mercoledì 16 settembre 2015

Paolo Rodari: I messaggi del Papa alla gerarchia che resiste al cambiamento


da: la Repubblica

Quando Francesco parla, parte sempre dalla propria esperienza. Perché si è confrontato con più persone e da buon gesuita, ha fatto discernimento. Così, quando nell'intervista ad Aura Vistas Miguel chiede ai conventi divenuti alberghi di pagare le tasse, mostra di avere in mente situazioni precise.
Fu nel settembre del 2013 che andò in visita al Centro Astalli di Roma dove ogni giorno si accolgono rifugiati. Disse che alla Chiesa non servono conventi vuoti. E che molti potevano aprire le proprie porte ai rifugiati. «Quali risultati ci sono stati?», le ha chiesto la giornalista portoghese. «Quattro solamente», ha spiegato il Papa. Forse deluso da una risposta così avara.

Accanto a istituti religiosi che vivono fino in fondo la propria missione di servizio agli ultimi, ve ne sono altri che rischiano di smarrirsi, pensando principalmente a come fare cassa. Non è uno stile che piace al Papa. Facciano come vogliono, ma almeno paghino le tasse. C'è oggi una Chiesa che resiste, non tanto a Francesco, quanto al Vangelo di Gesù, secondo cui il giorno del giudizio finale ognuno sarà giudicato non su quanto è stato coerente, ma se ha dato da mangiare agli affamati, se ha accolto gli ultimi. «E quando sono stato senza
rifugio, come rifugiato, mi avete aiutato?», ha chiesto Francesco. «Se risponderete di sì, mi congratulo con voi, supererete l'esame». Per il Papa, l'accoglienza non deve essere fatta chiedendo la carta d'identità. Accogliere «è accogliere chiunque venga».

Eppure alcune diocesi così non sembrano intenzionate a fare: accogliere sì, hanno risposto alcuni, ma non tutti, solo chi già si conosce. Anche qui: non è nello stile di Bergoglio giudicare nessuno. Ma, probabilmente, non è questa la risposta che si sarebbe aspettato. Si avvicina il Sinodo dei vescovi sulla famiglia e Francesco mostra di sapere dove vuole arrivare. Se è vero che, coerente con uno stile sinodale, non farà strappi che lo stesso Sinodo non voglia, è altrettanto chiaro che la Chiesa che sta plasmando non è un consesso di puri, un sinedrio identitario dove chi è dentro decide chi è degno di farne parte, quanto una famiglia capace di curvarsi sui peccatori.

I messaggi che egli ha lanciato sono molteplici, a cominciare da quell'accelerazione dei processi di nullità matrimoniale che con Sinodo e Giubileo hanno diretta attinenza: «È tutto collegato», ha detto il Papa. Di fronte alla necessità di vivere in modo nuovo la tensione sempre da ritessere fra dottrina e vita, esiste una Chiesa che di riforme e rinnovamento non vuole sentir parlare. E quante volte, ad esempio la Chiesa sudamericana vicina al popolo con la sua teologia della liberazione, è stata accusata da alcune benpensanti gerarchie europee di connivenza col marxismo. Eppure, ha detto il Papa, è meglio una Chiesa che esce e per strada ha un incidente, «incidentata» perché «perlomeno è in uscita», piuttosto che «malata». Anche ieri, come nelle congregazioni generali che hanno preceduto il conclave del 2013, Bergoglio ha ricordato che a volte è la Chiesa a tenere imprigionato Gesù. La maggior parte dei cardinali rimase colpita da queste parole e scelse di eleggerlo. Ora lui sta cercando di fare ciò per cui è stato eletto: liberare Gesù dalle briglie della Chiesa, anche se c'è chi resiste.

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