lunedì 25 maggio 2015

Mezza Siria nelle mani dell’Isis: ecco perché non si riesce a fermarlo



da: La Stampa – di Maurizio Molinari

Lo Stato Islamico (Isis) apre le ostilità contro l’Arabia Saudita con un attacco kamikaze in una moschea del Qatif. Il bilancio di almeno 10 morti e 70 feriti nella «Imam Ali» del villaggio di Qadih, in una regione sciita, è rivendicato dai «Soldati del Califfato» con un comunicato sul web nel quale si preannunciano «giorni bui» per la minoranza sciita nel regno wahabita.

L’attentatore
L’identificazione del kamikaze in Abu Amer al-Najdi, cittadino saudita, è un messaggio a Riad: fra gli oltre duemila volontari sauditi nei ranghi di Isis molti «sono pronti al martirio». Nello scorso novembre era stato il Califfo, Abu Bakr al-Baghdadi, a chiedere ai seguaci di «colpire i Saloul», adoperando un termine dispregiativo per indicare nei sauditi la «testa del serpente e la roccaforte del male» da far «esplodere con un vulcano della Jihad».
Riad aveva preso sul serio le minacce, iniziando a costruire un vallo difensivo lungo i circa 1000 km di confine con l’Iraq, ma Isis riesce ora per la prima volta a colpire beffando la sicurezza saudita e rafforzando la proiezione di una potenza accresciuta in Medio Oriente.


L’avanzata jihadista
Nell’ultima settimana la conquista di Palmira ha portato il Califfato a controllare oltre il 50 per cento del territorio siriano - secondo un calcolo dell’Osservatorio sui diritti umani a Londra - e a minacciare tanto Damasco, come anche Baghdad dopo la presa di Ramadi. A conferma del consolidamento c’è il successo di al-Tanf, ultimo posto di frontiera Siria-Iraq ancora in mano al regime di Assad. Ciò significa che le milizie del Califfato potranno muoversi con più facilità fra Siria e Iraq, potendo accrescere il controllo sulle tribù locali. Ciò che accomuna i successi del Califfo è il messaggio di morte agli sciiti e ciò si ritrova nell’attentato nel Qatif, lasciando intendere di voler indebolire la credibilità del re Salman e del principe ereditario Bin Nayef, ex ministro degli Interni fautore della repressione contro i terroristi interni.

L’allarme italiano
Sono questi sviluppi che spingono il ministro degli Esteri italiano, Paolo Gentiloni, a sfruttare il summit Ue di Riga per dire che «il governo è preoccupato non solo per quello che succede in Siria ma anche per la forse ancor più minacciosa situazione in Iraq». «A Parigi ci sarà la riunione del gruppo di testa della coalizione anti-Daesh - termina Gentiloni, riferendosi a Isis – e sarà fondamentale una verifica della strategia seguita finora».

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