da: Il Fatto Quotidiano - di Gianni Barbacetto
“Eravamo
4 amici al bar”. Locati, Cosentina e Marzulli: sono tre (più uno) gli uomini della
sanità lombarda a dover spiegare la diffusione del virus dal Pronto soccorso
Ci sono tre persone (più una) che
potrebbero spiegare com’è partito il contagio nel cluster infettivo più
devastante d’Italia, quello scoppiato ufficialmente il 23 febbraio all’ospedale
di Alzano Lombardo.
Da lì, il virus si è diffuso verso la zona
di Bergamo, poi di Brescia e infine, probabilmente, verso Milano. I tre sono il
direttore generale della Asst Bergamo
Est Francesco Locati, il direttore
sanitario Roberto Cosentina e il direttore
medico Giuseppe Marzulli.
Il Fatto
Quotidiano ha chiesto ai tre di
ricostruire le prime ore del contagio più terribile del Paese, ma non ha avuto risposta.
L’Azienda socio sanitaria territoriale (Asst) Bergamo Est comprende gli ospedali
di Seriate, dove ha la sua sede, e di Alzano,
Gazzaniga, Piario, Lovere, Trescore Balneario, Sarnico. È feudo leghista, presidiato da Francesco
Locati, che ha voluto al suo fianco come direttore sanitario Roberto Cosentina.
Il “Presidio 2” della Asst, che
comprende l’ospedale di Alzano, ha Marzulli
come direttore medico.
È all’ospedale
Pesenti Fenaroli di Alzano – Val Seriana, sei chilometri da Bergamo – che tutto comincia.
Sappiamo ormai che i primi due pazienti Covid-19,
almeno ufficialmente, sono Franco Orlandi, ex camionista di Nembro, e Tino Ravelli,
pensionato di Villa di Serio. Sono ricoverati
nel reparto medicina interna, terzo piano. Saranno i primi due morti della zona di Bergamo: per polmonite e crisi
respiratoria, dopo giorni di febbre alta e oppressione al petto. Nella
notte tra venerdì 21 e sabato 22
febbraio, per la prima volta, le infermiere e il personale sanitario del
reparto medicina indossano le mascherine
Ffp2. Dal Lodigiano sono già arrivate le brutte notizie sull’ingresso in
Nord Italia del coronavirus, Codogno è già stata dichiarata zona rossa.
Il 21
febbraio Ravelli viene sottoposto al tampone. Risulterà positivo al Covid-19: l’esito arriverà il
22. Non viene avvisato nessuno. Non
i parenti, non il personale dell’ospedale, non il ministero della Salute, a cui
dev’essere data comunicazione dei casi
pandemici. Domenica 23, nel
pomeriggio, viene chiuso il Pronto
soccorso. Ma solo per poche ore. Poi riapre. Senza alcuna sanificazione. Senza
la creazione di percorsi e ambienti
differenziati per i sospetti da Covid-19.
Lunedì
mattina, l’ospedale riprende la vita feriale di sempre,
con il centro prelievi affollato di gente,
in maggior parte anziani, e gli interventi chirurgici programmati che si
susseguono come se niente fosse successo.
Nei
giorni seguenti, l’ecatombe. Muoiono
molti dei pazienti, muoiono tanti famigliari dei ricoverati venuti in
visita nei giorni precedenti. Si
ammalano il primario e giù giù medici, infermieri, portantini, pazienti
dimessi e rimandati a casa, parenti e visitatori. Alzano raggiunge i 170 contagi, il vicino paese di Nembro supera i 200.
Nella provincia di Bergamo i morti sono oltre 2.300. Poi il contagio si estende
a Brescia e infine, con esiti disastrosi, a Milano.
Locati,
Cosentina e Marzulli dovrebbero spiegare che cosa è successo all’ospedale di Alzano tra venerdì 21 e lunedì
24 febbraio. Chi ha deciso di far indossare le mascherine, la notte del 21?
Chi ha disposto la chiusura del Pronto soccorso, il 23? Ma poi: chi l’ha fatto
riaprire? Chi ha ordinato di proseguire la normale attività il 24? Perché non è
stato informato il ministero? Sono stati invece informati i vertici della
Regione Lombardia e l’assessore Giulio Gallera? È lui il “più uno”di questa
storia: quando e come ha saputo ciò che stava succedendo ad Alzano? Ha avuto contatti
con i dirigenti della Asst? Quando è stato informato della situazione il suo
braccio destro, il direttore generale della sanità lombarda Luigi Cajazzo?
Il primo
responsabile di questo caos è il direttore generale Francesco Locati. È arrivato al vertice della sua Asst nel gennaio 2016, quando la Regione
Lombardia rinnova il rito formigoniano della grande spartizione politica della sanità,
con i suoi 19 miliardi di budget la parte più succulenta del bilancio
regionale. È poi riconfermato nel 2018.
La lottizzazione dei manager sanitari
per appartenenza politica viene “confessata” nel 2016, per un errore dell’Arca
Lombardia, la centrale acquisti della Regione. Una cartina con i nomi dei
prescelti e il simbolo del partito d’appartenenza compare per qualche ora sul
sito di Arca e viene mandata via email all’indirizzario della Regione. Poi la
pagina è oscurata e viene inviato una rettifica in cui si spiega che la cartina
è “un’artificiosa ricostruzione giornalistica”. Purtroppo aderente alla realtà:
con il governatore leghista Roberto
Maroni, nel 2016, i 35 direttori generali sono così spartiti: 13 alla Lega, 11 a Forza Italia, 10 al Ncd,
uno a Fratelli d’Italia.
Nel 2018,
il governatore Attilio Fontana sceglie 24 dirigenti sanitari della Lega, 14
di Forza Italia, due di Fratelli d’Italia. Locati
c’è sempre. Ha un rapporto diretto con
Matteo Salvini e una relazione forte con Roberto Anelli , oggi capogruppo
della Lega in Consiglio regionale, ma anche – scherzi del destino – ex sindaco e attuale consigliere comunale
di Alzano, dove tutto iniziò.
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