sabato 8 marzo 2014

L’Europa che odia le donne

da: Lettera 43

Violenza sulle donne, l'Unione europea lancia l'allarme
Picchiate. Minacciate. Offese. L'Ue si scopre misogina. Lo svela la più grande ricerca mondiale presentata a Bruxelles
di Antonietta Demurtas

Dal machismo all'alcolismo. C'è sempre un pretesto per violentare, picchiare, minacciare, offendere e perseguitare una donna. Nell'Unione europea se ne potrebbero trovare 28, uno per ogni Stato membro. Perché quando si parla di donne, non c'è Paese che possa vantare un livello di civiltà degno di questo nome.
A testimoniarlo è la ricerca dell'Agenzia dell'Ue per i diritti fondamentali (Fra), la più grande condotta finora a livello mondiale, e presentata mercoledì 5 marzo al Consiglio europeo a Bruxelles.
Una location scelta volutamente per mettere tutti i Paesi dell'Ue davanti a una realtà, che Marten Kjaerum, direttore della Fra, definisce, «inaccettabile».

UNA DONNA SU 3 HA SUBITO VIOLENZA. È infatti inaccettabile che nel 2014, 62 milioni di cittadine europee, una ogni tre, dichiarino di aver subito violenza
fisica e/o sessuale sin dall'età di 15 anni. Nel 22% dei casi è stato il partner a compierla.
Quasi una donna su 10 è stata invece stuprata da un uomo che non era il proprio compagno. Il 43% ha subito violenza psicologica.
E ancora, il 33% è stata vittima di violenza fisica o sessuale durante l'infanzia. Il 18% ha subito stalking, un incubo che il 21% di loro ha vissuto per oltre due anni. E che per molte continua ancora oggi: il 5% ne è stata vittima negli ultimi 12 mesi precedenti l’indagine, in pratica 9 milioni di donne che vivono prive anche della libertà di rispondere al telefono e uscire di casa senza tremare.
42 MILA DONNE SI RACCONTANO. Questa è la fotografia impietosa scattata dalle ricercatrici della Fra che tra marzo e settembre 2012 hanno incontrato di persona 42 mila cittadine tra i 18 e i 74 anni: 1.500 donne per ognuno dei 28 Stati membri.

Il 67% non ha mai denunciato l'episodio più grave di violenza subita
Per la prima volta un'indagine di così larga scala non viene fatta per telefono ma attraverso colloqui privati, che a seconda dei casi sono durati dai 25 minuti alle due ore. E hanno permesso alle vittime di rompere il silenzio.
«Ma soprattutto vincere, anche solo per un momento, la paura», dice a Lettera43.it Joanna Goodey a capo del gruppo di ricerca Fra.
È questo infatti il sentimento che accomuna le donne europee: il 67% non ha mai denunciato alla polizia o ad altre organizzazioni l'episodio più grave di violenza subita dal proprio partner.
«Paura che vede le italiane al primo posto e che spesso non permette di monitorare il fenomeno sino in fondo», sottolinea Goodey.
L'OSTACOLO DELLA RETICENZA. Basta vedere i dati dei 28 Stati Ue per capire che se l’Italia non risulta ai primi posti non è perché la violenza contro le donne sia in calo, «ma perché spesso è considerata un affare di famiglia e c’è più reticenza nel raccontarla, denunciarla», spiega l’esperta.
Una ferita sempre aperta cui quasi ci si è abituati. Le italiane insieme con le inglesi si classificano infatti al terzo posto nel pensare che la violenza di genere sia comune nel proprio Paese. Prima di loro ci sono solo le croate (39%) e le portoghesi (60%).
L'ITALIA FERITA E IMPAURITA. Eppure in Italia 'solo' il 27% ha dichiarato di aver subito violenza fisica o sessuale dopo i 15 anni, in Spagna il 22%. I Paesi che hanno registrato la percentuale maggiore non sono gli Stati considerati machisti per eccellenza, ma la Danimarca (52%), la Finlandia (47%) e la Svezia (46%). Quelli con la più bassa percentuale: Polonia (19%), Austria (20%) e Croazia (21%).
Così come a raccontare di essere state vittime di violenza prima dei 15 anni sono sempre più numerose le cittadine del Nord Europa: Finlandia, 53%, Estonia 50%, e Francia 47%. Italia 33%, Spagna 30%. Gli ultimi: Cipro, Slovenia e Polonia.
MONITORAGGI DIFFICILI. Ma in alcuni Stati l’abitudine alla violenza e il fatto che il carnefice è spesso il proprio partner non permette di monitorare tutta la realtà.
Quando poi gli abusi avvengono fuori dalle mura domestiche, a sfalsare i dati c’è ancora una volta la paura: «In Italia c’è un maggiore controllo sociale del fenomeno: le donne escono meno da sole perché temono di subire violenza, si autolimitano nella propria libertà perché sanno di correre dei rischi», rileva Goodey. E se non ci pensano è la società a ricordarglielo. Anche se purtroppo contro la violenza, verbale, sessuale, fisica e psicologica, non ci sono difese.

