da: la Repubblica
Viva l’innovazione, il libro elettronico,
il print on demand (si stampano solo le copie acquistate e si evitano le
valanghe di resi), il fecondo rapporto tra nuove tecnologie e cultura. Ma mette
un brivido sentire (intervistato su Radiorai) non so quale boss di Amazon
sentenziare che in un futuro prossimo «a decidere quali libri stampare e quali
no saranno le community dei lettori, non gli editori». In apparenza è un
allargamento “democratico” delle decisioni, un colpo all’elitarismo
intellettuale. In sostanza, è il definitivo asservimento della cultura ai gusti
di (presunte) maggioranze, e fa venire in mente l’aforisma di Marcello Marchesi
sulla società di massa: «mangiate merda, miliardi di mosche non possono avere
torto». La dittatura del mercato incarna il sogno del signor Amazon ma anche
l’incubo delle minoranze, dei curiosi, degli irrequieti, o più semplicemente
dei veri innovatori (che faranno le fortune future anche di Amazon). Il rischio
intellettuale non è vidimabile da una serie di “mi piace”. L’attuale,
imperfettissimo sistema editoriale va da scemenzuole di successo come le
Sfumature di grigio a splendidi e sparuti libri di poesia, con tutta la gamma
intermedia. Mi chiedo quale “community” sarebbe in grado di scegliere, e di
sbagliare, con tanta libertà e con tanta varietà. Il conformismo è la via più
rapida, feroce ed efficace per distruggere pensiero e poesia. Per saperlo
bisognerebbe — per esempio — leggere Álvaro Mutis. Ma la “community” di
riferimento del signor Amazon terrebbe in catalogo Álvaro Mutis?
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