martedì 12 maggio 2015

Michele Ainis: Serve un Senato assennato



da: l’Espresso

La riforma porterà a un monopartitismo perfetto senza contrappesi. Per questo Palazzo Madama deve essere dotato di alcuni poteri di controllo.

Senato eletto o negletto? Dopo il successo dell’Italicum, è questa l’ultima sfida che attende il generale Renzi. Ed è una sfida cruciale: per lui, ma soprattutto per la democrazia italiana. Perché, diciamolo: la nuova legge elettorale non è esattamente un elisir di lunga vita democratica. Premia la maggioranza, però castiga la minoranza, la spappola in tanti partitini, tutti quelli che supereranno la piccola boa del 3 per cento. Trovandosi poi di fronte un partitone, dato che il premio va in tasca alla lista, non alla coalizione. Sicché dal nostro bipolarismo imperfetto rischiamo di passare mani e piedi a un monopartitismo perfetto, senza controlli, senza contrappesi.

Da qui l’importanza del nuovo Senato. Dopotutto, anche il bicameralismo paritario offriva una garanzia, nel bene e nel male: quante leggi ad personam avrebbe incassato Berlusconi, senza la diga del Senato? Se adesso ci rinunciamo, se la seconda Camera diventa una Camera secondaria, perderemo un’altra difesa. Eppure l’orizzonte è questo. Senatori eletti fra i propri membri dai Consigli regionali, che per giunta andranno a lavorare
gratis. Chi ne avrà la tentazione? E chi supererà la selezione? I trombati a una poltrona d’assessore, oppure chi ha qualche conto in sospeso con le toghe. Nel nuovo Senato non ti pagano, ma almeno non t’arrestano.

E no, non è il Bundersrat, questa è la sua caricatura. Anche perché non è affatto vero che la riforma semplifica l’officina delle leggi. Conti alla mano, elenca 22 categorie di leggi bicamerali. Sulle altre il Senato può intervenire su richiesta d’un terzo dei suoi componenti, e in seguito approvare modifiche che la Camera può disattendere a maggioranza semplice, ma in un caso a maggioranza assoluta. Pasticci forieri di bisticci. D’altronde è stata questa, fin da subito, la parola d’ordine dei ri-costituenti: il Senato? Famolo strano. E via con l’idea bislacca dei 21 senatori nominati dal Colle, l’equivalente di due gruppi parlamentari. Via con il balletto dei numeri sui sindaci in Senato: prima 108, poi 60, adesso 22. L’unica decisione irrevocabile era che i senatori fossero eletti dagli eletti, non dagli elettori.

Ora, però vacialla anche quest’ultimo proposito. Sembra che Renzi sia disponibile a concedere l’elezione diretta del Senato, per riappacificarsi con la minoranza del Pd. Mica facile, dato che l’articolo 2 della riforma è già stato approvato da ambedue le Camere nello stesso testo, tranne che per una preposizione. O si forzano le regole da cui dipende l’iter legis, oppure toccherà ricominciare il giro. Ma in un caso o nell’altro, non è questo il punto decisivo. E del resto un Senato non elettivo costituisce la regola in Europa: funziona così in Germania, Regno Unito, Francia, Olanda, Austria, e almeno parzialmente in Spagna e in Belgio.

Dov’è, allora, lo snodo? Nelle competenze, nei poteri. Occorre rafforzarli, perché fin qui il Senato si disegna come un organo d’alta consulenza, una sorta di Cnel in abito da sera. Serve perciò investirlo di una missione, d’un ruolo costituzionale. E tale ruolo non può che incidere sulle garanzie di cui il nostro sistema si è andato impoverendo. Significa, per esempio, dotare il Senato del potere di nomina delle authority, dei membri del Csm, dei giudici costituzionali. Significa assegnargli un parere vincolante sulle nomine dei dirigenti apicali dello Stato. Significa, più in generale, attribuirgli ogni decisione sulla quale i deputati versino in conflitto d’interessi: dalle immunità alla verifica delle elezioni, dalla legge elettorale al finanziamento dei partiti. E significa affidargli poteri d’inchiesta e di controllo sul governo.
Ma questa somma di funzioni non può venire esercitata dai consiglieri regionali, non foss’altro perché a quel punto il Senato non sarebbe più una cinghia di collegamento fra lo Stato e le regioni. Le competenze dipendono dalla composizione: se il Senato diventa un organo di garanzia, dovrà ospitare persone che ci garantiscano. Ecco perciò la scelta cui verranno chiamati i senatori, cui adesso tocca in terza lettura la riforma. E speriamo che il Senato sia assennato.

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