giovedì 20 marzo 2014

Il Buongiorno di Massimo Gramellini: “L’Innominato”

da: La Stampa

Il Cavaliere non è più Cavaliere. Si è autosospeso, cioè è sceso da cavallo un attimo prima che la federazione nazionale dei cavalieri (in Italia non ci facciamo mancare nulla) lo buttasse giù. Non potendo ancora ignorarlo, si pone dunque il problema di come chiamarlo.

L’abbreviazione Cav va in soffitta insieme con la versione extralarge, per la disperazione dei paleo-giornalisti, quasi tutti di sinistra, adoratori di Giuliano Ferrara, che quel nomignolo inventò nel sostanziale disinteresse del resto della popolazione. 

«Il Dottore» è l’appellativo con cui le segretarie, i dipendenti, e tra essi soprattutto Arrigo Sacchi e Galliani, lo hanno sempre evocato in azienda, ma fuori da lì suona banale e persino allusivo, se si pensa a certi bunga bunga zeppi di giulive travestite da infermiere. Ci sarebbe «Presidente», se non facesse riferimento a due entità in crollo verticale di consensi: Forza Italia e il Milan: e poi è così che vengono chiamati D’Alema e gli altri politici in pensione. «Il Berlusca» rimane il soprannome più milanesoide e in fondo più vero, ma
sembra una foto ingiallita degli Anni Ottanta. «Papi» suscita imbarazzo, «Love of my life» ilarità e in ogni caso il primo è un’esclusiva delle para-minorenni e il secondo delle igieniste dentali. «Silvio» ha un che di patetico e di eccessivamente confidenziale.


Alla fine temo bisognerà rassegnarsi a chiamare Berlusconi nell’unico modo che riesca ancora a identificarlo: il papà di Matteo.

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