mercoledì 9 settembre 2015

Giulia Bongiorno, ex presidente commissione Giustizia: Renzi fa peggio di Berlusconi



Attenti, questo fa peggio di Berlusconi
Colloquio con Giulia Bongiorno di Marco Damilano – l’Espresso 7 agosto 2015

L’avvocato Giulia Bongiorno, popolare al punto da finire in una canzone del rapper J-Ax («vorrei avere l’avvocato di Andreotti e Amanda Knox») nell’ultima legislatura è stata presidente della Commissione Giustizia della Camera. Nonostante fosse stata eletta nel Pdl, toccò a lei contrastare la legge sulle intercettazioni pretesa da Silvio Berlusconi che fu all’origine della rottura con Gianfranco Fini. Era l’epoca della legge bavaglio e del movimento dei post-it gialli nelle piazze, alla fine non se ne fece nulla. Oggi l’avvocato Bongiorno, tornata alla sua professione, ragiona sulla proposta del governo Renzi: «Mi ha colpito che Renzi individui ora come una priorità una legge delega sulle intercettazioni. Ricordo quando nella commissione da me presieduta il Pd ripeteva che i problemi erano l’efficienza, i tempi, il numero dei cancellieri. Lo dicevano tutti: Donatella Ferranti che oggi presiede la commissione Giustizia, l’attuale ministro Andrea Orlando…Chiedevano di ripristinare il reato di falso in bilancio, non le intercettazioni».
Beh, però il reato di falso in bilancio è stato reintrodotto
«In apparenza. Sappiamo che il falso in bilancio è un reato-sentinella rispetto alla corruzione e lievita con l’utilizzo improprio delle valutazioni. Per decenni a Berlusconi è stato contestato che la valutazione poteva avere una rilevanza
penale sopra una certa soglia del bilancio, il dieci per cento. Renzi ha fatto una grandissima pubblicità sostenendo di aver ripristinato il falso in bilancio e poi, con un emendamento governativo, ha eliminato tutte le valutazioni, cioè il cuore del falso. La nuova legge è inutile. L’operazione anti-corruzione di Cantone è stata svuotata. E’ stato disegnato un grande affresco e poi cancellato».
E sulle intercettazioni? Che disegno c’è?
«C’è una legge delega, vaga, che però nasconde dei trabocchetti. La grande limitazione arriverà sui tempi per i magistrati: alla fine saranno tre mesi di indagini, come nelle leggi presentate da Berlusconi su cui litigai con l’allora Pdl di cui facevo parte. La tagliola è uno strumento di Berlusconi: oggi ritrovo nelle parole di Renzi, e anche di Cantone, le stesse motivazioni che usavano i berlusconiani. E io che cercai di correggere quelle leggi mi ritrovo a muovere le stesse obiezioni del Pd dell’epoca».
Eppure la magistratura, nel complesso, sembra meno allarmata di queste limitazioni rispetto a qualche anno fa. Come lo spiega?
«C’è una differenza tra Berlusconi e Renzi. Berlusconi voleva difendersi dai magistrati che indagavano su di lui, Renzi si preoccupa di quanto arriva all’opinione pubblica, ai giornalisti. Berlusconi faceva il legislatore da imputato, voleva limitare i poteri dell’accusa che era la sua controparte processuale, la controparte di Renzi non è la magistratura, è la stampa. Per questo ho l’impressione che sia riuscito ad ottenere dalla magistratura un nulla osta, indicando come punto focale della legge il tema della pubblicazione. In questo modo si è sviata l’attenzione sui tempi per le intercettazioni. Queste garanzie si riveleranno fittizie perché i limiti arriveranno anche per i magistrati».
All’epoca le intercettazioni erano il tema politicamente più caldo, nelle aule parlamentari e nelle piazze. E la legge Berlusconi-Alfano fu chiamata la legge-bavaglio. Che differenza c’è con la legge-delega di Renzi?
«Sul divieto di pubblicare le intercettazioni ci fu uno scontro durissimo nel Pdl. Il punto era stabilire quanto fossero pubblicabili. Si era stabilito che quel momento fosse l’udienza-filtro, quando le parti in parità, accusa e difesa, fissano quali sono le conversazioni da portare in giudizio e quali sono da considerare inutilizzabili. Io sostenevo: prima dell’udienza-filtro c’è l’ordinanza di custodia cautelare, bisogna consentire alla stampa di darne notizia, almeno nei contenuti, per sunto, come si diceva allora. Non si può comprimere il diritto di cronaca fino all’udienza-filtro che arriva molti mesi dopo. Mi sembra che ora si voglia andare proprio in quella direzione: la bandiera di Berlusconi riciclata. Che differenza c’è tra la proposta del Pd e quella del Pdl? Nessuna».
Almeno un avvocato come lei apprezzerà quella che qualcuno ha definito “la svolta garantista” del premier. Il Parlamento, ha detto Renzi, «non è il passacarte delle procure».
«Mi sembra che Renzi non si stia affatto occupando della giustizia, ma esclusivamente di tutelare la sua immagine. Ha fatto credere che tagliava le ferie ai magistrati, invece è stata tagliata soprattutto la sospensione feriale (il periodo del mese di agosto escluso dal calcolo delle scadenze processuali, ndr). In questi giorni Renzi presenta il suo garantismo come buono, illuminato, diverso da quello di Berlusconi che era interessato, motivato dalla sua condizione di imputato. E invece va considerato per quello che è. Uno straordinario gioco di prestigio».
Le piace almeno l’idea del ministro Orlando di togliere dal Parlamento il voto sulle autorizzazioni all’arresto di deputati e senatori e di affidarlo alla Consulta?
«Con questo escamotage si prepara il vero colpo: togliere al Csm il potere disciplinare. Si dirà: basta con la giustizia domestica, la politica non giudica se stessa, neppure la magistratura deve farlo. Se riuscirà nell’intento Renzi avrà una magistratura con responsabilità civile, sottoposta al giudizio dell’esecutivo, senza strumenti di indagine. Se così fosse si realizzerebbe il sogno del berlusconismo più spinto».

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