lunedì 31 marzo 2014

Media, Internet: la neutralità della rete, cos’è e perché rischiamo di perderla




La neutralità della rete : che cos’é e perché stiamo rischiando di perderla
di Luca Belli

La neutralità della rete é un principio di non discriminazione, essenziale perché Internet continui ad essere libera e sfuggire al controllo di entità private ed alla censura di governi autoritari.
Per capire il valore fondamentale di questo principio tecnogiuridico bisogna capire che cos’é e come funziona Internet. Non é facile ma neanche impossibile. Nel prossimo paragrafo, mi sono sforzato di semplificare dei concetti tecnici alquanto complessi. Gli esperti possono evitate un inutile supplizio e passare al paragrafo successivo. I non-esperti troveranno qualche elemento utile al fine di comprendere come funzione la Rete che utilizzano quotidianamente ed acquisire la base concettuale necessaria a cogliere la rilevanza della neutralità della Rete.

Internet for beginners
Internet é un’inteconnessione di reti autonome (per questo definita “inter-network”) a vocazione modiale. Inoltre, questa “rete di reti” é strutturata su più livelli, ai quali sono attribuite funzioni diverse. Ogni informazione trasmessa
tramite Internet é digitalizzata da un’applicazione che si trova sul livello superiore e frammentata in “pacchetti di dati” o datagrammi che percorrono i livelli inferiori e sono veicolati attraverso i vari networks che compongono Internet, gestiti da dei fornitori di accesso a Internet (i quali sono spesso anche operatori telefonici).
Cio’ che é importante notare é che, sin da principio, la struttura di Internet ha “decentralizzato” l’intelligenza delle Rete, dando vita a un’architettura logica definita end-to-end. Ma che cosa significa? Singnifica che, sapendo che la trasmissione dei datagrammi avrebbe potuto subire dei problemi tecnici (anche le reti possono incepparsi), si é deciso di decentralizzare il trattamento delle informazioni al livello delle applicazioni che operano nello “strato superiore”, implementato alle “estremità” della Rete, ovverosia nei computer utilizzati dagli utenti.
Questa scelta é stata fondametale per il funzionamento di Internet perché, invece di attribuire agli operatori la possibilità di controllare come la rete possa essere utilizzata dai propri utenti, ha fatto si che gli utenti siano in grado di utilizzare Internet come vogliono ; di “ricevere e comunicare informazioni ed idee senza che vi possa essere ingerenza ; ma soprattutto di diffondere innovazione senza dover chiedere il permesso a nessuno.
In sostanza questo principio ha costretto gli operatori ad aprire le loro reti all’innovazione, ed ha permesso agli utenti di Internet di essere dei partecipanti attivi e non dei meri spettatori passivi. Ed I benefici di una tale scelta strutturale sono più che evidenti.

Ma allora che cos’é la neutralità della Rete?
Il carattere aperto e decentralizzato della struttura logica su cui si articola Internet é all’origine del suo incredibile potenziale economico, sociale e – la primavera araba docet – politico. Ed il corollario di quest’organizzazione aperta e decentralizzata é una trasmissione neutra – ovverosia non discriminatoria – di ogni tipo di pacchetto di dati comunicato e ricevuto dalle varie applicazioni utilizzate dagli utenti. Questo trattamento non discriminatorio é la neutralità della rete ed il dibattito concernente questo principio dura da ormai quasi quindici anni.
Dov’é il problema? Il problema é che l’évoluzione technologica degli ultimi quindici anni ha permesso agli operatori di perfezionare le proprie capacità di gestione del traffico Internet e, talvolta, di gestire i flussi di dati in maniera discriminatoria. Tutti gli operatori gestiscono il loro traffico Internet e hanno il diritto di farlo – e spesso devono farlo – per diverse ragioni tecniche (sicurezza ed integrità delle proprie reti) o giuridiche (per esempio, quando l’accesso a determinati contenuti illeciti dev’essere bloccato per ordine della magistratura).
Ma quello che gli operatori non possono e non devono fare é bloccare, filtrare, rallentare o priorizzare delle applicazioni o dei datagrammi specifici per delle ragioni puramente economiche. Infatti, un tale trattamento discriminatorio determina delle evidenti conseguanze negative sul pieno godimento della libertà d’espressione e d’informazione degli utenti – riducendo il pluralismo mediatico ed impedendo ad ogni individuo di formare la propria opinione liberamente – e, parallelamente, centralizza Internet attribuendo ad un operatore la possibilità di determinare chi puo’ diffondere delle applicazioni e dei servizi tramite Internet e chi no.
Quando la gestione del traffico Internet non é regolata, il fornitore di accesso ad Internet acquisisce un ruolo di editore di Internet. In questo caso, cio’ che riceve l’utente – e per cui paga un canone mensile –non é più Internet ma é la versione di Internet “approvata” dall’operatore.

