da: Il Fatto Quotidiano
Ma se le stesse cose le facesse Berlusconi?
Il nostro titolo di ieri è uno dei ritornelli più ricorrenti, nelle
conversazioni di chi ancora parla di politica. La risposta è sottintesa: se al
posto di Renzi ci fosse B., verrebbe meritatamente lapidato, insultato e
bruciato in effigie dal popolo della sinistra e anche da chi di sinistra non è,
ma semplicemente tiene alla Costituzione e a un minimo di decenza istituzionale.
Però forse la domanda è mal posta, perché
B. ha già fatto le stesse cose – dall’abolizione dell’articolo 18 al bavaglio
alla schiforma della Costituzione – che Renzi sta semplicemente rifacendo: solo
che a B. non furono consentite da una mobilitazione dell’opinione pubblica,
orientata e incanalata dalla stampa progressista, che invece oggi tace o
acconsente, permettendo allo Spregiudicato di completare l’opera lasciata a
metà dal Pregiudicato.
Ieri Il Tempo ha raccolto una strepitosa
antologia di quello che si diceva e si scriveva nel dicembre 2010, quando B.
comprava senatori un tanto al chilo per rimpiazzare i finiani in fuga,
esattamente come sta facendo Renzi per riempire il vuoto della sinistra Pd con
verdiniani, fittiani, tosiani, alfaniani, ex grillini e gruppimisti,
promettendo rielezioni future e poltrone attuali (la stessa merce di scambio
usata da B. cinque anni fa). Con l’aggravante che oggi il mercato delle
vacche
avviene sulla riforma della Costituzione, non su leggi ordinarie.
“Libero voto in libero mercato”, titolava l’Unità
l’11.12.2010: “Una maggioranza rabberciata con il voto di fiducia di alcuni
deputati venduti non ha nulla a che vedere con i principi della buona
politica”. E tre giorni dopo: “Governo Scilipoti”. Va detto che l’Unità era
ancora un giornale, diretto da una giornalista, Concita De Gregorio. Oggi è il
bollettino parrocchiale di Palazzo Chigi, infatti titola: “Stagione di riforme”
e “Renzi: i numeri ci sono” (su come li ha raccattati, zitti e mosca), col
contorno di Berja Staino che tenta disperatamente di far ridere con la consueta
vignetta-marchetta: un cane dice a Dio “Se ci pensavi un po’ il mondo lo facevi
meglio”, e Dio risponde “Se davo retta alla minoranza, ero ancora lì a pensarci”
(Dio naturalmente è Renzi). Famiglia Cristiana definiva la compravendita
berlusconiana dei senatori “peggio di Tangentopoli”. Oggi invece tace. Di
Pietro, dopo il trasloco di Razzi&Scilipoti, sporse denuncia e la Procura
di Roma aprì un fascicolo. Oggi a nessuno viene neppure l’idea, Di Pietro è
stato rottamato (così impara: era contro le larghe intese).
E quel che resta dell’Idv è in Senato con
gli ex 5Stelle Romani e Bencini, pronti a saltare sul carro renziano. “Scandalo
in Parlamento”, tuonava Repubblica irridendo ai “Cicchitto e i Verdini, i Bondi
e gli Alfano” che gabellavano il mercimonio per “libera dialettica
parlamentare”. Oggi i Cicchitto, i
Verdini, i Bondi e gli Alfano stanno tutti con Renzi e a Repubblica va benissimo così. Neppure la minaccia, prima fatta
filtrare con apposita velina dai soliti “retroscenisti” e poi furbescamente
smentita, di trasformare il Senato in un museo sordo e grigio, fa alzare un
sopracciglio ai Mauro Boys. I titoli di ieri sono una trionfale cavalcata delle
Valchirie in onore dei Renzi Boys: “Renzi sul Senato: accordo possibile”,
evvai. “I conti del premier: ‘Stavolta ci siamo’”, wow! “Da Verdini sì alla
riforma: entriamo in maggioranza”, e sono belle soddisfazioni. “Senato,
sull’articolo 2 spunta una mediazione” (Repubblica
la annuncia da due mesi e non s’è mai vista, però Repubblica insiste). “Primi
sì in aula, Pd unito”, ahahahah. “Il premier apre: intesa possibile ma senza
ricominciare daccapo” (cioè nessuna intesa possibile). “L’ultima sfida di Anna:
‘Sopporto i sospetti con cristiana virtù’” (dove Anna è la Finocchiaro, santa
subito, e pure martire). Della
compravendita, su Repubblica , non
c’è traccia, a parte un colonnino pudicamente intitolato: “Quei trenta
indecisi dell’opposizione pronti al soccorso”. Ecco: “soccorso”, mica “mercato
delle vacche” o “vergogna” o “scandalo” come ai tempi di B. Dipende da chi è il
compratore. “Niente inciuci con Renzi, solo consulenza”, precisa l’ex leghista
leghista Flavio Tosi nell’apposita, rassicurante intervista, e pazienza se dopo
l’incontro a Palazzo Chigi è passato dall’opposizione alla maggioranza, almeno
sul Senato. Tutto bene, dunque, nessuna compravendita: al massimo soccorso, o
consulenza.
Anche Raffaele Cantone è indignato per
“l’immoralità del mercato in Parlamento”, o meglio lo era quando lo faceva il
Caimano. Oggi parla d’altro.
Ma allacciate le cinture, perché il meglio
arriva ora. Il 14.1.2010, a Porta a
Porta un giovane politico di belle
speranze se la prese con Paola Binetti che aveva appena mollato il Pd per
l’Udc: “La tua posizione è rispettabile, ma dovevate avere il coraggio di dimettervi dal Pd e dal
Parlamento, perché non si sta in Parlamento coi voti presi dal Pd per andare
contro il Pd. È ora di finirla con chi viene eletto con qualcuno e poi
passa di là. Vale per quelli di là, per quelli della sinistra, per tutti. Se
c’è l’astensionismo è anche perché se io prendo e decido di mollare con i miei,
mollo con i miei – è legittimo farlo, perché non me l’ha ordinato il dottore –
però ho il coraggio anche di avere rispetto per chi mi ha votato, perché chi mi
ha votato non ha cambiato idea”. Il 22.2.2011
il giovanotto ribadì: “Se uno smette di credere in un progetto politico, non
deve certo essere costretto con la catena a stare in un partito. Ma, quando se ne va, deve fare il favore di
lasciare anche il seggiolino”.
Si
chiamava Matteo Renzi, detto il Rottamatore e non ancora il Compratore.
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