venerdì 4 settembre 2015

Storia del piccolo Aylan e di una famiglia come le nostre, in fuga dalla guerra



da: Famiglia Cristiana
Aveva tre anni ed è morto annegato insieme al fratellino. Veniva da Kobane, la città siriana straziata dalla guerra. La sua famiglia avrebbe voluto raggiungere il Canada ma a giugno il visto era stato negato. E così il padre ha tentato di portare la famiglia in Europa. 

Si chiamava Aylan, Aylan Kurdi, e aveva tre anni. Il bimbo che commosso il mondo intero, ritrovato senza vita su una spiaggia di Bodrum, riverso sulla battigia come un bambolotto abbandonato, era nato a Kobane, nel nord della Siria. La sua era una tranquilla famiglia borghese, di origine curda, travolta dagli eventi. Stava scappando con la mamma e il papà da una guerra feroce che aveva ridotto in macerie la sua città. Il mondo intero sta cercando di scrivere la sua breve storia, anche se le notizie che ci giungono, raccolte soprattutto dai giornali turchi, sono frammentarie. 

Sono state diffuse su Twitter anche alcune foto di Aylan con il fratellino Galip, di 5 anni, anch’egli morto nel tentativo di raggiungere l’isola greca di Kos, che fronteggia, dopo una breve traversata, Bodrum, la Portofino della Turchia. Dopo essere approdati sull’isola, la famiglia avrebbe cercato di raggiungere l’Europa continentale. Nelle foto Aylan e Galip sorridono sereni accanto a un orsacchiotto
di pezza bianco, come i bambini di tutto il mondo.  La famiglia voleva raggiungere il Canada, come ha raccontato una zia da Vancouver, Teema Kurdi, contattata dai giornalisti del quotidiano Ottawa Citizen, ma il Paese gli ha chiuso le porte in faccia, negando il visto a tutta la famiglia. La zia era stata contattata dal padre del bambino Abdullah, 40 anni, sopravvissuto alla traversata, che gli ha dato la notizia della morte della moglie e di tutti i figli. A quel punto la famiglia Kurdi avrebbe deciso di tentare la traversata dalla Turchia da dove si trovava da qualche tempo («vivevano in condizioni terribili, i curdi vengono trattati male in Turchia», ha raccontato ancora la donna). 

Secondo l’agenzia di stampa turca Dogan in quella traversata, tra Kos e Bodrum, insieme ad Aylan, sono morte 12 persone. Teema Kurdi ha riferito che il fratello Abdullah, che si trova a Bodrum ma è in stato confusionale, straziato dal dolore per la perdita della sua famiglia, ora vorrebbe tornare a Kobane per seppellire la famiglia. ''Quando la barca si è rovesciata, ho preso mia moglie e i miei bambini tra le braccia ma mi sono accorto che erano morti'', ha detto Abdullah Kurdi all'uscita dell'obitorio dove ha riconosciuto il figlioletto. ''Siamo scesi da una barca e un'ora dopo siamo saliti su un'altra dove c'era un uomo turco. Noi eravamo in 12 e la barca era stracarica. Eravamo in mare da pochissimi minuti ma le onde erano alte, l'uomo che guidava la barca ha sterzato e noi siamo andati a sbattere. Lui è andato nel panico e si è gettato in mare, scappando. Ma le onde erano altissime e la barca si è capovolta''. Parla di Aylan e dell'altro figlio morto in mare, Galip, e lo fa come tutti i padri: ''I miei bambini erano i più bei bambini del mondo, meravigliosi. Mi svegliavano la mattina perché giocassi con loro. Ora non ci sono più''.

In questi mesi il flusso di persone che scappano dalla Siria attraverso la Grecia è aumentato drammaticamente toccando la quota di 205 mila rifugiati solo nel 2015 (sono 4 milioni dall'inizio della guerra, nel 2011), secondo i dati dell'Alto commissariato per i rifugiati. Di questi la maggioranza (il 69 per cento) sono siriani. In particolare, Kobane, negli ultimi due anni, è stata teatro di combattimenti violentissimi che hanno visto contrapporsi le milizie curde ai jihadisti di Isis. I rifugiati siriani scappano anche dalle bombe di Assad che dal 2012 colpisce duramente la popolazione con ogni tipo di arma per soffocare l'ascesa dell'opposizione.   

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