mercoledì 16 settembre 2015

Marco Travaglio: Il collega Lucianone



Eh…sì…dati i “precedenti” di Moggi, che Travaglio ricorda nel suo editoriale, era ora che gli fosse riconosciuta la qualifica di “giornalista pubblicista”….meglio tardi che mai…


da: Il Fatto Quotidiano

La notizia è di quelle destinate a gonfiare di orgoglio il cuore di tutti gli appassionati della libera informazione: da ieri Luciano Moggi è giornalista pubblicista, con tanto di tesserino verde dell’Ordine consegnatogli alla veneranda età di 78 anni in una breve ma toccante cerimonia nella città di Torino,dove fino al 2006 dispiegò tutto il meglio della sua etica sportiva. Poi i noti giacobini della giustizia sportiva lo radiarono dalla Federcalcio, e fu allora che scoprì la sua vocazione giornalistica, scrivendo commenti per Libero e per il sito del settimanale ciellino Tempi e facendo l’opinionista alla radio (Manà Manà) e in tv (Sportitalia). “Mi hanno vestito di bianconero, ma questo non mi esime dallo scrivere cose negative sulla Juventus – ha commentato il novello giornalista, fresco di promozione –, in ambito sportivo non sempre le cose vengono raccontate come sono realmente accadute”.
Poi ha lanciato un severo monito all’intera categoria, richiamandola ai più profondi valori della deontologia professionale: “Spero di essere un giornalista
che dice le cose come stanno. L’Ordine dei Giornalisti dovrebbe colpire chi non si attiene alla verità e vuole raccontare la sua, di verità”.  
Parole sante. Dopo la riammissione di Renato Farina, a suo tempo radiato dall’Ordine per l’appartenenza al Sismi col temibile nome di battaglia “agente Betulla” e per la condanna a 6 mesi per favoreggiamento nel sequestro Abu Omar, la stampa italiana si nobilita vieppiù con l’apporto di un’altra indiscussa autorità morale, reduce da due condanne in appello per violenza privata (1 anno al processo Gea World, annullata per prescrizione) e per associazione per delinquere finalizzata alla frode sportiva (2 anni e 4 mesi processo Calciopoli, annullata per prescrizione) e da una in primo grado a 4 mesi per minacce. Ove mai qualcuno nutrisse perplessità per la new entry, non ha che da leggere le motivazioni della sentenza della Cassazione su Calciopoli, depositate la scorsa settimana. Moggi è descritto come “l’ideatore di un sistema illecito di condizionamento delle gare del campionato 2004-2005 (e non solo di esse)”, colpevole e impunito, nonché “principe indiscusso” del calcio italiano “senza alcuna apparente giustificazione”. La sua gang–scrivono i supremi giudici – “era ampiamente strutturata e capillarmente diffusa nel territorio”.

Il tutto “con la piena consapevolezza per i singoli partecipi, anche in posizione di vertice (come Moggi, Pairetto o Mazzini), di agire in vista del condizionamento degli arbitri attraverso la formazione delle griglie”. Moggi non disdegnava “incursioni” negli spogliatoi degli arbitri, dove esercitava un “potere di interlocuzione aggressiva e minacciosa, frutto solo di un esercizio smodato del potere”. E qui la Corte riconosce che l’ex capostazione di Civitavecchia il giornalista l’ha sempre fatto, con “uno strapotere esteso agli ambienti giornalistici e ai media televisivi che lo osannavano come una vera e propria autorità assoluta”.
Altro che pubblicista: in certi giornali e alla Rai, contava più di un caporedattore. Decideva gli inviati del “servizio pubblico” al seguito della Juve e alle calcagna dell’odiato Zeman, dettava gli articoli che i designatori à la carte Bergamo e Pairetto vergavano per la Gazzetta dello Sport, selezionava gli ospiti del Processo del lunedì, scriveva i testi ai moviolisti per massacrare gli arbitri che fischiavano contro la Juve e salvare quelli a favore, spiava gli eventuali cronisti incontrollabili tramite le sue spie in redazione. Dai suoi giudizi in tv e sui media “potevano dipendere le sorti di questo o quel giocatore o direttore di gara”.  
Memorabili le telefonate con Aldo Biscardi, cui Lucianone prometteva un bell’orologio da 40 milioni, mentre l’Aldone si vantava di“far stangare Zeman da Gigi Riva” su commissione e Moggi lo incitava: “Andiamogli addosso di brutto”. Dopo una partita Juve-Milan, Biscardi s’impegnava a manipolare “la moviola barando un po’, come puoi immaginare”. E Moggi ordinava di “assolvere l’arbitro con formula ampia. Taglia… taglia… taglia tutto…O dici che c’ha ragione l’arbitro, oppure devi taglia’la moviola”. 
Un’altra volta il moviolista del Processo, l’ex arbitro Fabio Baldas, tentava di spiegargli: “C’è il fuorigioco di Trezeguet sul gol”. Ma Lucky Luciano, sempre devoto al culto della verità, non sentiva ragioni: “L’arbitro deve essere assolto alla grande! Anzi!”.
Baldas tentava di obiettare: “Tutto quello che vuoi, però voglio dire, siccome sai… si vede che c’è… che ci sono 50 centimetri di fuorigioco!”. Ma il futuro giornalista aveva pronta la soluzione: “Poi i 50 centimetri li accorci, devono diventà 20!”. Ecco: passare da 50 a 20 centimetri, che sarà mai.

L’iscrizione all’Ordine è dunque un tardivo risarcimento a un uomo che tanto ha dato, pur dietro le quinte, al giornalismo. E pazienza se, grazie alla sua bruciante passione per la libera informazione, l’Ordine dei Giornalisti fu costretto nel 2006 a sanzionare alcuni giornalisti da lui noleggiati: Biscardi fu sospeso per 6 mesi, Franco Melli e Tony Damascelli per 4, Lamberto Sposini per 3. Ora lo stesso Ordine, fedele al dovere di vigilare sulla probità e sulla correttezza degli iscritti, spalanca le porte direttamente al capobanda. E naturalmente nessuno, come nel caso Farina, alza un sopracciglio. Ci mancherebbe. Ce lo meritiamo, il collega Moggi.

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