da: http://www.glistatigenerali.com/ - di Francesca Mandelli
Ognuno di noi si sarebbe potuto chiamare
Federico Aldrovandi. Non c’è un modo per ricordare Federico, se non quello di
raccontare la sua storia, dieci anni dopo.
Chi
era Federico Aldrovandi
Avevo solo diciotto anni Federico
Aldrovandi, ed era un ragazzo, un figlio, un fratello. Viveva a Ferrara.
Com’è
morto Federico Aldrovandi
La notte del 25 settembre 2005, dopo una
serata trascorsa nel locale Link a Bologna, Federico si fa lasciare dagli amici
vicino Viale Ippodromo a Ferrara per raggiungere a piedi casa. Il ragazzo
incontra qui la volante della Polizia di Stato con a bordo gli agenti Enzo
Pontani e Luca Pollastri, che lo fermano per un controllo. Federico ha assunto
modeste quantità di stupefacenti e alcolici, ma i testimoni lo ricordano
tranquillo. I due agenti chiamano invece i rinforzi,
sostenendo di essere stati aggrediti dal giovane in stato di agitazione. Arrivano così i colleghi Paolo Forlani e Monica Segatto. Lo scontro tra Federico e i quattro agenti diventa violentissimo. Alle 6.04 la prima pattuglia richiede alla propria centrale operativa l’invio di un’ambulanza del 118 per un sopraggiunto malore. All’arrivo in Viale Ippodromo il personale del 118 trova il ragazzo “riverso a terra, prono con le mani ammanettate dietro la schiena… era incosciente e non rispondeva”. L’intervento si conclude, dopo numerosi tentativi di rianimazione cardiopolmonare, con la constatazione sul posto della morte del giovane, per “arresto cardio-respiratorio e trauma cranico-facciale”. Sul corpo di Federico sono presenti 54 lesioni ed ecchimosi, in Viale Ippodromo due manganelli rotti. Il diciottenne muore per asfissia da posizione.
sostenendo di essere stati aggrediti dal giovane in stato di agitazione. Arrivano così i colleghi Paolo Forlani e Monica Segatto. Lo scontro tra Federico e i quattro agenti diventa violentissimo. Alle 6.04 la prima pattuglia richiede alla propria centrale operativa l’invio di un’ambulanza del 118 per un sopraggiunto malore. All’arrivo in Viale Ippodromo il personale del 118 trova il ragazzo “riverso a terra, prono con le mani ammanettate dietro la schiena… era incosciente e non rispondeva”. L’intervento si conclude, dopo numerosi tentativi di rianimazione cardiopolmonare, con la constatazione sul posto della morte del giovane, per “arresto cardio-respiratorio e trauma cranico-facciale”. Sul corpo di Federico sono presenti 54 lesioni ed ecchimosi, in Viale Ippodromo due manganelli rotti. Il diciottenne muore per asfissia da posizione.
La
vicenda giudiziaria
La famiglia Aldrovandi viene avvertita
della morte del figlio soltanto il mattino successivo e non crede alla versione
del malore, di fronte al corpo martoriato di Federico. Patrizia Moretti, madre
del giovane, chiede pubblicamente che venga fatta chiarezza. Il 20 febbraio del
2006 dalla perizia medico legale disposta dal Pubblico Ministero arriva la
conferma che le modeste quantità di stupefacenti assunte dal ragazzo non
possono essere motivo del decesso, precisando che l’immobilizzazione fisica
alla quale è stato sottoposto, insieme allo stato di agitazione, sono da
considerarsi fattori scatenanti di una crisi respiratoria. I risultati di
un’indagine depositata invece dai periti della famiglia identificano come causa
della morte del giovane quella di anossia posturale dovuta alle violenze e al
caricamento sulla schiena di uno o più agenti durante l’immobilizzazione. Dopo
due anni di indagini, durante i quali viene anche sentita una testimone (Annie
Marie Tsagueu) che ha assistito al pestaggio di Federico da parte degli agenti,
il 10 gennaio del 2007 i quattro poliziotti vengono formalmente rinviati a
giudizio per omicidio colposo. Paolo Forlani, Monica Segatto, Enzo Pontani e
Luca Pollastri oltre ad eccedere nell’uso della violenza dopo aver comunque
posto fine alla resistenza di Federico, hanno persino ritardato i soccorsi.
Dalle registrazioni della centrale operativa ascoltate durante il processo
queste le parole degli agenti coinvolti: “L’abbiamo bastonato di brutto. Adesso
è svenuto, non so… E’ mezzo morto.”. Il 21 giungo 2012 la Corte di Cassazione
ha reso definitiva la condanna a 3 anni e 6 mesi di reclusione “per eccesso
colposo nell’uso legittimo delle armi” ai quattro poliziotti. A esclusione di
Forlani, gli agenti, beneficiari di indulto e decreto svuota carceri, ritornano
in servizio nel gennaio 2014 destinati a servizi amministrativi. Il 5 marzo
2010 altri tre poliziotti vengono condannati nel processo Aldrovandi Bis
sui presunti depistaggi nelle indagini.
In questi lunghi dieci anni trascorsi dalla
morte di Federico, la famiglia Aldrovandi ha dovuto incassare le accuse di
politici troppo superficiali, l’assenza di uno Stato che con troppa fatica
ammette le sue responsabilità, e la durezza di sindacati di categoria come il
Coisp e il Sap che tendono, nonostante le condanne, a giustificare gli errori
scellerati di quegli agenti. Oggi Patrizia Moretti, madre di Federico, dopo aver ritirato persino
le querele nei confronti di chi ha violentato la memoria di
suo figlio, chiede nuovamente che quei quattro poliziotti smettano di indossare
la divisa dello Stato, e ricorda come l’assenza di tutele, la mancanza di un
reato di tortura e di strumenti che permettano di identificare gli agenti in
servizio siano ancora problemi che meritino finalmente una risposta da parte
delle istituzioni.
Nessun commento:
Posta un commento