Eh…sì…dati i “precedenti” di Moggi, che
Travaglio ricorda nel suo editoriale, era ora che gli fosse riconosciuta la
qualifica di “giornalista pubblicista”….meglio tardi che mai…
da: Il Fatto Quotidiano
La notizia è di quelle destinate a gonfiare
di orgoglio il cuore di tutti gli appassionati della libera informazione: da
ieri Luciano Moggi è giornalista pubblicista, con tanto di tesserino verde
dell’Ordine consegnatogli alla veneranda età di 78 anni in una breve ma
toccante cerimonia nella città di Torino,dove fino al 2006 dispiegò tutto il
meglio della sua etica sportiva. Poi i noti giacobini della giustizia sportiva
lo radiarono dalla Federcalcio, e fu allora che scoprì la sua vocazione
giornalistica, scrivendo commenti per Libero e per il sito del settimanale
ciellino Tempi e facendo l’opinionista alla radio (Manà Manà) e in tv
(Sportitalia). “Mi hanno vestito di
bianconero, ma questo non mi esime dallo scrivere cose negative sulla Juventus
– ha commentato il novello giornalista, fresco di promozione –, in ambito sportivo non sempre le cose
vengono raccontate come sono realmente accadute”.
Poi ha lanciato un severo monito all’intera
categoria, richiamandola ai più profondi valori della deontologia professionale:
“Spero di essere un giornalista
che dice
le cose come stanno. L’Ordine dei Giornalisti dovrebbe colpire chi non si
attiene alla verità e vuole raccontare la sua, di verità”.
Parole
sante. Dopo la riammissione di Renato Farina, a suo tempo radiato dall’Ordine per
l’appartenenza al Sismi col temibile nome di battaglia “agente Betulla” e per la condanna a 6 mesi per favoreggiamento nel
sequestro Abu Omar, la stampa italiana
si nobilita vieppiù con l’apporto di un’altra indiscussa autorità morale, reduce
da due condanne in appello per violenza privata (1 anno al processo Gea
World, annullata per prescrizione) e per associazione per delinquere
finalizzata alla frode sportiva (2 anni e 4 mesi processo Calciopoli, annullata
per prescrizione) e da una in primo grado a 4 mesi per minacce. Ove mai
qualcuno nutrisse perplessità per la new entry, non ha che da leggere le motivazioni della sentenza della
Cassazione su Calciopoli, depositate la scorsa settimana. Moggi è descritto
come “l’ideatore di un sistema illecito
di condizionamento delle gare del campionato 2004-2005 (e non solo di
esse)”, colpevole e impunito, nonché “principe
indiscusso” del calcio italiano “senza alcuna apparente giustificazione”. La
sua gang–scrivono i supremi giudici – “era ampiamente
strutturata e capillarmente diffusa nel territorio”.
Il tutto “con la piena consapevolezza per i
singoli partecipi, anche in posizione di vertice (come Moggi, Pairetto o
Mazzini), di agire in vista del condizionamento degli arbitri attraverso la formazione
delle griglie”. Moggi non disdegnava “incursioni” negli spogliatoi degli
arbitri, dove esercitava un “potere di interlocuzione aggressiva e minacciosa,
frutto solo di un esercizio smodato del potere”. E qui la Corte riconosce che
l’ex capostazione di Civitavecchia il giornalista l’ha sempre fatto, con “uno
strapotere esteso agli ambienti giornalistici e ai media televisivi che lo
osannavano come una vera e propria autorità assoluta”.
Altro che pubblicista: in certi giornali e
alla Rai, contava più di un caporedattore. Decideva gli inviati del “servizio
pubblico” al seguito della Juve e alle calcagna dell’odiato Zeman, dettava gli
articoli che i designatori à la carte Bergamo e Pairetto vergavano per la
Gazzetta dello Sport, selezionava gli ospiti del Processo del lunedì, scriveva
i testi ai moviolisti per massacrare gli arbitri che fischiavano contro la Juve
e salvare quelli a favore, spiava gli eventuali cronisti incontrollabili
tramite le sue spie in redazione. Dai suoi giudizi in tv e sui media “potevano
dipendere le sorti di questo o quel giocatore o direttore di gara”.
Memorabili le telefonate con Aldo Biscardi,
cui Lucianone prometteva un bell’orologio da 40 milioni, mentre l’Aldone si
vantava di“far stangare Zeman da Gigi Riva” su commissione e Moggi lo incitava:
“Andiamogli addosso di brutto”. Dopo una partita Juve-Milan, Biscardi
s’impegnava a manipolare “la moviola barando un po’, come puoi immaginare”. E
Moggi ordinava di “assolvere l’arbitro con formula ampia. Taglia… taglia…
taglia tutto…O dici che c’ha ragione l’arbitro, oppure devi taglia’la moviola”.
Un’altra volta il moviolista del Processo,
l’ex arbitro Fabio Baldas, tentava di spiegargli: “C’è il fuorigioco di
Trezeguet sul gol”. Ma Lucky Luciano, sempre devoto al culto della verità, non
sentiva ragioni: “L’arbitro deve essere assolto alla grande! Anzi!”.
Baldas tentava di obiettare: “Tutto quello
che vuoi, però voglio dire, siccome sai… si vede che c’è… che ci sono 50
centimetri di fuorigioco!”. Ma il futuro giornalista aveva pronta la soluzione:
“Poi i 50 centimetri li accorci, devono diventà 20!”. Ecco: passare da 50 a 20
centimetri, che sarà mai.
L’iscrizione all’Ordine è dunque un tardivo
risarcimento a un uomo che tanto ha dato, pur dietro le quinte, al giornalismo.
E pazienza se, grazie alla sua bruciante passione per la libera informazione,
l’Ordine dei Giornalisti fu costretto nel 2006 a sanzionare alcuni giornalisti
da lui noleggiati: Biscardi fu sospeso per 6 mesi, Franco Melli e Tony
Damascelli per 4, Lamberto Sposini per 3. Ora lo stesso Ordine, fedele al
dovere di vigilare sulla probità e sulla correttezza degli iscritti, spalanca
le porte direttamente al capobanda. E naturalmente nessuno, come nel caso
Farina, alza un sopracciglio. Ci mancherebbe. Ce lo meritiamo, il collega
Moggi.
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