L’ambiente è un bene collettivo,
patrimonio di tutta l’umanità e responsabilità di tutti. Chi ne possiede una
parte è solo per amministrarla a beneficio di tutti. Se non lo facciamo, ci
carichiamo sulla coscienza il peso di negare l’esistenza degli altri. Per
questo i Vescovi della Nuova Zelanda si sono chiesti che cosa significa il
comandamento “non uccidere” quando « un venti per cento della popolazione
mondiale consuma risorse in misura tale da rubare alle nazioni povere e alle
future generazioni ciò di cui hanno bisogno per sopravvivere».
CAPITOLO
TERZO
LA
RADICE UMANA DELLA CRISI ECOLOGICA
A nulla ci servirà descrivere i
sintomi, se non riconosciamo la radice umana della crisi ecologica. Vi è un
modo di comprendere la vita e l’azione umana che è deviato e che contraddice la
realtà fino al punto di rovinarla. Perché non possiamo fermarci a riflettere
su questo? Propongo pertanto di concentrarci sul paradigma tecnocratico
dominante e sul posto che vi occupano l’essere umano e la sua azione nel
mondo.
I.
La tecnologia: creatività e potere
L’umanità è entrata in una nuova era in
cui la potenza della tecnologia ci pone
di fronte ad un bivio. Siamo gli eredi
di due secoli di enormi ondate di cambiamento: la macchina a vapore, la
ferrovia, il telegrafo, l’elettricità, l’automobile, l’aereo, le industrie
chimiche, la medicina moderna, l’informatica e, più recentemente, la
rivoluzione digitale, la robotica, le biotecnologie e le nanotecnologie. È
giusto rallegrarsi per questi progressi ed entusiasmarsi di fronte alle ampie
possibilità che ci aprono queste continue novità, perché « la scienza e la
tecnologia sono un prodotto meraviglioso della creatività umana che è un dono
di Dio». La trasformazione della natura a fini di utilità è una caratteristica
del genere umano fin dai suoi inizi, e in tal modo la tecnica « esprime la
tensione dell’animo umano verso il graduale superamento di certi
condizionamenti materiali».
La tecnologia ha posto rimedio a
innumerevoli mali che affliggevano e limitavano l’essere umano. Non possiamo
non apprezzare e ringraziare per i progressi conseguiti, specialmente nella
medicina, nell’ingegneria e nelle comunicazioni. E come non riconoscere tutti
gli sforzi di molti scienziati e tecnici che hanno elaborato alternative per
uno sviluppo sostenibile?
La tecnoscienza, ben orientata, è in
grado non solo di produrre cose realmente preziose per migliorare la qualità
della vita dell’essere umano, a partire dagli oggetti di uso domestico fino ai
grandi mezzi di trasporto, ai ponti, agli edifici, agli spazi pubblici. È anche
capace di produrre il bello e di far compiere all’essere umano, immerso nel
mondo materiale, il “salto” nell’ambito della bellezza. Si può negare la
bellezza di un aereo, o di alcuni grattacieli? Vi sono preziose opere pittoriche
e musicali ottenute mediante il ricorso ai nuovi strumenti tecnici. In tal
modo, nel desiderio di bellezza dell’artefice e in chi quella bellezza
contempla si compie il salto verso una certa pienezza propriamente umana.
Tuttavia non possiamo ignorare che l’energia
nucleare, la biotecnologia, l’informatica, la conoscenza del nostro stesso DNA
e altre potenzialità che abbiamo acquisito ci offrono un tremendo potere. Anzi,
danno a coloro che detengono la conoscenza e soprattutto il potere economico
per sfruttarla un dominio impressionante sull’insieme del genere umano e del
mondo intero. Mai l’umanità ha avuto tanto potere su sé stessa e niente
garantisce che lo utilizzerà bene, soprattutto se si considera il modo in cui
se ne sta servendo. Basta ricordare le bombe atomiche lanciate in pieno XX
secolo, come il grande spiegamento di tecnologia ostentato dal nazismo, dal
comunismo e da altri regimi totalitari al servizio dello sterminio di milioni
di persone, senza dimenticare che oggi la guerra dispone di strumenti sempre
più micidiali. In quali mani sta e in quali può giungere tanto potere? È
terribilmente rischioso che esso risieda in una piccola parte dell’umanità.
