da: La Stampa
Il voto irlandese che ha visto trionfare la maggioranza di «sì» in favore del matrimonio omosessuale interroga la Chiesa. Il cardinale Pietro Parolin, «primo ministro» di Papa Francesco, definisce l’esito del risultato referendario irlandese sul matrimonio gay «una sconfitta dell’umanità».
L’arcivescovo di Dublino, nell’intervista
con «La Stampa», aveva commentato a caldo il risultato parlando di «rivoluzione
culturale» e spiegando che «la Chiesa deve chiedersi quando è cominciato questa
rivoluzione culturale e perché alcuni al suo interno si sono rifiutati di
vedere questo cambiamento».
Mentre il presidente della Cei, il cardinale Angelo Bagnasco, intervistato da «Repubblica», parla della necessità di un dialogo «sereno, senza ideologie» su questi temi e aggiunge che l’esito del voto irlandese «pone interrogativi sulla nostra capacità di trasmettere alle nuove generazioni i valori in cui crediamo, capaci di un dialogo che tenga conto della concreta situazione delle persone». Toni e accenti che presentano sfumature diverse e si aggiungono alle interpretazioni sul pensiero di Francesco a questo proposito: il Papa che ha detto «Se una persona è gay e cerca il Signore e ha buona volontà, chi sono io per giudicarla?», come si pone di fronte alle legislazioni che introducono le nozze tra persone dello stesso sesso?
Mentre il presidente della Cei, il cardinale Angelo Bagnasco, intervistato da «Repubblica», parla della necessità di un dialogo «sereno, senza ideologie» su questi temi e aggiunge che l’esito del voto irlandese «pone interrogativi sulla nostra capacità di trasmettere alle nuove generazioni i valori in cui crediamo, capaci di un dialogo che tenga conto della concreta situazione delle persone». Toni e accenti che presentano sfumature diverse e si aggiungono alle interpretazioni sul pensiero di Francesco a questo proposito: il Papa che ha detto «Se una persona è gay e cerca il Signore e ha buona volontà, chi sono io per giudicarla?», come si pone di fronte alle legislazioni che introducono le nozze tra persone dello stesso sesso?
Le letture ideologiche, dall’una e dall’altra parte, dimenticano che l’accoglienza verso le persone omosessuali manifestata da Francesco in linea con quanto affermato dal Catechismo della Chiesa cattolica è una cosa, l’approvazione del matrimonio gay è un’altra.
Da cardinale a Buenos Aires, nel 2010,
Jorge Mario Bergoglio aveva preso posizione evitando dichiarazioni pubbliche,
ma con due lettere. Nella prima, inviata alle suore di clausura di quattro
monasteri, affermava che la questione non era «una semplice lotta politica», ma
le nozze gay rappresentavano «una pretesa distruttiva del piano di Dio». Nella
seconda, inviata al presidente del consiglio dei laici della diocesi,
incoraggiava i laici a battersi per i valori cristiani. Quest’ultima venne resa
pubblica con il consenso dell’autore, ma anche la prima fu fatta filtrare e
fece scalpore. Da Papa, con un riferimento alla teoria del gender applicabile
anche alle legislazioni che equiparano il matrimonio tra un uomo e una donna
alle unioni omosessuali, ha parlato più volte di «colonizzazioni ideologiche».
Appare dunque difficile presentare Francesco come uno sponsor delle nozze gay,
magari contrapponendolo alle gerarchie ecclesiastiche.
È invece evidente come il Papa - ad esempio
attraverso la catechesi all’udienza del mercoledì dedicate alla famiglia -
voglia presentare in modo positivo la bellezza della famiglia fondata sul
matrimonio tra un uomo e una donna e la necessità di sostenerla e proteggerla.
Puntando a evangelizzare con esempi che attraggono, piuttosto che limitarsi a
ripetere condanne, come vorrebbero invece quei circoli cattolici che si sentono
vivi soltanto quando hanno un nemico a cui contrapporsi. Certo, la «rivoluzione
culturale» del referendum irlandese attesta la difficoltà che la Chiesa ha di
trasmettere il suo insegnamento anche in Paesi un tempo «cattolicissimi». Ma la
risposta alla secolarizzazione difficilmente potrà passare attraverso battaglie
e sterili contrapposizioni.
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