da: La Stampa
Come tutti coloro che da Renzi si aspettavano il governo dei
fuoriclasse – se non Baricco Guerra e Farinetti, almeno Gratteri – ero
rimasto un po’ deluso dalla lista
dei ministri. Ma mi sbagliavo.
Quella lista aveva un suo fascino, se paragonata
a quella dei sottosegretari. Dai, mi
dicevo, vorrai mica che alla Giustizia
rimettano un berlusconiano di ferro?
Infatti ne hanno messo uno di Ferri. Cosimo
Maria Ferri, affiancato da un’altra figura neutrale: il relatore del lodo
Alfano. Però il senatore Tonino Gentile,
no. Si deve trattare di un refuso. Mai e
poi mai il Renzi che conosco farebbe
salire a bordo un signore accusato, non più tardi del 19 febbraio scorso,
di avere impedito l’uscita di un giornale. Il direttore e l’editore dell’Ora
della Calabria sostengono di avere ricevuto pressioni per interposta persona
affinché fosse estirpata la notizia di un’indagine che riguardava il figlio del
senatore. Il «mediatore» avrebbe spiegato ai giornalisti riottosi che «il
cinghiale quando viene ferito, ammazza tutti». Un linguaggio che, più che i
documentari di Quark, richiama i dialoghi del Padrino.
Il giornale non uscì, a causa di una
misteriosa rottura della rotativa. Cose che capitano. Mentre non può capitare
che, appena dieci giorni dopo, la persona su cui aleggia un sospetto simile
venga nominata sottosegretario. E nemmeno
all’Editoria, settore col quale
parrebbe avere una certa dimestichezza. Alle Infrastrutture, pozzo senza fondo
di appalti pubblici. Dottor Renzi, sia gentile con Gentile e lo accompagni
all’uscita. Ci ha promesso che con lei l’Italia cambierà verso. Non che ci
andrà di traverso.
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