da: https://www.startmag.it/ - di Giuseppe Liturri
Nel giorno in cui, i principali organi di
informazione internazionali, come Bloomberg e Financial Times, rilanciano la
disponibilità della Bce a fare tutto il necessario per evitare la
frammentazione del sistema finanziario e evitare crisi del debito pubblico,
l’Italia si presenta al Consiglio Europeo con richieste da ultima spiaggia o
manifestamente non accoglibili.
In un lungo articolo dal titolo “La Bce
potrebbe essere la porta sul retro per arrivare a mutualizzare il debito”, si
spiega chiaramente come stanno le cose: o i Paesi del nord (Germania in testa)
accettano che la Bce acquisti senza limiti debito pubblico emesso dagli Stati
membri, che significa di fatto rendere solidalmente responsabili di tale debito
tutti i Paesi dell’eurozona, oppure l’alternativa è accettare il crollo
dell’eurozona. Non sembrano esserci alternative. Il vantaggio di questa
opzione, rispetto all’emissione di eurobond (tutta da definirsi nei dettagli e
nei tempi), è di tipo politico. Le opinioni pubbliche dei Paesi nordici non
capirebbero tale mutualizzazione nascosta e quindi potrebbero accettarla,
almeno nel breve periodo.
La crescita del debito pubblico che Paesi
come Spagna ed Italia hanno davanti a sé e talmente rilevante, che solo un
intervento della Bce potrebbe renderlo sostenibile, prevenendo una catastrofica
nuova crisi dei debiti sovrani.
Economisti ed operatori di mercato
interpellati da Bloomberg e Financial Times, sono stati concordi nell’affermare
che la Bce potrebbe presto ampliare la portata del programma di acquisti di
titoli pubblici. Addirittura, in casi estremi, potrebbe dedicare all’Italia
tutto il programma PEPP per 750 miliardi.
Queste misure non appaiono essere al di
fuori del mandato della Bce, continuano gli economisti di Bloomberg. Infatti la
stabilità dei prezzi e la stabilità finanziaria sono gli obiettivi che la Bce
può e deve conseguire anche attraverso il massiccio acquisto di titoli
pubblici.
Ma vi è di più. La Bce potrebbe impegnarsi
a mantenere quei titoli nel suo bilancio fino a 30 anni, rinnovandoli quindi
ogni volta alla scadenza. Siamo ad un passo dall’ammissione che quei titoli non
saranno mai rimborsati.
Allo stesso modo si estende l’ombrello
protettivo della Bce sulle banche. Con una decisione di ieri sera, Francoforte
ha consentito alle banche di presentare, come garanzia per i prestiti ricevuti
dalla banca centrale, anche titoli classificati dalle agenzie di rating come
spazzatura (junk) dopo il 7 aprile 2020. La grande stampa ha presentato questa
misura come positiva per le banche italiane, cariche di BTP che sono solo due
gradini sopra il livello “investment grade”. Ma hanno trascurato di
sottolineare che l’indice di rischiosità delle banche francesi e tedesche è
nettamente superiore a quello delle banche italiane e, in caso di turbolenza
dei mercati, sarebbero proprio quelle banche ad avere bisogno di rifinanziarsi
d’urgenza presso la Bce, presentando garanzie assimilabili a spazzatura.
L’unica a quel punto disponibile nei loro attivi. Questa misura della Bce non
si estende però agli acquisti di titoli pubblici nell’ambito del QE e del più
recente PEPP.
La strategia della Bce – mutualizzare il
debito, passando dalla porta di servizio degli acquisti illimitati e rinnovati
ad libitum – potrebbe però rivelarsi presto insostenibile per la protesta dei
contribuenti del blocco nordico.
Allora, l’economista interpellato da
Bloomberg (Gilles Moec, capo economista di AXA a Londra ed in passato alto
funzionario alla banca centrale francese) propone la monetizzazione “lenta” del
debito. La Bce potrebbe comprare i crediti delle banche verso le imprese e
trasformarli in prestiti a 30 anni a tasso zero.
Significa spostare i debiti dei privati
(imprese, famiglie) dai bilanci delle banche a quello della Bce, attraverso la
creazione di moneta di banca centrale. Insomma un nuovo QE, questa volta
comprando prestiti bancari che la Bce attenderebbe 30 anni prima di incassare.
In questo crepitare di soluzioni
fantasiose, che ruotano tutte intorno allo stesso principio, cioè il ruolo
centrale della Bce, sembrano davvero di retroguardia le richieste del governo
italiano. Che senso ha chiedere 37 miliardi al Mes, quando ce ne vorrebbero
almeno 6 volte tanto per rilanciare la nostra economia e quando, soprattutto,
la Bce è quasi costretta a fare il suo lavoro altrimenti salterebbe l’eurozona?
Il senso purtroppo è chiaro. Poiché la
condivisione del rischio attuata dalla Bce è incondizionata ma surrettizia in
quanto trasferisce di fatto il rischio dall’Italia a tutti gli altri azionisti
della Bce stessa, in qualche modo il nostro Paese deve essere messo sotto
stretta sorveglianza macroeconomica. È la libbra di carne che bisogna pagare,
di nascosto.
Allora il Mes è il cavallo di Troia
perfetto per insediare la Troika a Roma. Ma almeno ce lo dicano chiaramente,
smettendo di nascondersi dietro la foglia di fico delle spese sanitarie.
Nessun commento:
Posta un commento