mercoledì 30 settembre 2015

Papa Francesco: Laudato Sì / 2




La cultura ecologica non si può ridurre a una serie di risposte urgenti e parziali ai problemi che si presentano riguardo al degrado ambientale, all’esaurimento delle riserve naturali e all’inquina­mento. Dovrebbe essere uno sguardo diverso, un pensiero, una politica, un programma educativo, uno stile di vita e una spiritualità che diano forma ad una resistenza di fronte all’avanzare del para­digma tecnocratico. Diversamente, anche le mi­gliori iniziative ecologiste possono finire rinchiuse nella stessa logica globalizzata. Cercare solamente un rimedio tecnico per ogni problema ambientale che si presenta, significa isolare cose che nella re­altà sono connesse, e nascondere i veri e più pro­fondi problemi del sistema mondiale.

È possibile, tuttavia, allargare nuovamente lo sguardo, e la libertà umana è capace di limita­re la tecnica, di orientarla, e di metterla al servi­zio di un altro tipo di progresso, più sano, più umano, più sociale e più integrale. La liberazione dal paradigma tecnocratico imperante avviene di fatto in alcune occasioni. Per esempio, quando comunità di piccoli produttori optano per sistemi di produzione meno inquinanti, sostenendo un modello di vita, di felicità e di convivialità non consumistico. O quando la tecnica si orienta pri­oritariamente a
risolvere i problemi concreti degli altri, con l’impegno di aiutarli a vivere con più dignità e meno sofferenze. E ancora quando la ricerca creatrice del bello e la sua contemplazione riescono a superare il potere oggettivante in una sorta di salvezza che si realizza nel bello e nella persona che lo contempla. L’autentica umanità, che invita a una nuova sintesi, sembra abitare in mezzo alla civiltà tecnologica, quasi impercet­tibilmente, come la nebbia che filtra sotto una porta chiusa. Sarà una promessa permanente, nonostante tutto, che sboccia come un’ostinata resistenza di ciò che è autentico?

Ciò che sta accadendo ci pone di fronte all’urgenza di procedere in una coraggiosa rivo­luzione culturale. La scienza e la tecnologia non sono neutrali, ma possono implicare dall’inizio alla fine di un processo diverse intenzioni e pos­sibilità e possono configurarsi in vari modi. Nes­suno vuole tornare all’epoca delle caverne, però è indispensabile rallentare la marcia per guardare la realtà in un altro modo, raccogliere gli sviluppi positivi e sostenibili, e al tempo stesso recuperare i valori e i grandi fini distrutti da una sfrenatezza megalomane.

La critica all’antropocentrismo deviato non dovrebbe nemmeno collocare in secondo piano il valore delle relazioni tra le persone. Se la crisi ecologica è un emergere o una manifestazio­ne esterna della crisi etica, culturale e spirituale della modernità, non possiamo illuderci di risa­nare la nostra relazione con la natura e l’ambien­te senza risanare tutte le relazioni umane fonda­mentali. Quando il pensiero cristiano rivendica per l’essere umano un peculiare valore al di sopra delle altre creature, dà spazio alla valorizzazione di ogni persona umana, e così stimola il rico­noscimento dell’altro. L’apertura ad un “tu” in grado di conoscere, amare e dialogare continua ad essere la grande nobiltà della persona umana. Perciò, in ordine ad un’adeguata relazione con il creato, non c’è bisogno di sminuire la dimen­sione sociale dell’essere umano e neppure la sua dimensione trascendente, la sua apertura al “Tu” divino. Infatti, non si può proporre una relazio­ne con l’ambiente a prescindere da quella con le altre persone e con Dio. Sarebbe un individuali­smo romantico travestito da bellezza ecologica e un asfissiante rinchiudersi nell’immanenza.

Dal momento che tutto è in relazione, non è neppure compatibile la difesa della natura con la giustificazione dell’aborto. Non appare prati­cabile un cammino educativo per l’accoglienza degli esseri deboli che ci circondano, che a volte sono molesti o importuni, quando non si dà pro­tezione a un embrione umano benché il suo arri­vo sia causa di disagi e difficoltà: «Se si perde la sensibilità personale e sociale verso l’accoglienza di una nuova vita, anche altre forme di accoglien­za utili alla vita sociale si inaridiscono».

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