Possiamo perciò affermare che
all’origine di molte difficoltà del mondo attuale vi è anzitutto la tendenza,
non sempre cosciente, a impostare la metodologia e gli obiettivi della
tecnoscienza secondo un paradigma di comprensione che condiziona la vita delle
persone e il funzionamento della società. Gli effetti dell’applicazione di questo
modello a tutta la realtà, umana e sociale, si constatano nel degrado
dell’ambiente, ma questo è solo un segno del riduzionismo che colpisce la vita
umana e la società in tutte le loro dimensioni. Occorre riconoscere che i
prodotti della tecnica non sono neutri, perché creano una trama che finisce per
condizionare gli stili di vita e orientano le possibilità sociali nella
direzione degli interessi di determinati gruppi di potere. Certe scelte che
sembrano puramente strumentali, in realtà sono scelte attinenti al tipo di vita
sociale che si intende sviluppare.
Non si può pensare di sostenere un
altro paradigma culturale e servirsi della tecnica come di un mero strumento,
perché oggi il paradigma tecnocratico è diventato così dominante, che è molto
difficile prescindere dalle sue risorse, e ancora più difficile è utilizzare
le sue risorse senza essere dominati dalla sua logica. È diventato
contro-culturale scegliere uno stile di vita con obiettivi che almeno in parte
possano essere indipendenti dalla tecnica, dai suoi costi e dal suo potere globalizzante
e massificante. Di fatto la tecnica ha una tendenza a far sì che nulla rimanga
fuori dalla sua ferrea logica, e « l’uomo che ne è il protagonista sa che, in
ultima analisi, non si tratta né di utilità, né di benessere, ma di dominio;
dominio nel senso estremo della parola ».87 Per questo « cerca di afferrare gli
elementi della natura ed insieme quelli dell’esistenza umana ».88 Si riducono
così la capacità di decisione, la libertà più autentica e lo spazio per la
creatività alternativa degli individui.
Il paradigma tecnocratico tende ad
esercitare il proprio dominio anche sull’economia e sulla politica. L’economia
assume ogni sviluppo tecnologico in funzione del profitto, senza prestare
attenzione a eventuali conseguenze negative per l’essere umano. La finanza
soffoca l’economia reale. Non si è imparata la lezione della crisi finanziaria
mondiale e con molta lentezza si impara quella del deterioramento ambientale.
In alcuni circoli si sostiene che l’economia attuale e la tecnologia risolveranno
tutti i problemi ambientali, allo stesso modo in cui si afferma, con un
linguaggio non accademico, che i problemi della fame e della miseria nel mondo
si risolve ranno semplicemente con la crescita del mercato. Non è una
questione di teorie economiche, che forse nessuno oggi osa difendere, bensì del
loro insediamento nello sviluppo fattuale dell’economia. Coloro che non lo
affermano con le parole lo sostengono con i fatti, quando non sembrano
preoccuparsi per un giusto livello della produzione, una migliore distribuzione
della ricchezza, una cura responsabile dell’ambiente o i diritti delle
generazioni future. Con il loro comportamento affermano che l’obiettivo della
massimizzazione dei profitti è sufficiente. Il mercato da solo però non garantisce
lo sviluppo umano integrale e l’inclusione sociale.89 Nel frattempo, abbiamo
una « sorta di supersviluppo dissipatore e consumistico che contrasta in modo
inaccettabile con perduranti situazioni di miseria disumanizzante »,90 mentre
non si mettono a punto con sufficiente celerità istituzioni economiche e
programmi sociali che permettano ai più poveri di accedere in modo regolare
alle risorse di base. Non ci si rende conto a sufficienza di quali sono le
radici più profonde degli squilibri attuali, che hanno a che vedere con
l’orientamento, i fini, il senso e il contesto sociale della crescita tecnologica
ed economica.
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