La metà delle cittadine europee ha subito almeno una molestia sessuale
Il 55% delle cittadine europee racconta di aver subito molestie sessuali, al 32% è successo sul posto di lavoro e il responsabile è un superiore, un collega o un cliente.
Se poi a comandare sono le donne, la molestia è ancora più frequente: a denunciarla sono il 75% delle intervistate che svolgono professioni qualificate o manageriali ad alto livello.
Sul tema, solo per fare un esempio, il neoministro Maria Elena Boschi potrebbe già raccontare più di un episodio, a partire dal modo in cui è stato ripreso, commentato e riproposto sui media il suo lato b durante la firma al Quirinale.
IMPOTENTI DAVANTI ALLA VIOLENZA. «Quello delle molestie sessuali è un fenomeno talmente pervasivo, che lascia attoniti», commenta Goodey, «una donna su due ogni secondo subisce una molestia sessuale. Ciò vuol dire che per quanto sia alto il livello di denuncia, siamo completamenti impotenti nel limitare questo tipo di violenza, che assume cento forme e cento volti».
L'11% delle donne europee è stata molestata attraverso avance inopportune con riferimenti sessuali espliciti ricevuti sui social network o attraverso messaggi di posta elettronica o via sms. Perché la violenza non ha confini reali né virtuali: il 20% delle giovani tra i 18 e i 29 anni ha raccontato un'esperienza di violenza online.
Da qualunque parte si guardi il rapporto della Fra, il risultato è un vero e proprio bollettino di guerra. E non ci sono territori neutrali: «Anche nei Paesi dove le percentuali sono più basse, il fenomeno è comunque preoccupante», dice Kjaerum, che tuona «è tempo di agire, non si può più aspettare».
LA SORPRESA DEL NORD EUROPA. A colpire il direttore sono soprattutto i dati che testimoniano come nel Nord Europa la percentuale di donne maltrattate sia altissima. «E come ora loro stesse stiano prendendo coscienza del problema». Per questo sono anche quelle che denunciano di più, viste le percentuali dell’indagine.
Paesi dove il benessere economico e l’emancipazione femminile facevano pensare a un livello maggiore di civiltà, si scoprono fermi al Medioevo. I primi in quasi tutte le classifiche legate alle esperienze di violenza di genere non sono infatti i Paesi cosiddetti latini del Sud, ma gli scandinavi.
«A influire sono fattori diversi Paese per Paese, al Nord più che il machismo è spesso è l’alcolismo», dice il direttore Fra, «ma la drammaticità della situazione non cambia».
E non si tratta solo di violenza fisica o sessuale. Anche quando si parla di molestie sessuali e stalking il Nord sventola bandiera nera con al primo posto la Svezia (33%), segue il Lussemburgo(30%) e la Francia 29%.
Ma ancora una volta Kjaerum ricorda come non è certo il 18% dell’Italia o le basse percentuali della Romania e della Lituania (l’8%) o della Repubblica ceca (9%), «a tranquillizzarci», avverte Kjaerum.
RATIFICARE LA CONVENZIONE ISTANBUL. In quei Paesi «è infatti spesso la scarsa consapevolezza e il timore di denunciare la violenza subita». Per questo l'Agenzia dell'Unione europea per i diritti fondamentali spinge ad avviare quanto prima un’azione comune. Un fronte europeo contro la violenza di genere.
L'obiettivo è sensibilizzare, far conoscere, capire: «Questa ricerca deve spingere gli Stati membri a mettere al primo posto dell’agenda europea il problema».
Il primo traguardo da raggiungere è «esercitare una pressione tale affinché i Paesi che ancora non hanno ratificato la Convenzione del Consiglio d'Europa sulla prevenzione e la lotta alla violenza contro le donne e la violenza domestica (Convenzione di Istanbul, ndr), lo facciano al più presto», dice Kjaerum.
Un piccolo passo in una battaglia tutta ancora da combattere.

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