da: Il Fatto Quotidiano
Nuovo
affondo dello scrittore a due settimane dalle frasi su “gomorra nelle liste dem
in Campania": "L’Italia è come Trono di Spade. Dopo le Europee il
premier ha fermato il confronto"
“Dopo la vittoria alle Europee, Renzi si è
chiuso alla società civile e parla solo ai suoi. Il Pd non può rimanere nella
logica per cui si dice signorsì o si sta gufando: bisogna crescere. Io gufo?
No, io racconto e critico. E’ il mio mestiere”. Parola di Roberto Saviano.
Che, durante un intervento al Wired Next Fest di Milano, è tornato ad
attaccare in maniera aspra il presidente del Consiglio. L’occasione propizia?
La risposta da dare a chi gli chiedeva di chiarire il senso della querelle tra
lui e Renzi, scaturita da un post pubblicato qualche tempo fa sulla pagina
Facebook dello scrittore. “L’immagine del gufo usata dal premier Renzi come
simbolo della sfortuna sembra aver avuto successo mediatico – scriveva Saviano
in Rete – Renzi, però, non può liquidare un disagio come fosse solo tifo
negativo, una sorta di collettiva iattura. I problemi sono così tanti e il
consenso così necessario da mantenere che Renzi corre un grave rischio: invece
di mutare il corso delle cose, gestisce il corso delle cose”.
A Saviano, in pratica, non va giù la
definizione di gufo usata per descrivere chi non la pensa come il capo del
governo. E oggi è tornato a sottolinearlo, con considerazioni ancora più
nette e tranchant. “E’ inaccettabile
parlare di disfattismo ogni volta che c’è una voce di dissenso, come è
inaccettabile sventolare una ripresa che invece non c’è”. Poi un
paragone: “L’Italia è come il Trono di Spade: si costruisce un re per
pugnalarlo. Un paese di contrade, come già diceva Guicciardini. Bisogna
confrontarsi e prima delle Europee Renzi era molto più aperto alle critiche e
all’ironia. Oggi cade il centesimo anniversario dell’ingresso dell’Italia
nella Grande Guerra – ha aggiunto – e se si leggono i libri e i giornali
dell’epoca si parlava spesso di disfattisti: la narrativa sui gufì è uguale. Il
Pd deve uscire da questa logica di chiusura“. Lo scrittore vede l’esempio più
lampante di questa situazione riguardo ai rapporti tra il leader del Pd e
la società civile nel sud, con una situazione in Calabria e Campania
definita “disastrosa”.
Saviano, poi, ha anche ribadito di non
avere alcun interesse per ruoli politici (“A me importa solo la trasformazione
culturale dell’Italia, per questo, pure fra molte critiche, partecipo a
trasmissioni popolari come Amici“) e usato bastone e carota per descrivere
l’operato del Movimento 5 Stelle. “Mi piace molto come racconta l’Italia e
quando è sul territorio a descrivere cose che per la politica sono
dettagli e invece è sostanza. Mi piace molto meno quando fa slogan
qualunquisti”. E il Partito democratico? “Si è chiuso, deve crescere”.
Un rapporto, quello tra Saviano e il Pd,
mai idilliaco e divenuto conflittuale a metà campagna elettorale, quando lo
scrittore ha attaccato Vincenzo De Luca, il candidato governatore (condannato in primo grado per abuso
d’ufficio) del Pd in Campania: “Nelle sue liste c’è Gomorra” disse
lo scrittore, con l’ex sindaco di Salerno a rispondere
con durezza: “Si sbaglia, io portatore di legalità”. A
gelare De Luca arrivò l’intervento di Matteo Renzi in persona, che pur
sottolineando la ‘pulizia’ delle liste Pd, non nascose che a sostegno dell’ex
primo cittadino ci fossero “candidati che non voterei mai”. Due giorni fa
l’ennesima puntata, con il leader di nuovo in Campania
al fianco di De Luca a sottolineare che in tema di legalità “il governo non
prende lezioni da nessuno”.
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