giovedì 28 maggio 2015

Marco Travaglio: Il voto inutile



da: Il Fatto Quotidiano

Quando non eravamo ancora “il Paese di Sottosopra” (Giorgio Bocca), in Italia vigeva almeno la logica elementare. Per esempio: se qualcuno violava una legge, il problema era lui, non la legge. Poi arrivò B. e tutto si ribaltò: se uno paga o prende mazzette, il deviato non è lui, ma il Codice penale che le vieta: bisogna cambiarlo. Se uno va con una prostituta minorenne a pagamento, l’illegalità non è la sua, ma della legge che lo punisce, anche se l’ha fatta lui. Se uno si fa una legge ad (suam) personam, non è lui che sbaglia, ma la Costituzione comunista che lo proibisce e la Consulta comunista che cancella la norma incostituzionale. Se un senatore viene condannato a 4 anni e la legge stabilisce la decadenza automatica di tutti i condannati a più di 2 anni, la colpa non è sua, ma della legge (peraltro votata anche da lui). Se uno compra una casa con i soldi di un altro, si presume che ne sia grato al benefattore: se però è un politico di Forza Italia, riesce a sostenere restando serio che non lo sapeva, insomma il donatore gli ha pagato la casa a sua insaputa.
E così, di strappo in strappo, la nostra classe politica ha consolidato per sé una logica alternativa a quella delle persone comuni, le sole ancora costrette a fare i conti col principio di non contraddizione. L’altro giorno a Fiumicino è stato arrestato per pedopornografia e prostituzione minorile un prete che fotografava
adolescenti nudi, adescati alla stazione fingendosi un agente per film a luci rosse. Lui si difende così: “Sono bravo a scattare foto di nudi e così diversi ragazzini mi hanno chiesto di realizzare dei book per sfondare nel cinema erotico. Mi sono prestato per aiutarli”. E tutti, ovviamente, a scandalizzarsi, compresi quelli che per 20 anni hanno preso per buone le tangenti a fin di bene, le case comprate a propria insaputa, i soldi alle Olgettine “per aiutare ragazze in difficoltà”, fino all’apoteosi di Ruby nipote di Mubarak riempita di milioni “perché non si prostituisse”.

Le due logiche – quella per i potenti e quella per i comuni mortali – viaggiano in parallelo, e quando un cittadino prova a difendersi come un potente scatta il cortocircuito. Tre anni fa, processato per il lancio di un estintore durante una manifestazione, il celebre Er Pelliccia si difese dicendo: “Volevo spegnere l’incendio di un cassonetto”. Il guaio è che non si chiamava Scajola, non era un deputato di FI e non era difeso da Ghedini né da Paniz: il giudice non gli credette e lo condannò a 3 anni. Peggio ancora vanno le cose quando l’insaputista è un immigrato: nessuno gli crede nemmeno se l’alibi ce l’ha davvero. Abdel Touil, il marocchino arrestato in Italia su mandato della Tunisia per l’attentato al Bardo, il giorno della strage era a scuola vicino Milano: ma ciò non ha impedito ai nostri sgovernanti di considerarlo un assassino e ai molto garantisti Libero e il Giornale di chiamarlo “terrorista”: per i nostri politici la presunzione di innocenza vale anche dopo la condanna in Cassazione, mentre per lui finisce al momento dell’arresto.

Decisamente più fortunato Vincenzo De Luca, condannato in primo grado per aver abusato del suo ufficio di sindaco inventando un incarico inesistente (“project manager” di un inceneritore) per regalare soldi pubblici a un suo fedelissimo. Per la legge Severino, ma anche per la normativa precedente sugli enti locali, la condanna in primo grado porta all’automatica decadenza dalla carica. Infatti De Luca è subito decaduto da sindaco: quanto basterebbe, in un paese e in un partito minimamente attenti se non alla legge, almeno alla logica, per impedirgli di candidarsi a un’altra carica da cui decadrebbe all’istante. Invece no. Il Pd consente all’ineleggibile di presentarsi alle primarie e alle elezioni per la presidenza della Campania. Cioè per una carica che non potrà esercitare se non violando la legge. La illogica berlusconiana ha traslocato nel campo dei suoi presunti avversari, che ora sragionano come B.: se la legge vieta a un condannato di fare il governatore, il problema non è il condannato, ma la legge. Che dunque va cambiata subito dopo l’elezione dell’ineleggibile, per renderlo eleggibile ex post. Renzi ha promesso di farlo e ieri De Luca gli ha ricordato l’impegno di modificare la norma, o almeno di violarla.
Nel frattempo si studiano mezzucci per tenerlo artificialmente in carica: siccome spetta al premier dichiararlo decaduto, se De Luca fosse eletto Renzi gli darebbe qualche ora di tempo per formare la giunta, nominarsi un vicepresidente e governare per interposta persona per qualche mese senza ridare la parola ai cittadini. Dopodiché si spera di trovare un Tar disponibile a infischiarsene dell’ultima sentenza della Cassazione e a concedergli la sospensiva, anche se la competenza è del tribunale ordinario. Poi naturalmente tutti a predicare “legalità”, a proclamare che “noi non abbiamo impresentabili” e a ricattare gli elettori con appelli al “voto utile”, anche se non c’è nulla di più inutile che votare un ineleggibile che non potrà esercitare nemmeno per un giorno la sua funzione.
È la riforma del vocabolario, dopo quella della logica: la parola vergogna è abolita per insufficienza di pudore.

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