martedì 11 marzo 2014

Luca Ricolfi: "Irpef o Irap scelta rivelatrice"

Le argomentazioni di Ricolfi sono pertinenti e logiche. Ma si fondano su un presupposto che non è assolutamente certo. Che in caso di diminuzione dell’Irap le imprese utilizzino quei soldi per gli investimenti. Dove sta scritta ‘sta roba? Chi lo garantisce?
A parte il piccolo particolare che, qualora anche le imprese investissero, incrementassero la produzione, non è detto che crescano i consumi. Se non ho soldi, non spendo.
Ma ammesso e non concesso che investimenti = maggiore produzione = vendite = entrate per le aziende e per il fisco, chi glielo assicura a Ricolfi che le imprese rimettano in circolazione i soldi derivanti da minor peso fiscale.
Nessuno. Ergo. I soldi iniziamo a darli anche se, come giustamente osserva Ricolfi, a una certa fascia di lavoratori garantiti. Tra i quali, magari, ci sono coloro che garantiscono sostegno e aiuto a figli precari e a genitori anziani.
I posti di lavoro non si creano con la sola dimunuzione dell’Irap, ma con un insieme di norme organiche tra le quali: il pagamento dello Stato alle imprese, l’accesso al credito agevolato per chi fa ricerca e presenta piani industriali di investimento, ecc…ecc..

da: La Stampa

Luca Ricolfi Irpef o Irap una scelta rivelatrice
Irpef o Irap? I dieci miliardi di sgravi fiscali promessi da Renzi devono andare ai lavoratori o alle imprese? 

Mai dilemma di politica economica fu più falso e fuorviante di questo. Intanto perché l’abbassamento dell’Irpef - al quale secondo le ultime voci sarebbe
orientato il premier - non riguarderebbe affatto «i lavoratori», che sono oltre 22 milioni, ma una parte dei lavoratori dipendenti; e in secondo luogo perché l’abbassamento dell’Irap non riguarderebbe «le imprese», quanto l’insieme ben più vasto dei lavoratori autonomi soggetti a Irap, che sono quasi 5 milioni di persone.  

Cominciamo quindi con il dire una prima verità: se, come pare, lo sgravio sarà tutto concentrato su un’imposta, e non spalmato su entrambe, la scelta reale di Renzi non è fra lavoratori e imprese, ma semmai fra due gruppi di lavoratori. 

Ma è l’unica scelta? Ed è la scelta più importante? 

Secondo me no. A mio parere, la frattura sociale fondamentale, in Italia, non è fra lavoratori dipendenti e lavoratori autonomi. La frattura fondamentale è fra garantiti e non garantiti. O, se preferite, fra società delle tutele e società del rischio. Da una parte dipendenti pubblici e dipendenti delle grandi imprese, la cui condizione poggia su un sistema di garanzie relativamente solido e sostanzialmente stabile. 

Dall’altra lavoratori autonomi, operai e impiegati delle piccole imprese, disoccupati, precari, lavoratori in nero, giovani e donne alla ricerca di un’occupazione, che nuotano nel vasto oceano del rischio perché la loro condizione è drammaticamente soggetta ai capricci del mercato e le tutele di cui godono sono minime. Questi sono i due mondi che si intrecciano in Italia, talvolta all’interno della medesima famiglia. Ora, rispetto a questa frattura, l’alternativa fra sgravi Irpef e Irap è assolutamente cruciale.  

Gli sgravi Irpef incidono sui risparmi e sui consumi di una decina di milioni di lavoratori dipendenti, ma lasciano del tutto invariata la condizione di chi è lavoratore autonomo o non ha un’occupazione. Gli sgravi Irap, invece, oltre a incidere sui risparmi e sui consumi di circa 5 milioni di lavoratori indipendenti, esercitano un effetto di entità non trascurabile sul tasso di crescita e sull’occupazione. Alleggerendo i conti delle aziende, infatti, gli sgravi Irap riducono il rischio di chiusura e aumentano le possibilità di creare nuovi posti di lavoro.  

La differenza di fondo fra le due strade, fra mettere 10 miliardi sull’Irpef e metterli sull’Irap, è che nel primo caso (Irpef) si fornisce un sollievo a una parte di coloro che un reddito già ce l’hanno, mentre nel secondo caso si dà una chance anche a chi non ha alcun reddito. In poche parole, gli sgravi Irap possono avere qualche effetto non solo nella società delle garanzie, ma anche in quella del rischio. 

Tradizionalmente la politica, specie a sinistra, ha sempre avuto un occhio di riguardo per il mondo dei garantiti, specie dipendenti pubblici e operai delle grandi fabbriche, e ha prestato ben poca attenzione a quello dei non garantiti, e in particolare di giovani, donne, disoccupati, precari e lavoratori in nero. E’ per questo che, quando spuntano fuori delle «risorse», il riflesso condizionato di un pò tutte le forze politiche, e massimamente quello delle organizzazioni sindacali, è di convogliare tali risorse verso i propri iscritti o i propri elettori, che tendenzialmente costituiscono porzioni più o meno ampie e ben definite del mondo dei garantiti. E’ naturale: ognuno cerca di proteggere i suoi, e i non garantiti sono tali proprio perché non hanno alcuno che li protegga e ne difenda le buone ragioni.  

Ecco perché, molto giustamente, tanti studiosi e tanti osservatori dicono che, in Italia, non solo la destra ma anche la sinistra è conservatrice. Ed ecco perché, da qualche tempo, ci si augura che almeno la sinistra abbandoni la sua attitudine conservatrice e provi a fare la sinistra, difendendo innanzitutto i veri deboli. 
Avrà Matteo Renzi il coraggio di puntare, per la prima volta nella storia della sinistra nell’Italia repubblicana, sul mondo dei non garantiti?  

O preferirà la solita strada, quella di dare un contentino a un segmento dei garantiti? 

Lo vedremo domani, quando verrà presentato il Jobs Act. Nel frattempo possiamo solo rallegrarci di una cosa: dopo che il premier avrà fatto la sua scelta definitiva, noi cittadini ne sapremo molto di più sul premier stesso. Perché la scelta Irpef-Irap è una cartina al tornasole perfetta, capace di dirci se – con Renzi – la sinistra ha davvero cambiato verso, diventando più moderna e attenta all’interesse generale, o se essa continua ad essere ostaggio dei poteri di sempre, che ne hanno fatto una delle forze più conservatrici del Paese. 

Nessun commento:

Posta un commento