Attenti,
questo fa peggio di Berlusconi
Colloquio
con Giulia Bongiorno di Marco Damilano – l’Espresso 7 agosto 2015
L’avvocato Giulia Bongiorno, popolare al
punto da finire in una canzone del rapper J-Ax («vorrei avere l’avvocato di
Andreotti e Amanda Knox») nell’ultima legislatura è stata presidente della
Commissione Giustizia della Camera. Nonostante fosse stata eletta nel Pdl,
toccò a lei contrastare la legge sulle intercettazioni pretesa da Silvio
Berlusconi che fu all’origine della rottura con Gianfranco Fini. Era l’epoca
della legge bavaglio e del movimento dei post-it gialli nelle piazze, alla fine
non se ne fece nulla. Oggi l’avvocato Bongiorno, tornata alla sua professione,
ragiona sulla proposta del governo Renzi: «Mi ha colpito che Renzi individui
ora come una priorità una legge delega sulle intercettazioni. Ricordo quando
nella commissione da me presieduta il Pd ripeteva che i problemi erano
l’efficienza, i tempi, il numero dei cancellieri. Lo dicevano tutti: Donatella
Ferranti che oggi presiede la commissione Giustizia, l’attuale ministro Andrea
Orlando…Chiedevano di ripristinare il reato di falso in bilancio, non le
intercettazioni».
Beh,
però il reato di falso in bilancio è stato reintrodotto
«In apparenza. Sappiamo che il falso in
bilancio è un reato-sentinella rispetto alla corruzione e lievita con
l’utilizzo improprio delle valutazioni. Per decenni a Berlusconi è stato
contestato che la valutazione poteva avere una rilevanza
penale sopra una certa
soglia del bilancio, il dieci per cento. Renzi ha fatto una grandissima
pubblicità sostenendo di aver ripristinato il falso in bilancio e poi, con un
emendamento governativo, ha eliminato tutte le valutazioni, cioè il cuore del
falso. La nuova legge è inutile. L’operazione anti-corruzione di Cantone è
stata svuotata. E’ stato disegnato un grande affresco e poi cancellato».
E
sulle intercettazioni? Che disegno c’è?
«C’è una legge delega, vaga, che però
nasconde dei trabocchetti. La grande limitazione arriverà sui tempi per i
magistrati: alla fine saranno tre mesi di indagini, come nelle leggi presentate
da Berlusconi su cui litigai con l’allora Pdl di cui facevo parte. La tagliola
è uno strumento di Berlusconi: oggi ritrovo nelle parole di Renzi, e anche di
Cantone, le stesse motivazioni che usavano i berlusconiani. E io che cercai di
correggere quelle leggi mi ritrovo a muovere le stesse obiezioni del Pd
dell’epoca».
Eppure
la magistratura, nel complesso, sembra meno allarmata di queste limitazioni
rispetto a qualche anno fa. Come lo spiega?
«C’è una differenza tra Berlusconi e Renzi.
Berlusconi voleva difendersi dai magistrati che indagavano su di lui, Renzi si
preoccupa di quanto arriva all’opinione pubblica, ai giornalisti. Berlusconi
faceva il legislatore da imputato, voleva limitare i poteri dell’accusa che era
la sua controparte processuale, la controparte di Renzi non è la magistratura,
è la stampa. Per questo ho l’impressione che sia riuscito ad ottenere dalla
magistratura un nulla osta, indicando come punto focale della legge il tema
della pubblicazione. In questo modo si è sviata l’attenzione sui tempi per le
intercettazioni. Queste garanzie si riveleranno fittizie perché i limiti
arriveranno anche per i magistrati».
All’epoca
le intercettazioni erano il tema politicamente più caldo, nelle aule
parlamentari e nelle piazze. E la legge Berlusconi-Alfano fu chiamata la
legge-bavaglio. Che differenza c’è con la legge-delega di Renzi?
«Sul divieto di pubblicare le
intercettazioni ci fu uno scontro durissimo nel Pdl. Il punto era stabilire
quanto fossero pubblicabili. Si era stabilito che quel momento fosse
l’udienza-filtro, quando le parti in parità, accusa e difesa, fissano quali
sono le conversazioni da portare in giudizio e quali sono da considerare
inutilizzabili. Io sostenevo: prima dell’udienza-filtro c’è l’ordinanza di
custodia cautelare, bisogna consentire alla stampa di darne notizia, almeno nei
contenuti, per sunto, come si diceva allora. Non si può comprimere il diritto
di cronaca fino all’udienza-filtro che arriva molti mesi dopo. Mi sembra che
ora si voglia andare proprio in quella direzione: la bandiera di Berlusconi
riciclata. Che differenza c’è tra la proposta del Pd e quella del Pdl?
Nessuna».
Almeno
un avvocato come lei apprezzerà quella che qualcuno ha definito “la svolta
garantista” del premier. Il Parlamento, ha detto Renzi, «non è il passacarte
delle procure».
«Mi sembra che Renzi non si stia affatto
occupando della giustizia, ma esclusivamente di tutelare la sua immagine. Ha
fatto credere che tagliava le ferie ai magistrati, invece è stata tagliata
soprattutto la sospensione feriale (il periodo del mese di agosto escluso dal
calcolo delle scadenze processuali, ndr). In questi giorni Renzi presenta il
suo garantismo come buono, illuminato, diverso da quello di Berlusconi che era
interessato, motivato dalla sua condizione di imputato. E invece va considerato
per quello che è. Uno straordinario gioco di prestigio».
Le
piace almeno l’idea del ministro Orlando di togliere dal Parlamento il voto
sulle autorizzazioni all’arresto di deputati e senatori e di affidarlo alla
Consulta?
«Con questo escamotage si prepara il vero
colpo: togliere al Csm il potere disciplinare. Si dirà: basta con la giustizia
domestica, la politica non giudica se stessa, neppure la magistratura deve
farlo. Se riuscirà nell’intento Renzi avrà una magistratura con responsabilità
civile, sottoposta al giudizio dell’esecutivo, senza strumenti di indagine. Se
così fosse si realizzerebbe il sogno del berlusconismo più spinto».
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