da: la Repubblica
Quando Francesco parla, parte sempre dalla
propria esperienza. Perché si è confrontato con più persone e da buon gesuita,
ha fatto discernimento. Così, quando nell'intervista ad Aura Vistas Miguel
chiede ai conventi divenuti alberghi di pagare le tasse, mostra di avere in
mente situazioni precise.
Fu nel settembre del 2013 che andò in
visita al Centro Astalli di Roma dove ogni giorno si accolgono rifugiati. Disse
che alla Chiesa non servono conventi vuoti. E che molti potevano aprire le
proprie porte ai rifugiati. «Quali risultati ci sono stati?», le ha chiesto la
giornalista portoghese. «Quattro solamente», ha spiegato il Papa. Forse deluso
da una risposta così avara.
Accanto a istituti religiosi che vivono
fino in fondo la propria missione di servizio agli ultimi, ve ne sono altri che
rischiano di smarrirsi, pensando principalmente a come fare cassa. Non è uno
stile che piace al Papa. Facciano come vogliono, ma almeno paghino le tasse.
C'è oggi una Chiesa che resiste, non tanto a Francesco, quanto al Vangelo di
Gesù, secondo cui il giorno del giudizio finale ognuno sarà giudicato non su
quanto è stato coerente, ma se ha dato da mangiare agli affamati, se ha accolto
gli ultimi. «E quando sono stato senza
rifugio, come rifugiato, mi avete
aiutato?», ha chiesto Francesco. «Se risponderete di sì, mi congratulo con voi,
supererete l'esame». Per il Papa, l'accoglienza non deve essere fatta chiedendo
la carta d'identità. Accogliere «è accogliere chiunque venga».
Eppure alcune diocesi così non sembrano
intenzionate a fare: accogliere sì, hanno risposto alcuni, ma non tutti, solo
chi già si conosce. Anche qui: non è nello stile di Bergoglio giudicare
nessuno. Ma, probabilmente, non è questa la risposta che si sarebbe aspettato.
Si avvicina il Sinodo dei vescovi sulla famiglia e Francesco mostra di sapere
dove vuole arrivare. Se è vero che, coerente con uno stile sinodale, non farà
strappi che lo stesso Sinodo non voglia, è altrettanto chiaro che la Chiesa che
sta plasmando non è un consesso di puri, un sinedrio identitario dove chi è
dentro decide chi è degno di farne parte, quanto una famiglia capace di
curvarsi sui peccatori.
I messaggi che egli ha lanciato sono
molteplici, a cominciare da quell'accelerazione dei processi di nullità
matrimoniale che con Sinodo e Giubileo hanno diretta attinenza: «È tutto
collegato», ha detto il Papa. Di fronte alla necessità di vivere in modo nuovo
la tensione sempre da ritessere fra dottrina e vita, esiste una Chiesa che di
riforme e rinnovamento non vuole sentir parlare. E quante volte, ad esempio la
Chiesa sudamericana vicina al popolo con la sua teologia della liberazione, è
stata accusata da alcune benpensanti gerarchie europee di connivenza col
marxismo. Eppure, ha detto il Papa, è meglio una Chiesa che esce e per strada
ha un incidente, «incidentata» perché «perlomeno è in uscita», piuttosto che
«malata». Anche ieri, come nelle congregazioni generali che hanno preceduto il
conclave del 2013, Bergoglio ha ricordato che a volte è la Chiesa a tenere
imprigionato Gesù. La maggior parte dei cardinali rimase colpita da queste
parole e scelse di eleggerlo. Ora lui sta cercando di fare ciò per cui è stato
eletto: liberare Gesù dalle briglie della Chiesa, anche se c'è chi resiste.
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