da: la Repubblica
Chissà se Matteo Renzi o qualcuno dei suoi, benché legittimamente indaffarati, avrà il tempo e la voglia di
leggere l’intervista di Alessandro De Angelis ( Huffington Post) a Roberto Saviano sulle elezioni in Campania, e in specie sulla
lista del Pd di De Luca. È una conversazione analitica, pacata, niente da
spartire con gli sbraiti anti-sistema e/o la nevrosi manettara che traduce ogni
atto politico in questione giudiziaria; ma proprio per questo dice, a proposito
del Pd campano, la cosa più terribile che quel partito possa sentirsi dire
nell’evo di Renzi: che è conservatore, che ripete le logiche immutabili e
viziose della politica delle clientele e del voto di scambio. Che nello sforzo
di accaparrarsi pacchetti di voti, fettine di società, si preferisce ignorare o
rimandare ogni sostanziale resa dei conti con la malavita. Che «l’elettore
meridionale medio non ne vuole sapere di un politico nuovo, che magari ha
progetti e idee. Vuole il vecchio che gli garantisce il posto di lavoro, il
posto alla nonna all’ospedale, la mensa, l’asilo, quello che ti dà il favore in
cambio del voto». Un cerchio nefasto che fa di elettori e eletti dei collusi, e
dentro il quale, secondo Saviano, il Pd di De Luca è perfettamente inscritto.
La parola di Saviano non è Vangelo. È opinione. Ma di persona, come dire,
informata dei
fatti. Sarebbe confortante sapere che una così circostanziata
accusa di conservatorismo riceve, dal Pd, una risposta altrettanto circostanziata.
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