da: Il Fatto Quotidiano
Chissà, forse con la guerra alle porte
parlare di stile è un lusso che non possiamo permetterci. Eppure lo stile, in
democrazia, non è solo estetica e apparenza: è sostanza. Ne abbiamo talmente
bisogno da appassionarci persino alla notizia che il presidente della
Repubblica per i suoi viaggi privati utilizza voli di linea, anziché l’aereo di
Stato. E lo fa senz’annunciarlo in pompa magna, mentre Renzi ha promesso mille
guerre ai privilegi della casta e poi è il primo a profittarne (l’ultima volta
a Capodanno, quando si imbarcò su un volo militare da Roma ad Aosta, con scalo
a Firenze per prelevare la famigliola e andare a sciare a Courmayeur). Così la
notizia che in altri paesi sarebbe normale, come lo era in Italia ai tempi di
Pertini, diventa eccezionale. E viene usata dai leccatori professionisti per
santificare vieppiù Mattarella dopo aver beatificato Napolitano per il motivo
opposto: prendeva sempre i voli blu e, quand’era eurodeputato, volava in low
cost da Roma a Bruxelles ma si faceva rimborsare il decuplo come avesse volato
Alitalia. Non sono questioni penali, né morali: solo di stile.
Ieri Renzi ha mostrato stile, dissociandosi
dai tamburi di guerra che echeggiano a destra e a manca, beceri almeno come
quelli contrari del felpato Salvini (lui la guerra vuol farla solo ai profughi
e ai disperati in alto mare, così almeno è
sicuro di vincere). Il premier ha
detto, con Prodi: sentiamo l’Onu, gli alleati, gli organismi internazionali,
poi decidiamo. Non sembra neppure lontano parente del Renzi che l’altra notte
bulleggiava alla Camera, mani in tasca, panza in fuori e maglioncino fico (a
quando in pigiama?). Bivaccava fra i banchi dell’emiciclo, dove non potrebbe
metter piede perché nessuno l’ha eletto. Mandava la ministra Boschi a
prendergli il caffè come faceva B. con Alfano perché sia chiaro chi comanda. Minacciava
chi non vota le sue controriforme di andare alle elezioni, rubando il mestiere
al capo dello Stato. Poi incassava la miseria di 308 voti (meno del 50% più
uno, che corrisponde a un quorum di 316 voti) e trasformava il magro bottino
con cui pretende di cambiare la Costituzione in un plebiscito oceanico. E
faceva pure il ganassa con i tweet contro “gufi e sorci verdi” (che però hanno
la maggioranza numerica sia alla Camera sia al Senato). Perché lui tira sempre
diritto, “piaccia o non piaccia”. Ma che vuol dire “piaccia o non piaccia”? Se
piace, ok. Ma se non piace, sarà un problema o no?
“Nel 1946 – ricorda Michele Ainis,
finalmente denapolitanizzato, sul Corriere – si tenevano comizi in piazze
affollatissime, si discuteva nei partiti, c’era in edicola persino una rivista
(La Costituente) che accompagnò i lavori dell’Assemblea. Anche nel 2005,
durante il parto della Devolution, un fremito percorse gli italiani. Di qua i
circoli di FI, di là i comitati Dossetti, le Acli, i sindacati. E l’anno dopo
al referendum, benché senza quorum, votò il 53%. Ma adesso alla partecipazione,
è subentrata l’astensione… Il Pd timbra la riforma in solitudine, perché le
opposizioni escono dall’Aula. O meglio, non in solitudine: con i transfughi,
con i 127 deputati eletti in virtù d’un premio annullato dalla Consulta.
Totale, 308 voti. Curioso: gli stessi che, nel novembre 2011, incassò
Berlusconi sul rendiconto dello Stato. Lui ci rimise la poltrona, ora quel
numero basta per correggere 40 articoli della Costituzione”.
Tutto formalmente corretto, per carità. Ma
dov’è lo stile? Nel 1947 Benedetto Croce invocò lo Spirito Santo sui 556 padri
costituenti recitando il Veni Creator Spiritus. Lo spirito costituente. Oggi,
al posto, abbiamo le guapparie del premier e i voltafaccia di B., che fino a un
mese fa votava queste porcate peggiorandole vieppiù e ora grida alla svolta
autoritaria fra i sorrisi soddisfatti della Boschi, le cui mani sante pochi
mesi fa vennero immortalate nel celebre grattino alla schiena di Verdini. A
proposito di mani: perché lorsignori, quando si parlano, si coprono la bocca?
Cosa temono che leggiamo sulle loro labbra? Una barzelletta sporca o la
prossima riforma? Speriamo la prima.
Nessun commento:
Posta un commento