Perché questo problema interessa potenzialemente ogni individuo?
La questione diviene molto più problematica quando ci si rende conto che queste pratiche discriminatorie non sono un mero caso di scuola ma sono estremamente diffuse in tutta Europa.
Nel maggio 2012, l’Organo dei regolatori europei delle comunicazioni elettroniche (BEREC) ha pubblicato un rapporto nel quale si elucida che 20% degli utenti Internet europei e più del 50% degli utenti di mobile Internet sottoscrivono dei contratti che prevedono diversi tipi di restrizioni e trattamenti discriminatori.
Si, proprio così: un utente su cinque ed una connessione mobile su due in Europa sono interessati da pratiche discriminatorie.
Chiaramente, il problema consta nel fatto che l’utente medio non ha né il tempo, né le competenze tecniche per analizzare le clausole contrattuali che delineano, in maniera tanto trasparente quanto indecifrabile, quali restrizioni saranno applicate. Infatti, benché dal 2009 il legislatore europeo abbia previsto l’obbligo in capo agli operatori di fornire informazioni relative alle condizioni che limitano l’accesso ad applicazioni e servizi, il livello di comprensibilità di tali informazioni non é specificato.
Ergo, fatto salvo il caso in cui l’utente sia un appassionato di clausole contrattuali ed abbia le competenze per comprendere il loro contenuto technico, l’ovvia reazione dell’utente impossibilitato ad utilizzare un’applicazione od accedere a un servizio consiste a supporre che l’applicazione od il servizio “non funzionino” piuttosto che realizzare che in quello stesso momento la propria libertà di scelta é ristretta – senza alcuna base giuridica – dal proprio operatore.

Ma non é finita qui.
Lo scorso settembre la Commissione europea ha proposto un nuovo Regolamento concernente il mercato unico delle telecomunicazioni il quale prevede delle disposizioni volte a disciplinare la gestione del traffico Internet e “proteggere” il principio della neutralità della Rete.
Questa sembra essere prima facie un’eccellenta notizia. Purtroppo, le manifastazioni di giubilo dovranno attendere. Infatti, anche se la proposta iniziale é stata emendata, eliminando le disposizioni più controverse, la regolamentazione dei cosiddetti “servizi specializzati” rischia di essere utilizzata come cavallo di troia al fine di vanificare la protezione della neutralità della Rete.
I servizi specializzati rappresentano infatti un’eccezione al principio di neutralità della Rete poiché permettono la trasmissione di un servizio specifico (per esempio, la trasmissione video ad alta definizione) ad un livello di qualità garantita, differnziandosi quindi dalla trasmissione best-effort che caratterizza Internet. Ergo, tecnicamente, i servizi specializzati non sono considerabili come Internet.
In questa prospettiva, il BEREC ha evidenziato chiaramente, in un rapporto pubblicato nel novembre 2012, che i servizi specializzati devono essere separati dall’Internet aperta e neutra per evitare che la banda passante sia destinata principalmente a dei servizi a qualità garantita a danno della qualità di Internet. Infatti, il BEREC ha esplicitamente sottolineato che quando i servizi specializzati non sono separati (logicamnete o fisicamente) da Internet, la qualità di Internet rischia di essere ridotta e, parallelamente, gli operatori non avranno alcun incentivo ad investire nel miglioramento dell’infrastruttura dedicata ad Internet, poiché sarà proprio questa bassa qualità a rendere l’offerta si servizi specializzati attraente.
Sapendo che questa possibilità é statta elucidata in maniera cristallina dal BEREC, é inevitabile aspettarsi che il criterio della separazione sia sicuramente incluso nella definizione dei servizi specializzati. Ma, surprise surprise, questo criterio non stato preso in considerazione né dalla proposta iniziale né dal progetto che sara votato dal parlamento!
La definizione di servizio specializzato contenuta nell’articolo 2.15 del progetto di regolamento si presta dunque a degli evidenti abusi poiché permette di considerare potenzialmente ogni applicazione o servizio Internet come un servizio specializzato e quindi di priorizzarlo. E quali entità avranno la capacità finanziaria necessaria a supportare le spese relative alla priorizzazione? La start-up italiana che sviluppa una nuova applicazione? Il servizio publico di telemedicina? L’organizzazione a scopo non lucrativo che vuole diffondere del materiale pedagogico o culturale? O, forse, i big players che già dominano il mercato.

Cosa possiamo fare?
Credo che per gli italiani, uno dei pochi elementi positivi degli ultimi vent’anni sia stato rendersi conto che la concentrazione di potere mediatico determina delle enormi – e spesso spiacevoli – conseguenze sociali, politiche ed economique. Infatti, come amava sottolineare Licio Gelli, “il vero potere risiede nelle mani dei detentori dei mass media”.
La mancanza di neutralità attribuisce agli operatori il potere di trasformare Internet in un’emittente privata e di diventarne gli editori. E questa mutazione genetica va evitata.
Il progetto di regolamento sarà votato dal Parlamento europeo martedi 3 aprile (sì, martedì prossimo) e poi sarà esaminato dal Consiglio. E’ ancora possibile apportare delle modifiche al progetto ed in una democrazia rappresentativa, i rappresentanti sono tenuti ad ascoltare la propria base elettorale se vogliono farsi rieleggere.
La libertà su Internet rischia seriamente di essere strappata dalle nostre mani ed é un diritto ed un dovere di ogni cittadino europeo cercare di opporsi ad un tale esito. Io la mia Rete la voglio libera, aperta e neutra.

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