martedì 11 marzo 2014

Siria: profughi in Libano, 10 mila bambini mal nutriti



da: Lettera 43

Profughi siriani in Libano: allarme malnutrizione
Vivono in campi sovraffollati. Senza cure né vaccinazioni. Il dramma di 10 mila bimbi. Che non hanno nulla da mangiare.

da Beirut

L'allarme è arrivato da Zeroual Azzedine, responsabile sanitario dell'Unicef. «Se ci fosse una nave con più di 2 mila bambini che rischia di affondare, tutto il mondo starebbe con il fiato sospeso. Invece non c’è nessun interesse per i più di 2 mila bambini profughi siriani che rischiano di morire per malnutrizione».
In Libano, il numero dei minorenni siriani che rischiano di morire per mancanza di cibo è in crescita costante, una minaccia silenziosa e finora quasi ignorata.

EVITARE L'EFFETTO VALANGA. «Dobbiamo intervenire immediatamente», dice a Lettera43.it Azzedine, «per evitare l’effetto valanga». Poi spiega: «Nella Valle della Bekaa (qui si concentra la maggioranza dei rifugiati, ndr), i casi di bambini minori di cinque anni affetti da malnutrizione acuta sono già raddoppiati tra il 2012 e il 2013. Tutti hanno bisogno di cure immediate. Si tratta di una minaccia silenziosa e abbiamo paura che la situazione può solo peggiorare».
1 MLN DI PROFUGHI IN SIRIA. Purtroppo, questa è solo l’ultima emergenza che si abbatte su quasi 1 milione di profughi arrivati dalla Siria in meno di 24 mesi, e l’esodo sembra non fermarsi. Un popolo di fuggitivi che oggi rappresenta il 25% della popolazione del Libano, un Paese esteso come il Molise.
Arsal, nella Valle della Bekaa, è il simbolo sia del calvario dei profughi sia delle difficoltà crescenti delle comunità libanesi che li ospitano.

Sale la tensione ad Arsal che accoglie circa 30 mila disperati

La piccola città di 35 mila abitanti, al confine con la Siria, accoglie circa 30 mila profughi siriani. La popolazione di Arsal, a forte maggioranza sunnita, sostiene apertamente la rivolta contro il governo di Damasco e, anche per questo, finora non è mai venuta meno all’impegno umanitario. Ora, però, le tensioni stanno crescendo e potrebbero finire fuori controllo.
Sempre di più i residenti libanesi sono preoccupati per la loro sicurezza, mentre le tensioni sociali e politiche salgono anche nel resto del Paese.
I SERVIZI NON BASTANO PIÙ. La gente si lamenta per l’aumento degli affitti, per la sovrappopolazione, per la concorrenza sul lavoro dei rifugiati che accettano salari più bassi e per la criminalità. Per di più la maggior parte dei rifugiati si stabilisce nelle aree più povere del Paese, dove il costo della vita è minore, acuendo le già croniche e pesanti insufficienze dei servizi e delle infrastrutture pubbliche.
Le circa 800 nuove famiglie di profughi che arrivano ogni settimana si scontrano prima di tutto con il problema dell’alloggio. Anche chi è arrivato diversi mesi fa spesso non riesce più a pagare l’affitto della casa o della stanza. Così, gli accampamenti spontanei crescono come funghi.
ACCAMPAMENTI IMPROVVISATI. Secondo l'Unhcr (Agenzia dell’Onu per i rifugiati) almeno 200 mila profughi vivono negli «insediamenti informali», tendopoli non riconosciute e non accudite dal governo libanese.
Con un telo di plastica come riparo dalla pioggia e dalla neve, senza acqua potabile e servizi igienici, senza stufe e con abiti inadatti hanno superato un inverno molto rigido. Ad attenderli c'è un'estate torrida che non farà altro che rendere ancora più drammatica la vita nei campi, soprattutto sul piano igienico-sanitario.
LA VITA È TROPPO CARA. La situazione non è migliore per chi vive in un centro urbano.
Gli affitti e il cibo sono molto più cari che in Siria e anche il sogno di trovare un lavoro spesso non si realizza. Terminati i pochi risparmi che erano riusciti a portare dalla Siria, molti profughi si trasferiscono nelle tendopoli. A Tripoli, la seconda città del Libano nel Nord del Paese, la vita costa la metà rispetto alla capitale, ma per gli oltre 140 mila rifugiati che lottano per un po' di cibo è comunque troppo cara.

I bambini sono le principali vittime della situazione insostenibile

In queste condizioni i più piccoli sono le prime vittime. La povertà estrema e il sovraffollamento, insieme con la mancanza di vaccinazioni, facilitano la diffusione delle malattie. Pesano anche l'aumento dei prezzi dei generi alimentari, la poca assistenza sanitaria, l’assenza di servizi igienici e dell'acqua potabile.
In questo quadro più di 10 mila bambini, secondo uno studio realizzato dall'Unicef, hanno urgente bisogno di essere sottoposti a screening per la malnutrizione. Una sindrome che spesso sfugge ai medici locali, non abituati a identificarla sia perché praticamente inesistente in Libano sia perché si presenta in modo poco evidente.
SOTTOVALUTATI I SINTOMI. Contrariamente a quanto si crede, chi soffre di malnutrizione quasi sempre non ha appetito e la grave ritenzione idrica, tipica della fase acuta di questa problematica, può essere facilmente imputata a molte altre patologie.
È un killer silenzioso la malnutrizione. Il bambino non ha sintomi particolari, non piange, non ha dolori: come stava facendo Abed si lascia semplicemente andare.
Si tratta di una neonata malnutrita salvata da un intervento tempestivo: la sua storia testimonia il rischio mortale che corrono migliaia di bimbi profughi.
GLI INTERVENTI DELL'UNICEF. Nata in un edificio fatiscente nel Sud del Libano, a 15 mesi pesava a malapena sette chili. Era malnutrita, ma la madre non poteva permettersi la visita di un medico e le cure necessarie: «Era sempre più debole, ma cosa potevamo fare? La guardavo morire, ma non avevo i soldi per dargli da mangiare o portarlo in ospedale».
La piccola, per fortuna, è stata visitata dai medici di Unicef durante una visita periodica nelle aree dei rifugiati. È stata curata in tempo e ora sta bene.
«La nostra paura», dice Azzedine, «è che se non si interviene presto molti altri bambini non saranno così fortunati».

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