da: Il Fatto Quotidiano - di Carlo Di Foggia
Da
quando i ministri delle Finanze dell’Ue hanno approvato il 9 aprile scorso la sua
linea di credito “light”, il Mes (Meccanismo europeo di stabilità) continua a
far discutere.
Il Pd (come Forza Italia) vuole ricorrervi,
i 5Stelle assolutamente no. Il nodo sono le “condizionalità”: il Mes concede
prestiti solo in cambio della firma di un memorandum (sul modello della Grecia)
che fissi un rigido programma di tagli e riforme strutturali per rientrare dal prestito
e rendere sostenibile il debito (che altrimenti va “ristrutturato”). Insomma,
l’austerità fiscale vista in azione ad Atene sotto il controllo della Troika.
Il governo italiano aveva chiesto un Mes “senza condizionalità” e in parte sembra
averlo ottenuto. Ma le cose non stanno proprio così e questo rende la
discussione surreale e pericolosa.
Ieri lo spread, il differenziale di costo tra
i titoli di Stato italiani e tedeschi, è schizzato a 245 punti per poi calare a
235 dopo l’intervento della Bce.
Cosa
prevede l’accordo dell’Eurogruppo? La possibilità di
accedere a linee di credito del Mes fino al 2% del Pil (35 miliardi per
l’Italia) con la sola condizionalità di usarle per le “spese dell’assistenza sanitaria
diretta e indiretta e i costi relativi alla cura e alla prevenzione dovuti alla
crisi”.
Quindi le
condizionalità sono eliminate? Non pare. Il Mes è in tutto e per tutto una
banca (gli azionisti sono i 19 Paesi dell’euro): è stato istituito nel 2012 per prestare ai Paesi insolventi un’assistenza finanziaria “soggetta a una rigorosa condizionalità” (art. 136 del Trattato dell’Ue). Le condizionalità possono essere all’ingresso, come i memorandum firmati dalla Grecia, o inserite dopo. Come ha ricordato l’economista Francesco Saraceno (Sciences Po, Parigi), il regolamento europeo 472/2013 (parte del cosiddetto Two pack) prevede che “la Commissione, in accordo con la Bce, esamina insieme allo Stato membro interessato le eventuali modifiche e gli aggiornamenti da apportare al programma di aggiustamento macroeconomico”, che poi viene approvato dal Consiglio europeo a maggioranza qualificata. Insomma, le condizionalità possono aggiungersi dopo. È successo tante volte nei programmi di salvataggio della Grecia.
banca (gli azionisti sono i 19 Paesi dell’euro): è stato istituito nel 2012 per prestare ai Paesi insolventi un’assistenza finanziaria “soggetta a una rigorosa condizionalità” (art. 136 del Trattato dell’Ue). Le condizionalità possono essere all’ingresso, come i memorandum firmati dalla Grecia, o inserite dopo. Come ha ricordato l’economista Francesco Saraceno (Sciences Po, Parigi), il regolamento europeo 472/2013 (parte del cosiddetto Two pack) prevede che “la Commissione, in accordo con la Bce, esamina insieme allo Stato membro interessato le eventuali modifiche e gli aggiornamenti da apportare al programma di aggiustamento macroeconomico”, che poi viene approvato dal Consiglio europeo a maggioranza qualificata. Insomma, le condizionalità possono aggiungersi dopo. È successo tante volte nei programmi di salvataggio della Grecia.
Quindi
non esiste il Mes senza condizionalità? In teoria no.
Tutto però dipenderà dai dettagli
tecnici della nuova linea di credito
“sanitaria” del Mes che saranno stilati entro due settimane e a cui ieri
Conte ha fatto riferimento. L’unico modo per disinnescare del tutto il rischio
di condizionalità ex post è stabilire che l’erogazione delle somme sia in un’unica tranche. Altrimenti queste possono essere inserite ogni volta che si devono
valutare nuove erogazioni. La Troika,
per dire, ha imposto ad Atene 61 misure
fiscali da applicare, ma solo 13
erano previste dal memorandum Mes del 2015, le altre sono arrivate nei 4 aggiornamenti
successivi.
Da questo dettaglio si capirà se prevarrà la linea dei Paesi del Nord o
davvero, almeno per la linea “sanitaria”, si potrà forse evitare il rischio di consegnare le proprie politiche fiscali a
un’istituzione intergovernativa fuori dal controllo del Parlamento Ue.
Ha
senso usare il Mes? Il Pd insiste per usare i soldi del Mes
per l’emergenza sanitaria. È bene chiarire che quelli del Mes non sono trasferimenti, ma prestiti che fanno salire il
debito pubblico italiano. Il vantaggio è che possono avere tassi di interesse più bassi, perché
sfruttano il rating creditizio dell’azionista più in salute, la Germania.
Gli economisti del Centro di ricerca sulle
congiunture economiche di Sciences Po hanno però calcolato che anche così il risparmio
che l’Italia avrebbe sui 35 miliardi è minimo. Con lo spread a 200, parliamo di
690 milioni, lo 0,04% del Pil. Sono cifre irrisorie.
C’è
poi un altro rischio. Il Mes
è un creditore privilegiato, e questo renderebbe
meno sicuro il resto del debito
italiano facendo salire i tassi richiesti dagli investitori per
finanziarlo.
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