da: Il Fatto Quotidiano - di Antonello Caporale
Il mio telefonino, al pari del vostro, sa
tutto di me. Mi conta i passi, mi indica i luoghi in cui sono stato, anzi me li
fotografa. Sa se vado a piedi, se uso l’auto, se mi piacciono le osterie o
frequento i ristoranti. Se vado in chiesa o in tribunale. Sa cosa acquisto,
conosce ogni mio gusto e spesso mi consiglia, mi propone.
Credo che il mio telefonino sappia molto
meglio lui di me. E poi cosa scrivo, con chi converso. E stabilisce lui le
regole. Facebook per esempio, mi giudica. Ed è insindacabile. Se si
accorge che sgarro, nel senso che scrivo cose non di suo gusto, mi blocca. Io
so che anche il mio elettrocardiogramma, le analisi del sangue, Psa,
radiografie, sono mie fino a un certo punto.
Il mio telefonino sa se sono ateo, se ho
malattie, se faccio una vita da balordo, se compro whisky oppure santini. Sa,
sorveglia, e quando può sceglie e propone, lui per me. Il dovere e anche il
piacere.
Essendo il mio telefonino come il vostro, e
il mio computer uguale al vostro, anche voi come me siete accompagnati dal
mattino alla sera dal vostro amico di fiducia e supervisore tecnologico.
Se è vero tutto quel che ho appena scritto,
chiedo: qual è il motivo che ci fa scandalizzare tanto di Immuni, la app di
Stato che dovrebbe tracciare i nostri spostamenti nella fase due del Covid?
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