solo milanesi si rendono a volte responsabili, ha una gran voglia di cambiare abitudini e dedicarsi al car sharing o diventare cliente di Uber. Chissà se i tassisti milanesi sanno che le loro buone ragioni (una licenza costa quattrini) diventano carta straccia se spiegate così malamente, urlate in faccia a chi non è d’accordo con loro, e capiscono la differenza tra i diritti di chi lavora e i privilegi di una casta. Chissà se i tassisti milanesi (e ancora di più quelli romani) colgono la differenza abissale tra il servizio che offrono loro e il servizio di Londra, di Parigi o di una delle tante città europee dove per trovare un taxi libero basta fare un cenno con la mano. Chissà se i tassisti milanesi avranno l’intelligenza di scusarsi con
la manager di Uber e con la cittadinanza per quell’orribile intimidazione.

Nessun commento:

Posta un commento