lunedì 31 marzo 2014

Stefano Feltri: “Caccia agli 80 euro, come trovare i soldi per accontentare Renzi”



da: Il Fatto Quotidiano

Tutto si decide l’8 aprile con l’approvazione del documento di economia e finanza e il decreto con i tagli della spending review 

Il modo lo troverà: Matteo Renzi ha promesso che il 27 di maggio 10 milioni di italiani avranno 80 euro in più in busta paga e così sarà, si è esposto troppo. Magari i beneficiari non saranno proprio 10 milioni, forse gli euro saranno qualcosa in meno di 80 (dipende anche dall’effetto del fisco), probabilmente le coperture di questo regalo elettorale in vista delle Europee saranno precarie, ma Renzi lo farà. Nella sede del governo ombra, cioè il ministero del Tesoro, hanno capito che il premier è inamovibile e stanno lavorando per avere i numeri giusti. Ma non è facile. Il giorno decisivo è l’8 aprile: ci sarà un Consiglio dei ministri che all’ordine del giorno avrà i due punti cruciali, il Documento di economia e finanza che fissa il quadro di bilancio in cui deve avvenire l’operazione 80 euro, e un decreto legge attuerà i primi tagli della spending review, per trovare le coperture. Ma è meno semplice di come suona.

Il ministro del Tesoro Pier Carlo Padoan ha messo al lavoro i supertecnici del ministero, da giorni alle prese con i modelli econometrici che devono produrre il
risultato desiderato: numeri compatibili sia con le promesse del premier che con le richieste della Commissione europea. Venerdì sera, intervistato da Enrico Mentana su La7, il premier Matteo Renzi ha anticipato che la crescita del Pil 2014 sarà rivista al ribasso dall’1 per cento stimato da Enrico Letta al 0,8-0,9 (comunque ottimistico visto che le principali previsioni indipendenti parlano di 0,6). Il deficit, stimato al 2,5 per cento del Pil, non arriverà mai e poi mai al 3 per cento, hanno giurato i tecnici del Tesoro agli sherpa della Commissione che stanno seguendo i lavori preparatori del Def. Certo, un po’ di spesa in deficit ci sarà, ma al massimo fino a 2,7-2,8 per cento. E nella sua intervista a Repubblica di mercoledì, Padoan ha ribadito che l’Italia rispetterà anche la regola del debito, quella che prevede una riduzione progressiva in modo da essere in regola con i parametri del Fiscal compact dal 2016. Tradotto: bisogna fare un aggiustamento strutturale da 0,5 punti di Pil cui corrispondono tagli duraturi per 4-5 miliardi.

Vi siete persi? Normale. È un gioco di abilità o di illusionismo: come si fa a tenere sotto controllo il deficit, però alzandolo un po’, rivedere al ribasso la crescita, ma anche alzarla per effetto delle riforme annunciate e ridurre il debito però anche aumentarlo per pagare gli arretrati della pubblica amministrazione? A Bruxelles sono molto curiosi di scoprirlo. Nelle parole di Renzi c’è un indizio: con il taglio del cuneo fiscale “spero che alla fine la crescita arrivi arrivi all’1 per cento e lo si superi”. Stando a quanto trapela da via XX Settembre funzionerà così: il Def avrà non due ma tre tabelle. Le prime sono standard: una indica i numeri a legislazione vigente (cioè come andrebbero i conti senza interventi), la seconda è il quadro programmatico, include gli effetti delle cosiddette misure “legislate”, cioè approvate in una qualche forma e tra queste ci saranno i tagli della spending review, gli scostamenti del deficit, il risparmio dovuto agli interessi più bassi sul debito pubblico, l’impatto del Jobs Act e così via. Comparirà poi una terza tabella, quella dell’ottimismo, senza un valore formale ma con un contenuto politico: lì Renzi e Padoan fisseranno i loro obiettivi e indicheranno quale sarà l’impatto delle misure su cui stanno lavorando e non ancora tradotte in provvedimenti di legge (come il bonus da 80 euro). I numeri della terza tabella saranno ovviamente migliori di quelli delle altre due: la crescita, come anticipato da Renzi, sarà indicata almeno all’1-1,1 forse perfino di più. E così i conti torneranno.

Un’arditezza contabile che si fonda sulla forza politica che il premier sente di avere: non guardate i numeri come sono, ma crede a come possono cambiare. Percentuali a parte, ci sono da trovare i soldi veri: il bonus da 80 euro a 10 milioni di italiani costa circa 10 miliardi all’anno, visto che nel 2014 partirà da maggio ne bastano poco più di 6. Se la soglia di stipendio mensile che permette di accedere scendesse da 1.500 a 1.300 euro – come si dice in questi giorni – il conto si ridurrebbe ancora. E per partire subito si può anche usare qualche copertura una tantum, rimandando quelle vere, strutturali, alla legge di stabilità in autunno. Basta gonfiare un po’ l’impatto sulla crescita e anche il deficit non avrà problemi. Anzi, con un Pil a +1,2 o superiore anche i requisiti imposti dalla regola del debito sarebbero più blandi e la correzione da fare più bassa. Chissà se a Bruxelles la Commissione europea approverà questa creatività contabile.

Nessun commento:

Posta un commento